Magazine Diario personale
Settembre, aspettando. Septembre, en attendant.Settembre, le attese, le stanchezze, le pile da ricaricare. Provare a ricordarsi come si fa, provare a non annoiarsi, che non sarebbe giusto, che non sarebbe onesto nei confronti dei collassi, dei massacri, dei chilometri percorsi invece di dormire, delle nostre lingue che non si toccano mai, della sabbia tra i capelli di quando crollavamo mentre faceva buio. Avrei dovuto scrivere sui muri, quelle cose che ho dimenticato. Quelle cose di un luglio e di un agosto che sono scivolati lasciando qualche ammaccatura. Come quando abbiamo litigato con tutti, come quando siamo quasi scivolati per le scale di un castello medievale per i troppi cocahavana. Come quando ci sedevamo sulle panchine a guardare la laguna e le stelle riflesse e i nostri progetti di una vita migliore, per limitare gli attacchi di cuore che sarebbe già un'ottima cosa. Come quando fuori piove ma qui non piove mai.Lo sai mi mancano i treni, mi mancano tutte quelle sovrastrutture che un po' santificavano quello che ero, il piccolo martirio del privilegiato, la grande incognita dello spiantato. Non so se sarà tutto così incantevole come l'inverno scorso, non so se sbattere i denti in un autogrill in mezzo al niente alle quattro di notte o alle quattro di mattina poco importa sarà altrettanto poetico, che inevitabilmente si cresce e forse sui muri avrei dovuto scrivere le cose da non ripetere. O ricordarmi qualche maglia in più. Ma questi sono i miei personalissimi anni zero, cominciati un po' più tardi. Che finiranno impacchettati con i libri universitari, e saranno (presto) un po' di me che se ne va.E i ritorni sono sempre un po' zoppicanti, con le parole o con le bacchette sostanzialmente è uguale. Ci vuole tempo, anche quando non c'è. Ci vuole estrema dedizione, anche quando non si è mai stati dei campioni in materia. Ma abbiamo sempre dato tutto, quello non serve scriverlo sui muri che settembre o gennaio o aprile non fa differenza. E se mai non abbiamo dato tutto, era palese, chiaro, semplice come un quattro quarti.Non è assolutamente una questione di arrangiamenti.