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Come nasce una foto #2: L’isola del Tino dall’elicottero

Da Ragdoll @FotoComeFare

Isola del Tino, Mar Ligure, di fronte a Porto Venere.

Come nasce una foto #2: L’isola del Tino dall’elicottero

Di ritorno da un volo con un elicottero della Guardia Costiera. L’uscita è programmata in una serie di voli per documentare le coste di Liguria e Toscana per una pubblicazione del Ministero dell’ Ambiente. Condizioni meteo non ottimali: all’altezza di Porto Venere, l’elicottero entra in una corrente discensionale e il salto in basso mi stacca dal pianale sul quale sono seduto con il portellone aperto ed i piedi nel vuoto. Ovviamente si lavora assicurati all’interno da una cintura ma la sensazione non è per nulla piacevole. A Genova, il pilota decide il rientro per il vento forte, si balla troppo, bisogna chiudere tutto in fretta ed assumere un assetto più sicuro.

E quindi l’immagine è presa attraverso il finestrino, la luce molto morbida ha permesso l’assenza di riflessi, un po’ di Photoshop ha fatto il resto. Esposizione “avara” (sottoesposta nota di Alberto), come si usava con la diapositiva, per non bruciare le nuvole (e tenere un tempo di posa abbastanza veloce, siamo al limite per il meteo piuttosto “nero”, 1/320s diaframma f/5.6, quando la sicurezza contro velocità e vibrazioni del mezzo chiederebbe almeno 1/500).

La rotta di sicurezza per il rientro passa al largo della costa e così, in vista del Tino, chiedo al pilota di lasciare l’isola sulla destra. La immagino stagliata contro i nuvoloni all’orizzonte; al contrario, inquadrando verso terra, lo sfondo sarebbe quello della costa con le Alpi Apuane dietro, innevate. Ma non otterrei questa sensazione di “solitudine” che avevo previsto. Sono nato al mare ma amo i monti, mi attirano il silenzio e “l’intimità” che regala la montagna. Così, salto l’estate e mi avvicino al mare quando si spopola: e se sto fotografando mi accorgo di cercare sempre il vuoto, grandi spazi, orizzonti aperti e, spessissimo, nuvole e vento.

L’immagine rende bene la “previsualizzazione” avuta .

La difficoltà di questo tipo di immagini è la velocità di esecuzione richiesta: sui mezzi militari spesso si è ospiti in voli non strettamente fotografici, le esigenze non sono sempre compatibili con quelle del fotografo e i costi elevatissimi (sull’ AB 412 in questione credo 3500 orari solo di carburante!)…il pilota non può essere troppo sensibile a richieste “artistiche”. Se avessi potuto eseguire un giro sull’isola sicuramente avrei scattato anche con la costa sullo sfondo, ma soltanto per avere un immagine in più in archivio, utilizzabile per altri scopi, la “mia “ inquadratura era scelta in partenza.

Dimestichezza con i propri strumenti e anni di esercizio dello sguardo ti rendono pronto in qualsiasi situazione. Nella fotografia aerea è indispensabile.

Questa immagine è un ottimo esempio della “falsa verità” della fotografia, l’impressione di un isola spersa nel mare è molto bugiarda: in realtà a destra, un centimetro fuori inquadratura, ci sarebbe la punta della Palmaria, la prima delle tre isole che compongono l’Arcipelago del Parco Naturale di Portovenere; un po’ più a sinistra c’è un altro scoglio, il Tinetto, che ospita i resti di un eremo alto-medievale.

Il tagliare via tutto il possibile “spinge”  a pensare il mare che continua oltre i limiti della cornice (la stessa cosa è ben descritta da uno dei più grandi fotografi italiani, Gianni Berengo Gardin, parlando di una delle sue foto più famose: la percezione di assoluta solitudine del luogo è data totalmente dalla scelta del fotografo che taglia fuori dall’inquadratura le molte auto che occupano il parcheggio!).

Come in ogni immagine riuscita il trucco è proprio quello di togliere il più possibile del non-essenziale, pulire la composizione di ogni elemento non indispensabile: una volta deciso il tuo soggetto, ciò che realmente vuoi raccontare, la miglior decisione possibile è quella di cancellare tutto il resto, non c’è nulla di più potente per rendere efficace la tua fotografia.


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