Wes, mi sta bene, ho detto. Mi sono portata la sua mano alla guancia.
In inglese:
Wes, it’s all right, I said. I brought his hand to my cheek.
Sì, forse è banale, sciocco soffermarsi su certe frasi. Però ci sono dei gesti piccoli, che rendono il racconto particolarmente efficace. Quella mano di Wes sulla guancia di Edna è uno di quelli. Bisogna fare però molta attenzione, poiché non si possono certo distribuire smancerie a destra e a manca. Ogni gesto o parola deve essere passata al setaccio, deve essere rivista, riletta un numero quasi infinito di volte. E poi occorre aver letto tanto. E aver osservato e vissuto molto. E infine avere del talento. Solo allora una frase del genere potrà sortire qualche effetto.
Wes, mi sta bene, ho detto. Mi sono portata la sua mano alla guancia.
Se ricordiamo quello che abbiamo letto la scorsa settimana, Wes in un certo senso “rivendicava” il suo: “sono quello che sono”. Edna lo comprende, e riprende a parlare. E lo fa innanzitutto chiamando il suo uomo per nome. È bene notare come non sia forzato; uno degli errori degli esordienti, mai abbastanza stigmatizzato, è di usare il dialogo per fornire al lettore informazioni importanti. Come il nome di uno dei protagonisti. Si pensa di ricorrere a un sistema geniale, in realtà è tipico dei dilettanti che non si sforzano nemmeno di imparare dai migliori.
In questo caso, non si tratta affatto di dichiarare le generalità di qualcuno. Bensì di affermare. Nel nome, nel pronunciare “Wes”, Edna riconosce e accetta in toto il suo uomo, esattamente come è lì, in quel momento. Vale a dire il risultato di errori, sbagli, ubriacature e liti. Che hanno avuto delle ripercussioni su quell’uomo, e pertanto non è proprio possibile far finta di niente.
Forse sino a qualche istante prima era dubbiosa, preferiva crederlo differente. Non stavano ricominciando a vivere assieme, dopo la separazione? Perché non immaginare che tutto quello che è accaduto, di brutto, non sia mai successo? Poter tirare una linea sul passato, meglio ancora: volatilizzarlo.
Ma non è possibile.
Quando perciò Edna chiama per nome suo marito, non è certo per dirci come si chiami (da un pezzo ne siamo a conoscenza, vero?), bensì per dichiarare che accoglie Wes per quello che è, e basta. E al diavolo il resto, tanto non è possibile farci nulla.
Alla prossima.