Quando sono arrivata a Londra, cinque anni fa, ho alloggiato per le prime tre o quattro notti in un ostello pieno di pulci. L’ho saputo qualche tempo dopo, quando qualcuno mi disse che era stato chiuso per un pò per disinfestarlo. In quei giorni però io non accusai particolari fastidi, se non quello di dover condividere la camera con altre cinque persone, una la conoscevo: il mio migliore amico. Il resto arrivava un pò da tutto il mondo.
La stanza aveva un’enorme finestra che non si apriva, come spesso accade a Londra. Questa enorme finestra affacciava su un altrettanto enorme cimitero. Di quelli all’inglese: lapidi accatastate alla rinfusa su un terreno sconnesso e corvi che balzellano sinistramente dall’una all’altra.
L’ostello era proprio di fronte alla stazione di Kensal Green. Da lì ho mosso i primi passi nella città e nella mia vita da adulta. Allora non sapevo che oggi, esattamente cinque anni dopo, mi sarei ritrovata alla stessa fermata della metropolitana a decidere della mia vita, di nuovo.
Non so dire cosa sia cambiato e come io sia cambiata in questi cinque anni.
Ora un lavoro ce l’ho. Allora ne sognavo uno e non sapevo che mi sarei ritrovata a farne un altro, che non era quello dei sogni. Non immaginavo che sarei stata in grado di vivere qui così a lungo. Ero venuta per trascorrere un paio di mesi in Inghilterra con la stupida convinzione/scusa di imparare l’inglese…in due mesi. Due. Tre al massimo! A Londra, che tutto sembra, tranne che Inghilterra!
A Natale, se anche fosse cascato il mondo, dovevo essere a Roma. E a Natale a Roma ci sono effettivamente tornata. Ho trascorso le feste con i miei e con il mio amore di allora. E poi ho comunicato a tutti che mi sarei trattenuta a Londra per qualche altro mese.
Ora l’inglese lo so. Certo non mi ritengo ancora pienamente soddisfatta del mio livello, ma posso, senza timore alcuno, ammettere di parlarlo fluentemente. Due mesi (il tempo mi ha dato ragione!) non sarebbero bastati.
Cosa sia cambiato in questi anni davvero non saprei dire. Avevo un amore grande a quei tempi. Un amore grande che stava purtroppo diventando sempre più piccolo. Ora ho un amore che da piccolo, in qualche modo, è diventato grande.
E io. Io sono esattamente quella di allora. Sono cresciuta sì. Ho imparato a cavarmela da sola. Ho imparato la solitudine e la nostalgia. Mi sono ubriacata per non pensare (pur mantenendo sempre una dignità, contrariamente alle signorine inglesi che quando bevono la dignità se la vomitano addosso insieme a qualche rimasuglio di cibo, quando si ricordano di mangiare qualcosa prima di bere!). Mi sono svegliata un pò e mi sono sbarazzata di qualche stupida inibizione. Mi sono divertita. Mi sono persa e ritrovata. E persa ancora. E di nuovo ritrovata. Sempre diversa e sempre uguale. Stesse fantasie. Stesse idee. Stessi sogni. Stesse paure.
Esattamente uguale ad allora. Come questa fermata. Il cimitero a pochi passi dall’entrata della metropolitana mi fa lo stesso effetto, sia con il sole della foto di allora (per la quale ringrazio Paolo) sia con la pioggia di stasera. Anche Kensal Green non è cambiata affatto. La vernice rossa, le scale di legno, il piccolo sportello dove acquistai la mia prima Oyster Card, la tessera elettronica che si usa per prendere i mezzi pubblici.
Cinque anni fa muovevo il passo più grande che avessi mai fatto fino ad allora percorrendo una strada che mi portava lontana da casa. Ora sto pensando di ripercorrere quella stessa strada. Al contrario.
Cosa significhi tutto questo non lo so. Cosa mi aspetti, nemmeno. Non so neanche bene a cosa siano serviti questi cinque anni. Forse ad imparare che la vita va così. Che si gira e si rigira, si parte e si ritorna. Si riparte e si rientra. Si sogna, si piange e ci si allontana di nuovo.
E poi si torna lì. Al punto di partenza.