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Come potrebbe essere gestito il problema delle “personalitá patologiche” nel mondo del lavoro?

Da Psiconauta

workQuesta mia riflessione, vorrei fosse chiaro, rappresenta una articolata domanda ad un problema tanto grande quanto sempre silenziosamente ed inadeguatamente affrontato: in che modo le persone, lasciatemi semplificare, con un “brutto carattere” o con tratti di personalitá incompatibili con compiti lavorativi possono essere gestite nel mondo del lavoro? Sono sicuro che molti di voi hanno sperimentato almeno una volta nella loro vita l’alto livello di malessere che alcuni individui possono generare intorno a loro in un contesto lavorativo quando mostrano tratti di carattere disfunzionali. Non intendo ovviamente persone autenticamente ed esplicitamente malate sul piano psichico, intendo quel tipo di persone che sono in grado di stravolgere le relazioni tra colleghi complicando lo svolgimento di una serena attività lavorativa poiché mostrano caratteristiche patologiche “di confine” come rabbia, invidia, manipolatorietà, instabilità relazionale, egocentrismo, aggressività, oscillazioni dell’umore, incostanza, inaffidabilità, seduzione, erotizzazione e chi più ne ha più ne metta. Su questo genere di persone hanno scritto romanzi e girato film. Alle volte queste stesse complicate persone si definiscono “caratteri forti”, “personalità impegnative”, “persone troppo sincere”, “persone scomode perché dicono sempre quello che pensano”, etc etc. I colleghi spesso le definiscono “cattive”, “isteriche” o ”matte”. Probabilmente in questi ultimi mesi o anni qualcuno di voi ci ha faticosamente convissuto giorno dopo giorno. Possono essere nostri colleghi, sottoposti o capi, poco importa la posizione gerarchica sul lavoro dato che nessuno capirà la sofferenza e l’angoscia che queste persone ci provocano ogni giorno almeno che non si abbia una conoscenza diretta della situazione che è sempre subdola e spesso poco visibile, mimetizzata. Essendo, credo, innegabile che il problema sia ben concreto e frequente ma molto “scomodo” nelle sue dimensioni teoriche ed istituzionali, ci si può accontentare di una risposta in qualche maniera collegata al vecchio adagio che recita “chi ha più buon senso lo usi”? Oppure semplicemente avere pazienza? Può essere percorribile la strada di valutare, in sede di assunzione i tratti di personalità di una persona? Si può essere licenziati poiché si esprimono tratti di carattere incompatibili con il lavoro? Chi può giudicare inequivocabilmente la personalità di un individuo? Per questo genere di problema non credo abbiano neppure ancora coniato un termine specifico che lo definisca.

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