Allora se è davvero così anche oggi, spero che sia un Pesce d’Aprile trovare migliaia e migliaia di volti, che si sono lasciati alle spalle la loro terra in guerra e sono venuti da noi per ritrovarsi ad essere “clandestini”. Facciamo da scaricabarile, ci lamentiamo con i governi e le istituzioni, ma poi siamo noi i primi a non volerli. Il problema è uno solo: abbiamo perso il coraggio di guardarci degli occhi ed forse così che capiremmo una volta per tutte che nessuno è clandestino di un bel niente se viene a raccogliere un briciolo di speranza. Chissà se tutta quella ciurma di uomini, donne e bambini arrivati su un barcone e scampati alle intemperie del mare, avessero avuto lo stesso trattamento se fossero stati proprietari di piccoli giacimenti petroliferi. Li avremmo potuti adottare uno per uno nell’ottica del “vicino” colonialista che vede questa crisi del Mediterraneo come l’ultima chance per tornare ad essere padroni in Nord Africa. Mentre stanno ripulendo Lampedusa per farci credere che sia stato solo uno scherzo di pessimo gusto, illudiamoci che questa triste vicenda sia un “fottutissimo” Pesce d’Aprile e che questo presente tribolante potrà essere prima o poi un ponte verso la pace e democrazia per tutti loro.
Allora, sapete cosa vi dico, questa volta non ci casco neanche io: mi fermerò in stazione e aspetterò fino all’ultimo treno. Sono sicuro che prima o poi arriverà, adesso cresciutella, deliziosa come lo era allora, e dalla sua borsa tirerà fuori tutte quelle croste di panino che non mi ha dato in tutto questo tempo, lungo quanto quello di uno scherzo da Pesce d’Aprile.