Intanto una premessa: non sono né un gastronomo né un gastronauta. E quindi di solito mi tengo moderatamente sulle mie. E mi limito a osservare. E a mangiare. Ma questa volta è diverso.
Ciò che mi ha fatto decidere di spendere due parole per questo ristornate, è stata la carta dei dolci: dalla quale brilla l’assenza dello Strudel. Per fortuna. Finalmente. E che in un ristorante che sta giusto in mezzo alla Libera Repubblica delle Mele trentine, si scelga deliberatamente di espungere dalla carta il più tipico dei dolci territoriali (e deterritorializzati) – che ormai in forma più o meno industriale ti viene proposto in ogni capitale del mondo -, mi ha fatto pensare che i due ragazzi della Locanda I Maremmanti al Ciaffagnone, Alberto e Renzo, abbiano del coraggio e dell’estro. Da vendere. E per questo scrivo.
Dunque, a Caldes che è un posto non propriamente comodo per chi non attraversa le valli di Sole e di Non, ci sono arrivato più o meno per caso. E’ lì che ho conosciuto Renzo e Alberto, la loro cucina e la loro ospitalità. Come, loro, siano arrivati fin lassù e abbiano deciso di aprire, proprio lì, un ristorante tipicamente toscano è un mistero che non ho indagato. Magari la prossima volta me lo faccio raccontare. Sta di fatto che a Caldes ci sono arrivati e hanno aperto, mi pare di aver capito da un paio d’anni, la Locanda I Maremmanti al Ciaffagnone.
Il posto, si diceva, è tipicamente toscano. Fortunatamente lontano dalle fascinazioni della cucina gourmet e dagli impiattamenti spericolatamente spettacolari. E anche questo è un punto a loro favore. E l’accento briosamente maremmano che aleggia fra la sala e la cucina ti fa sentire simpaticamente bene. Carne e cinghiale la fanno da padroni. Ma io, che sono un carnivoro a mesi alterni, l’altro giorno non mi ci sono avventurato. Chi stava con me, invece, ci si è dedicato minuziosamente e pare con soddisfatta soddisfazione. Con pari soddisfazione, al contrario, io mi sono buttato sui Pici, in due diverse versioni: Cacio e Pepe e all’Aglione. Intanto per chi toscano non è, forse è il caso di spiegare cosa siano i Pici: si tratta di una sorta di spaghetti piuttosto consistenti, e più larghi dei normali spaghetti, lavorati a mano con un impasto di acqua e farina e raramente, e comunque poco, uovo. Una di quelle tipologie di pasta che se fatte bene ti danno una gran bella soddisfazione in bocca. Insomma senti che stai mangiando qualcosa di buono. Aglione – sugo di pomodoro all’aglio – di una squisitezza e di un eleganza rari da incontrare. Giuro che l’aglio, pur presente in quantità, non disturba affatto. Anzi assume fragranze dolcemente avvolgenti. Cacio e Pepe, naturalmente senza pomodoro, da manuale per equilibrio e delicatezza. Tanto da farti venire la tentazione del secondo piatto.
E poi i vini. La lista prevede una scelta piuttosto ragionata di bottiglie toscane, dal bianco al rosso: etichette di ottimo livello, ottimo rapporto qualità prezzo, ma senza esagerare negli effetti speciali – e sarebbe facile farlo con i vini toscani – delle griffe ad usum guide, guidone e guidine. Scelta intelligente anche questa. Non manca, tuttavia un omaggio, altrettanto ragionato, al vino trentino. Di entrambi, vini toscani e vini trentini che ho bevuto (Chianti Classico Isole e Olena 2011 e Maso Martis Rosé), ho già scritto su questo blog nei giorni scorsi: Marilena – Pacificazione Rosa.
E allora, alla fine, come concludere: se passate da Caldes fermatevi. E se non ci passate: andateci apposta. Ché ne vale la pena. Altroché se ne vale la pena. E soprattutto non correrete il rischio di rovinarvi il portafogli. E almeno per una volta nella vita potrete fare felicemente a meno dello Strudel.
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