Che il gelato italiano faccia impazzire gli stranieri, è cosa risaputa. Ma come si apre una gelateria di successo all’estero? Lo abbiamo chiesto a Simone Acciai, 30enne fiorentino laureato in Governo e Direzione d’impresa, oggi a Los Angeles con la gelateria artigianale DolceNero Gelato.
Simone, cosa ti ha spinto ad andare a Los Angeles e poi a rimanerci facendo del gelato italiano il tuo mestiere?
«È stato un caso! Subito dopo essermi laureato volevo fare un corso d’inglese all’estero, ero indeciso tra Los Angeles e Sidney e alla fine ho scelto LA. Quando sono partito avevo intenzione di rimanere all’estero solo per 6 mesi, la durata del corso, e poi tornare in Italia, cercare lavoro eccetera. Ma mi sono innamorato di questa città immediatamente, appena atterrato. E non c’è un motivo in particolare, Los Angeles è talmente unica che o la odi o la ami. Chissà cosa sarebbe successo se avessi scelto Sidney…».
Quando sei partito per LA precisamente?
«Sono partito la prima volta per nel Giugno 2011, dopo i 6 mesi di corso di inglese ho deciso di rimanere più a lungo per cercare lavoro. A quei tempi non sapevo che è praticamente impossibile essere assunti legalmente se non hai una green card o se non sei americano. Il lavoro infatti non l’ho trovato e a Gennaio 2012 sono ritornato in Italia un po’ a malincuore ma convinto che con una laurea e un livello di inglese molto buono le aziende avrebbero fatto a gara per assumermi! Invece non è successo. Allora a giugno 2012 ho pensato che aprire una gelateria in California avrebbe potuto essere un buon business: non c’è tanta concorrenza e qui è sempre estate».
Avevi idea di come si fa il gelato e come si avvia un’attività?
«Non avevo idea di come aprire un business in America e non avevo idea di cosa fosse il gelato! Per farla breve sono tornato in California altre due volte, la prima volta ho aperto una società (solo su carta) e la seconda ho trovato 2 soci disposti a investire nel mio progetto. Questo per me è un altro grande traguardo: è quasi impossibile trovare due persone che ti diano soldi solo per un’idea!».
Come hai fatto a imparare il mestiere nel concreto?
«Come quando vuoi imparare a nuotare e ti buttano nell’acqua: o nuoti o affoghi! Fare il gelato in sé è abbastanza “semplice”: il gelato amplifica il sapore degli ingredienti quindi se usi ingredienti buoni il gelato viene buono, altrimenti no. Per questo compriamo il pistacchio dalla Sicilia e le nocciole dal Piemonte e usiamo solo frutta fresca per i sorbetti. La cosa straordinaria è che due anni fa non avevo idea di come fare il gelato e adesso ho il gelato più buono di Los Angeles, o almeno così dicono le recensioni su Yelp. Ad ogni modo, per diventare gelatiere sono dovuto prima diventare agente immobiliare, architetto, avvocato e muratore…».
In che senso? Quali sono gli step seguiti per trovare la location?
«Allora, location: mission impossible. Perché se vedi un cartello “affittasi” e chiami, nessuno ti risponde se non sei un agente immobiliare, ci ho messo mesi a scoprirlo. E se rispondono la prima cosa che ti chiedono è dove sono gli altri tuoi negozi, ed io non ne avevo ovviamente. Una buona location per una gelateria è dove c’è passeggio. A Los Angeles nessuno passeggia. Per questi motivi ci ho messo 9 mesi a trovare il negozio».
Con la burocrazia e i documenti è andata meglio?
«Burocrazia: Mission impossible 2. Perché il negozio è a Santa Monica, che fa parte di Los Angeles ma è un comune a sé come Beverly Hills. Santa Monica é bellissima, ricchissima, perfettissima e ci sono i baywatch che corrono a rallentatore sulla spiaggia. Ma essendo giovane e senza esperienza, ho dovuto praticamente abitare al comune di Santa Monica per mesi e insistere nei vari uffici di riferimento, dove ormai mi conoscono tutti come “The Gelato Guy”. Per questo dalla firma del contratto di affitto all’effettiva apertura sono passati 8 mesi. Ed ho dovuto pagare l’affitto per tutto quel tempo. Per quel che riguarda i documenti, se non sei americano tutto è incredibilmente più difficile e lungo. Se non hai il Social Security Number (l’equivalente del nostro codice fiscale), anche le cose più semplici come avere una scheda telefonica aziendale diventano un ostacolo».
Quanto tempo è passato dalla decisione di diventare gelatiere e il primo cono venduto?
«Due anni e mezzo, anche se non continuativi. Da quando sono tornato a LA l’ultima volta convinto di aprire a quando ho aperto sono passati 18 mesi».
Ti ricordi i gusti del primo cono che hai venduto?
«Certo. Il primo cono me lo sono venduto a me stesso. Sorbetto al cioccolato».
La tua laurea ti torna utile in qualche modo?
«Sì e no. Non sono servite a nulla tutte le conoscenze che ho acquisito (Analisi di bilancio, Diritto eccetera perché qui è tutto diverso). Diciamo che ho imparato a studiare e quando ho dovuto studiare il codice idraulico della California ci sono riuscito. Perché diavolo ho dovuto studiare il codice idraulico della California è tutta un’altra storia… Per questo come dicevo prima, devi essere architetto, avvocato e muratore prima di diventare gelatiere. Se potessi tornare indietro farei solo la triennale in Italia e la specialistica qui».
Oggi DolceNero Gelato è l’attività con cui vivi e ti mantieni?
«Si. Abbiamo aperto la nostra bottega di gelato italiano solo 8 mesi fa quindi ho deciso di darmi uno stipendio molto basso che mi permette di arrivare preciso alla fine del mese. Il bello è che qui le potenzialità sono infinite: apri due negozi e lo stipendio raddoppia. Il mio obiettivo è proseguire in questo senso».
Qual è la situazione degli italiani che in America (o almeno a Los Angeles) aprono attività di cibo tipico italiano?
«Non conosco molti italiani a LA, non ce ne sono tanti come a New York. Diciamo che chi ha aperto 40 anni fa il classico ristorante italiano, quello con la tovaglia a quadretti bianchi e rossi, se la passa bene. Oggi non potresti più fare una cosa del genere. Devi investire sulla innovazione italiana, non solo sulla tradizione. Devi investire sull’eccellenza, sul lato “Lamborghini” italiano, non sul “Jamme Jà!” ».
Pensi tornerai in Italia? Quali sono i tuoi prossimi progetti?
«Si! Spero di tornarci in vacanza il prima possibile! Sono più di due anni che non torno e mi manca da morire. Ma ci voglio tornare solo in vacanza, qui si sta meglio. Vorrei che in futuro la mia società sia in grado di andare avanti senza di me impegnato 12 ore al giorno, l’ideale sarebbe arrivare ad una situazione in cui possa vivere qualche mese in Italia e qualche mese qui. Lato azienda, vorrei aumentare il fatturato incrementando le vendite del negozio e le forniture ai ristoranti per accumulare abbastanza capitale per aprire il secondo shop. Dopo solo 8 mesi sta andando alla grande, l’utile aumenta ogni settimana. Lato personale, vorrei comprare una Mustang decappottabile ed una tavola da surf. E riuscire ad avere del tempo libero per usare entrambi».