Sebbene non si tratti di un libro lungo, è molto denso. L’autore stesso ci consiglia di leggerlo almeno due volte, una per assimilare i concetti base e una per metterli in pratica. Giacobbe ha studiato bene il buddhismo, e dunque parte dai precetti base, spiegandoceli in modo anche molto comico e irriverente, ma senza mai allontanarsi dal nocciolo: la sofferenza e il suo allontanamento.
Senza volerlo, il contenuto di questo libro si collega a quello del post precedente sulla forza di volontà, perché molto dipende dalla capacità di osservarsi.
L’uscire dalla mente, diventare l’osservatore del nostro stesso pensiero, attuale la Retta Concentrazione, non è di per sé difficile da realizzare: il difficile è RICORDARSI DI FARLO.
Interessante il parallelismo con la teologia cattolica, secondo la quale sarebbe proprio l’attivazione della coscienza a rendere possibile il libero arbitrio, che è l’elemento cardine della nostra umanità. Dopo tutto, gli animali non osservano il proprio pensiero, no? Ma ultimamente anche la psicologia e le neuroscienze si sono date allo studio dell’autosservazione: sembra che attivando le zone del cervello addette all’autosservazione, si tolga energia ad altre parti, ad esempio, quelle in cui sorge la rabbia o la tristezza.
E poi ricordiamoci sempre che mente e cervello sono un tutt’uno. Non puoi calmare la mente se non calmi anche il corpo/respiro.
Giacobbe anche qui ricorre alla suddivisione della psiche in bambino, adulto e genitore.
Semplice e profondo al tempo stesso: da leggere.