Ci sono un sacco di modi diversi per non entrare in Turkmenistan ed il primo tra tutti è starne il più lontano possibile. In fondo, perché mai qualcuno vorrebbe avvicinarsi ad una terra di solo deserto in cui l’unica attrazione è un cratere nel suolo che brucia da anni? Certo, non andare in Turkmenistan non è l’unico tra i modi per non entrare in Turkmenistan, per questo una breve guida in merito potrebbe rivelarsi necessaria.
Un approccio attivo al vostro non ingresso in Turkmenistan prevede che inizialmente sappiate dove si trovi e perché esista questo paese. Il Turkmenistan si trova da un lato affacciato sul mar Caspio, e dagli altri confinante con paesi come Uzbekistan, Kazakhistan, Iran e Afghanistan. Nato come frammento dell’ex Unione Sovietica deve la sua esistenza al dittatore Sua Eccellenza Saparmurat Niyazov Turkmenbashy il Grande, Padre di Tutti i Turkmeni, Presidente del Turkmenistan e Capo del Gabinetto dei Ministri, ossia un uomo che oltre ad autoproclamarsi con un titolo di ben ventuno parole ha anche cambiato la parola “pane” con il nome di sua madre, ha scritto un libro, il Ruhnama, che è diventato la Bibbia da seguire nel paese e ha cambiato il nome dei mesi dell’anno con parole di suo piacimento. Ah, ha anche tappezzato la capitale di statue d’oro raffiguranti sé stesso.
Dopo questa infarinatura generale sull’essenza del Turkmenistan, per capire come non entrare in Turkmenistan bisogna sapere come entrarci, in Turkmenistan. Da turista le cose sono relativamente semplici: basta pagare. Essendo questo stato conosciuto anche come la Corea del Nord dell’Asia centrale, l’accesso di stranieri con le loro orecchie lunghe non è così ben visto, ma viene chiuso un occhio quando questi sborsano cifre imbarazzanti per vedere ben poco. Un tour guidato in Turkmenistan costa 250 dollari al giorno e questo è l’unico modo per ottenere un visto turistico, facendo domanda attraverso un’agenzia registrata. Questo è un peccato, non perché esista qualcuno che voglia veramente visitare il Turkmenistan, ma piuttosto perché la sua posizione è al centro di un itinerario che in molti vorrebbero percorrere senza volare.
Per fortuna c’è una seconda soluzione: in alternativa al visto turistico esiste un visto di transito, che permette di entrare ed uscire dal paese in pochissimi giorni, tre o cinque a seconda dell’umore del console, seguendo un itinerario prefissato in date prefissate. Ottenere questo visto è relativamente semplice ed economico se dotati di pazienza e di tutti i documenti richiesti, basterà presentarsi dopo aver preso un appuntamento all’ambasciata, con passaporto, fotografie, descrizione dell’itinerario e così via, e in qualche settimana il visto dovrebbe arrivare. In questo modo potrebbe accadere che finiate per entrare davvero in Turkmenistan, che non è il nostro obiettivo. Per non entrare in Turkmenistan potete fare come ho fatto io:
Ero entrato tardi in Uzbekistan e mi rimanevano solamente dieci giorni di visto. Dovevo attraversare il Turkmenistan per accedere all’Iran, dal quale sarei riuscito a concludere il mio viaggio fino all’Italia senza volare. Arrivato a Tashkent, la capitale uzbeka, sono corso in ambasciata nell’ultimo giorno utile per fare domanda per il visto, sapendo che sette giorni sono necessari per ottenerlo. Era un Venerdì. Dopo quattro ore di fila, scopro che all’ambasciata non c’è elettricità. Era stato annunciato in quattro lingue – russo, uzbeko, turkmeno e tagico -, ma io non avevo capito. Il console mi dice torna Lunedì, non ti preoccupare. Mi preoccupo un po’. Torno Lunedì e il console mi dice che è tardi, non c’è più tempo, perché anche se il visto arrivasse in cinque giorni, servono comunque due giorni di viaggio per arrivare al confine. C’è una soluzione: fare domanda a Tashkent e ritirare il visto al confine, risparmiando così qualche giorno. Ma si può fare? gli chiedo. Si può fare, mi dice. Su internet nessuna traccia di qualcuno che l’abbia fatto. Boh, si prova.
Percorsi i 700 chilometri fino al confine, dopo Bukhara, mi presento alla dogana con le dita incrociate, nel primo giorno in cui il mio visto doveva partire. Nyet, mi dicono, il tuo nome qui non c’è. Quindi percorro 100 chilometri alla città più vicina per telefonare al consolato e vedere se posso essere aiutato. Prova domani, mi dice, dovrebbe arrivare. Provo domani. Nyet, mi dicono. Magari nel pomeriggio. Aspetto otto ore nel deserto. Nyet, mi dicono. Torno in città, richiamo il console. Eh, sai il mio paese è un po’ così, mi dice. Prova domani, ma vai di pomeriggio che la mattina è inutile. C’è un problema: è il mio penultimo giorno di visto in Uzbekistan, se non riesco ad uscire mi arrestano. Se passo il confine bene, altrimenti il più vicino aeroporto internazionale è a 700 chilometri di distanza, nella capitale. Rischio, vado alla dogana comunque, fiducioso che al terzo giorno il mio visto sia arrivato. Nyet, mi dicono. Poi guardano il mio passaporto. Domani ti scade il visto, mi dicono. Tashkent è a 700 chilometri, mi dicono. Stasera è troppo tardi per tornare, mi dicono. Se non esci ti arrestiamo, mi dicono, ma come fai ad uscire? Bella domanda.
Vedendo il mio vicolo cieco vorrebbero trattenermi, ma invento di avere già un biglietto aereo per il giorno successivo. Come se uno che sa di andare in una direzione compri un biglietto per andare in quella opposta. Mi credono. Forse è l’inglese, gli sembro convinto, ma mica hanno capito. Quindi torno per strada di corsa e c’è un uomo in macchina, gli do 20 dollari e mi faccio portare in città. Lui percorre 3 chilometri e chiama suo cugino che ci raggiunge con una macchina piena gente. L’amico mi dice vai con mio cugino che mica ti posso portare io con la macchina vuota. Eh ma se volevo aspettare una macchina piena mica ti davo 20 dollari, gli dico, ma ormai li ha in tasca e non se ne esce. Devo andare. Raggiungo la città e mi faccio portare alla stazione dei treni, sperando in un treno notturno. L’ultimo treno parte tra 20 minuti. È un miracolo, voglio piangere. Forse manterrò la mia fedina penale pulita. In quei 20 minuti corro in un internet point e compro un biglietto aereo per l’Iran per la mattina seguente.
Arrivo a Tashkent, vado in aeroporto. Al check-in mi chiedono, ma il visto per l’Azerbaijan ce l’hai? Panico. Lo scalo in Azerbaijan. Va bene, vai, ma non uscire dall’aeroporto, mi dicono. È fatta. Sono riuscito a non entrare illeso in Turkmenistan. Se avessi superato quel confine ci avrei messo sei ore di macchina a raggiungere l’Iran. Invece ne ho impiegate venticinque di macchine, treni, aerei. Ma ci sono riuscito, non sono entrato in Turkmenistan, neanche per un secondo.