Come ho smesso di fumare.

Da Ciraolo

Questo articolo è stato scritto da Paopasc in risposta a La ruota del cambiamento.

La cosa più difficile dello smettere di fumare non è il proposito ma resistere quelle tre o quattro settimane dopo aver attuato l’idea, e dopo i primi tempi in cui la baldanza del tuo intento agisce come euforizzante, in cui l’assenza di nicotina cerca di de-strutturarti.

In realtà, finchè ho fumato, non ho mai pensato di avere un problema, un po’ perché facevo sport e immaginavo che questo proteggesse dagli effetti del fumo (e forse operava anche la convinzione di essere personalmente immune ai pericoli: a me non succederà) e un po’ perché fumavo modicamente (cioè 10-12 sigarette al giorno).

Questo fino a quando non si è manifestato qualche sintomo, cose lievi senza grande importanza. Dopo questa serie di sintomi è capitato un fatto. L’unione di questi due eventi ha promosso il proposito. Da questo proposito è seguita l’attuazione e, come detto, cosa più difficile di tutte, il mantenimento, con piccola ricaduta e definitiva riuscita.

I lievi sintomi erano un aumento delle pulsazioni a riposo. In campo medico si chiama tachicardia, e può essere sia un sintomo aspecifico di stati febbrili, shock, emozioni intense, abuso di caffeina, sforzi eccessivi, intossicazioni voluttuarie (tra cui il fumo), riflessi gastro-cardiaci, sia un sintomo di patologie più gravi come fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ischemia del miocardio e così via.

Ora, molto probabilmente questo lieve aumento dei battiti cardiaci non era da ascrivere interamente al fumo e forse nemmeno parzialmente, bensì a uno stato di sovrallenamento, condizione cui è facile che cada il praticante sport di potenza giovane e baldanzoso. Insomma una banale conseguenza di quello che in gergo si chiama sovrallenamento (overtraining) e che ha tra i suoi sintomi appunto una leggera tachicardia.

Il secondo evento è stato una malattia da raffreddamento, occasione quasi sempre da me associata all’interruzione del fumo, perché in quelle circostanze ti accorgi di come il fumo abbia un sapore schifoso e ti viene da chiederti: ma chi me lo fa fare di mettermi in bocca questo schifo di sapore? È la nicotina, come vedremo.

Allora, ricapitolando, contemplazione (tachicardia), occasione (malattia raffreddamento), decisione: smetto di fumare.

Attuazione: durante il periodo di malattia è facile, non senti il bisogno di fumare, hai altri problemi. Quando ti ristabilisci ricominci a fumare: anche in quel caso il fumo fa schifo, e lo sapevo da esperienze precedenti. Solo che quella volta alla guarigione decido di non ricominciare. Comincia a farsi sentire il desiderio di fumo. I primi giorni resisti decentemente, alimentato dal proposito. È un bene, perché più tempo passi senza fumare più il ricominciare sarà sgradevole.

La nicotina.

La nicotina è una delle tre sostanze psicoattive (insieme a caffeina e alcol) più usate. È un alcaloide vegetale (cioè una sostanza azotata con caratteristiche basiche, come caffeina, teofillina, teobromina, morfina, tropina, stricnina e così via) con elevata capacità di assorbimento nei tessuti organici, come polmone, mucosa orale, cute, tratto gastrointestinale [1]. Si distribuisce in tutto l’organismo e passa sia la barriera emato-encefalica che quella placentare, ritrovandosi in tutti i liquidi compreso il latte materno. L’emivita è di circa due ore. Ha effetti sia a livello centrale che periferico, mediato dai recettori acetilcolinici nicotinici.

È un agonista specifico dei recettori dell’aceticolina, definiti appunto nicotinici, e agisce sul sistema nervoso centrale aumentando sia l’attività psicomotoria che quella sensomotoria, ha un’azione positiva sulla memoria e sulla funzione cognitiva inoltre aumenta anche la frequenza cardiaca, stimola l’ormone antidiuretico (ADH), agisce riducendo l’attività delle fibre muscolari afferenti causando una riduzione del tono muscolare e ha anche un effetto sulla riduzione dell’appetito, sull’aumento contrattilità cardiaca e su quello della pressione
sanguigna.

L’attività di rinforzo della nicotina è probabilmente mediata dai neuroni dopaminergici del mesencefalo [2]. Soprattutto i recettori acetilcolinici della substantia nigra e dell’area tegmentale mediale, sede di importanti neuroni dopaminergici. Inoltre, le proiezioni dell’area tegmentale mediale al nucleo accumbens rappresentano il fattore di rinforzo del piacere legato alla liberazione di dopamina [3].

La nicotina è dunque in grado di indurre una dipendenza sia fisiologica che psicologica legata appunto ai meccanismi di induzione del piacere, e gli effetti dell’astensione dal fumo comprendono: desiderio di nicotina, ansia, irritabilità, irrequietezza, riduzione della concentrazione, insonnia e aumento dell’appetito.

E sono appunto tutti gli effetti che ho sperimentato personalmente, insieme a quello più potente di tutti: una sensazione pressante di urgenza, un desiderio di compiere qualcosa di incompiuto, che era lì a portata di mano, così semplice e facile da raggiungere. Quello che si prova è una riduzione del senso del sé, appunto un considerarsi incompiuti, è come se mancasse l’aria: la nicotina induce una nuova normalità all’interno del cervello legata alla sua concentrazione e al suo ruolo di attivatore dei neuroni dopaminergici coinvolti nel circuito del piacere. L’assenza della normalità è interpretato a livello fisiologico come una inefficienza recettoriale, al quale l’organismo rimedia aumentando i recettori o attivando il sistema anti-stress legato a adrenalina e noradrenalina. Infatti si è dimostrato che la clonidina (agonista selettivo dei recettori alfa2 adrenergici) è in grado, attraverso la riduzione della produzione catecolaminica, di diminuire sia l’ansia che la depressione in chi smette di fumare [4].

La storia giunge al suo epilogo. Dopo una breve ripresa (due o tre sigarette al giorno) fortunatamente associata alla reale esperienza del fumo, che è perfettamente sgradevole (nausea, tosse, bruciore) ho smesso definitivamente. È ritornata la normalità di chi non fuma e sono spariti i sintomi dell’astinenza.

Paopasc – Questione della decisione.

[1] M.E. Jarvik, N.G. Schneider, Nicotine. In J.H. Lowinson, P. Ruiz, R.B. Millman, J.G. Langrod, (a cura di): Substance Abuse: a comprehensive textbook, 2nd ed. (Baltimore 1992) p. 339-340. In R.M. Julien, Droghe e Farmaci Psicoattivi, Zanichelli 1997.

[2] E.D. Levin, Nicotine systems and cognitive functions, Psychopharmacology 108, 1992, p. 417-431.

[3] J.H. Lowinson et al. Op. cit.

[4] P.K. Gessner, Substance abuse teatment. In C.M. Smith, A.M. Reynard, (a cura di) Textbook of Pharmacology, (Philadelphia 1992).

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