9 giugno 2015 Lascia un commento
Il genitore e’ un celebre scrittore in visita ai figli, l’altro uomo un medico e in breve scopriremo come il ragazzo abbia desideri complicati ma normali alla sua eta’ e la donna un passato recente in clinica psichiatrica. Lentamente le ombre si addensano sul gruppo, anche lo scrittore cela un dramma nel cuore, fino all’epilogo drammatico eppure illuminato e illuminante.
Premio Oscar 1961 e una miriade di altri premi.
Domina la spiritualita’ religiosa, cosi’ come la forma minima concentra sui personaggi una tragedia ancora una volta piu’ teatrale che cinematografica e come sempre, la figura del padre segna il passo alla vicenda, figura che non a caso s’innesta perfettamente nella logica della trama.
Bergman affronta una questione antica quanto la psicanalisi, attribuire cio’ che nei secoli furono le visioni mistiche di santi e beati, a pure disfunzioni neurologiche. Il tutto s’interseca ad una complessa relazione tra i personaggi con al centro la figura di lei, santa o pazza che sia.
La risposta resta sospesa ma la certezza, unica, sola e grande e’ nell’amore e in Dio, anzi nell’equazione che lega Dio e amore. Percio’ la messinscena vive di chiaroscuri espressionisti, intensi, profondi all’occorrenza minacciosi o illuminanti, in ogni senso.
Meravigliosi tutti gli interpreti, iniziando da Max von Sydow, un gigante, un grande tra i grandi, protagonista di tante pellicole girate assieme a Bergman e col quale ha scritto pagine altissime della storia del cinema.
Non di meno lei, Harriet Andersson bellissima e bravissima come tutte le attrici di Bergman e come tutte le attrici di Bergman, sue ex fiamma. Nessuna relazione con la piu’ celebre Bibi, tolto il cognome e l’intimita’ col regista.
Gunnar Bjornstrand, il padre, e’ un altro degli attori abituati a lavorare con Bergman e ancora una volta la squadra funziona.
Sublime e intenso, un vero inno alla forza dell’amore, divino o umano che sia.