Nel 1937, George Orwell prese parte alla guerra civile spagnola, combattendo sul fronte aragonese nelle file del P.O.U.M. (Partido Obrero de Unificación Marxista), poi messo fuorilegge con l’appoggio degli stessi ex alleati del PCE e del Fronte Popolare. Le memorie di quell’esperienza sono narrate nel suo libro “Omaggio alla Catalogna”, in cui Orwell rivela senza troppi sofismi il ruolo svolto dai comunisti spagnoli nell’impedire che la guerra si mutasse in un afflato rivoluzionario e nel mettere fuori gioco i propri stessi “alleati” che sulla rivoluzione contavano per vincere la partita. Ne viene fuori il quadro squallido ed impietoso di una dirigenza “comunista”, alleata dell’URSS, che mentre si riempiva la bocca di “potere operaio” e di “lotta al capitalismo”, lavorava con subdola strategia affinché il capitalismo in Spagna si affermasse senza ostacoli e la rivoluzione fosse neutralizzata e resa impraticabile. Se può essere di consolazione, pare dunque che il tradimento dei propri seguaci e la svendita della propria nazione a tutto vantaggio di interessi stranieri sia un’epidemia che nei partiti comunisti europei ha radici lontane e che non si tratti di un’infezione esclusiva del nostro paese (anche se è in Italia e in Grecia che si registrano attualmente i focolai più mortiferi e puzzolenti del morbo). Nel brano che segue, Orwell parla anche della figura ripugnante e miserabile – che i lettori di questo blog ben conoscono – del giornalista di guerra, untore di falsificazioni, menzogne e rivoltanti stupidaggini, con le quali gli sguatteri (perché è questo che i giornalisti sono e sempre sono stati) si guadagnano lil guiderdone, eseguendo gli ordini del padrone a cui si sono venduti. Orwell, in realtà, era un uomo fortunato. Veniva da un’Inghilterra in cui gli scribacchini di regime si vendevano senza ritegno a questo o quel partito, ma restando pur sempre all’interno di un mercato delle vacche che aveva per fulcro interessi nazionali. Chissà cosa avrebbe detto degli Ezio Mauro, dei Belpietro, degli Scalfari, dei Floris, dei Panebianco, dei Travaglio, che si offrono sul marciapiede non alle attenzioni degli interessi politici nazionali, ma a quelli di potentati stranieri, ai quali non esitano ad offrire un contributo per svendere la sovranità del proprio stesso paese. Forse non avrebbe creduto ai propri occhi. Aveva capito che i maiali possono facilmente imparare a camminare, ma probabilmente non immaginava di vederli addirittura piroettare come odalische nella danza dei sette veli.
(GF)
Tratto da “Homage to Catalonia” di George Orwell, cap. 5
traduzione di Gianluca Freda