Segui il tuo cuore.
La mia situazione è un po’ delicata: non sto al 100% bene con la salute e il posto di lavoro come insegnante qui in Germania (nata e cresciuta qui – cosa che mi soffoca perchè, malgrado la mia vita, qui mi sento alienata) non solo è ben pagato, ma anche sicuro a vita, essendo un posto statale. In più, mi sento in colpa perchè il preside della mia scuola ha lottato per darmi un contratto, anche se in realtà una delle mie materie (italiano) è richiesta pochissimo. Insegno italiano, spagnolo e storia alle medie, alle superiori e ai ragazzi che frequentono la scuola professionale (tutte le direzioni di studio fanno parte di una scuola), e mi piace molto. Ma quando mi guardo intorno, al solo pensiero di stare tutta la mia vita in quei muri e con quelle persone (i colleghi sono carini…ahimè…ma non basta) mi viene l’ansia, se penso di andare lontano dalla mia famiglia mi viene paura e il senso di colpa. Ho paura di andarmene e fallire e che poi tutto sarà peggio di ora, soprattutto con le mie materie poco ricercate. Qualcuno direbbe che sono problemi di “lusso”… oggi che ci focalizziamo sul posto di lavoro, come se gli altri problemi (il posto che non piace, i tipi di persone che mancano, etc) non fossero da meno. La cosa brutta è che riesco a parlarne con poche persone. Ho pochi amici e quelli che ho sono lontani. E il tema viene affrontato in superficie. Anche i miei genitori non riescono a comprendere i miei tormenti. Escono con frasi tipo: deciditi e vattene se lo vuoi! E così mi sento presa in giro. So bene quali rischi corro, ma le loro parole, anche se dette con buone intenzioni, mi fanno sentire incompresa e smarrita. Ecco, ti ho usata come psicologa scrivendo un romanzo!BUM!
L’esplosione della domenica.
Ho chiesto il permesso ad Angela di riportare il suo messaggio lasciato questa mattina sulla mia pagina Facebook, perchè mi sono rivista in lei: quante domeniche ho passato, qualche anno fa, a inventare scuse per giustificare l’eventuale scelta (puramente razionale) di restare. Ma il cuore? Il cuore urlava altro.
Il contrasto tra cuore e ragione era forte a tal punto che il mio inconscio mi mandava segnali chiari che non potevo continuare a fare ciò che non volevo. Dove li mandava? Direttamente sul corpo, regalandomi una serie infinita di disturbi di salute, che sono poi spariti dando una svolta alla mia vita.
Ovvero facendo ciò che avrei voluto io, non quello che avrebbero voluto gli altri.
La parte razionale di me mi faceva dire che il posto di lavoro a tempo indeterminato e sicuro fosse il meglio per me; ma l’evidenza che la mia vita era in disequilibrio col mio essere regnava nel mio studio, tutto affisso da scritte che non inneggiavano propriamente al posto fisso (e così le mie letture):
Ho notato che, quando scriviamo una lettera a qualcuno sfogandoci di tutti i nostri dubbi e paure, questa contiene già tutte le nostre risposte.
Angela, nel tuo messaggio, salti dalla ragione al cuore in ogni passaggio:
1. Il lavoro da insegnante in Germania è sicuro, ben remunerato e a vita
MA
Ti senti soffocare e sei demotivata.
2. Il preside della scuola ha fatto una cosa bella per te, e i colleghi non sono male
MA
Al solo pensiero di restare in quella scuola tutta la vita ti senti male.
Le affermazioni prima dei MA sono quelle dettate dal “buon” senso comune; quelle dopo i MA sono ciò che vuoi davvero. A questo punto dovrebbe essere facile compiere una scelta verso la tua felicità, no?
No: perchè entrano in gioco due fetentoni, che sono il senso di colpa e la paura di fallire.
Senso di colpa:
Si lega all’auto rimprovero e ci fa agitare, perchè stiamo andando contro un sistema di valori che ci è stato inculcato fin da piccoli. E’ difficilissimo tagliare questo cordone ombelicale, rompere le regole e andare controcorrente. Io stessa, prima di decidere di partire, ero tormentata dal timore di fare una scelta coraggiosa che andasse contro il pensare comune.
E poi cosa dice la gente?
Farò vergognare i miei di avere una figlia non interessata al posto fisso?
Perchè devo dare loro un dispiacere, e non mi accontento come fanno (quasi) tutti?
“La gente” erano solo la mia paura di fallire. Tutto qua.
Il simpatico Osho ha detto: “Le persone originali danno sempre fastidio alla società. Non sono così facili da manipolare, rimangono se stesse. Cercheranno di vivere la propria vita non secondo uno schema, ma secondo la loro visione”.
Se c’è una vocina che ti sta dicendo che non stai vivendo come vorresti, che non stai ancora dando il meglio delle tue possibilità, il primo passo è chiederti: cosa posso fare per avvicinarmi al mio sogno nel cassetto? Ciò che farai della tua vita non è in mano ai tuoi genitori: è in mano a te. Spetta solo a te prendere coraggio e pianificare – a piccoli passi – una via di fuga verso la vita che vorresti.
Paura del fallimento:
Lucia Giovannini, autrice di uno dei miei libri ispiratori prima che spiccassi il volo, Tutta un’altra vita, nel suo sito BlessYou! spiega l’importanza di spingersi fuori dalla propria zona di comfort, per superare la paura del cambiamento:
“La zona di comfort è quell’isola mentale in cui ci rifugiamo, dove abbiamo l’illusione di sentirci protetti e al sicuro. Ma allora perchè siamo così scontenti?
Per uscire dalla nostra zona di comfort e entrare nella nostra zona di libertà e lasciare andare la paura, non occorrono grandi stravolgimenti.
Possiamo iniziare con piccoli gesti simbolici, proprio quelli che disinnescano il pilota automatico.
Cambiare la strada per andare al lavoro, cambiare posto a tavola, studiare una nuova lingua, diventare vegetariani per un mese, coltivare nuovi hobby sono solo alcune idee per uscire dalle nostre abitudini e dai nostri automatismi. Man mano che li mettiamo in atto, allarghiamo il nostro perimetro di sicurezza, scoprendo nuove passioni, nuove capacità e nuovi modi di vivere”.
Quanto è bello entrare nella zona di libertà? E’ una sensazione meravigliosa fatta anche di paura. Stavolta, però, non è più la paura paralizzante di deludere qualcuno o di non farcela, bensì di non essere in grado di gestire nel modo giusto tutta questa felicità e libertà. Non ne siamo abituati: in fondo, siamo più abituati alla sofferenza che alla felicità. Però si sopravvive, eh? Io, ad esempio, sono ancora viva e vegeta, spazio dalla serenità alla paura, però sto molto meglio di prima.
Non sei condannata a vivere così tutta la vita: puoi sempre cambiare.
Fai la cosa che temi, e la morte della paura è certa.
– Ralph Waldo Emerson