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+Come tagliare la corda verso i tropici..ed avere guai..+

Creato il 18 maggio 2011 da Gianpaolotorres

+Come tagliare la corda verso i tropici..ed avere guai..+

Nelle Indie..di domenica..in viaggio da solo…

 

+Come tagliare la corda verso i tropici..ed avere guai..+

Aereoporto Eldorado di Bogotà..in attesa della partenza verso Medellin…il quarto uomo..l’ho tagliato fuori..

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Già da bambino di sette, dieci anni,mi industriavo di giocare in casa,con tutto quello che trovavo.

Principalmente godevo del vestirmi con l’uniforme da ufficiale di mio padre degli anni ’30-40,spalline da festa,bandoliera,fascia azzurra,cappello di traverso,ma mi mancavan gli stivali e la pistola vera,questa la sostituivo con un’ arma giocattolo.

Mi appuntavo sul petto le decorazioni sue e quelle di suo padre,mio nonno, e mi piazzavo davanti ad uno specchio facendo il saluto.

Ogni articolo indossato era oggetto di domande al genitore.

Risposta evasiva, sempre.Dovevo infine armarmi di santa pazienza e prendere in mano una qualche vecchia enciclopedia, studiando tutto da solo.

Anche per le medaglie,arrivai a sapere tutto al proposito.

Mi mancava un ultimo anello che ho definito solo poco tempo fa,mentre vuotavo gli armadi.

C’era infatti  una decorazione inglese piuttosto ragguardevole, che mi dava grattacapi a chi intestare, e che di solito non si dà alle canaglie.

Gliene avevo già parlato a mio padre quando era ancora in vita,mi raccontò un’altra balla, che era appartenuta ad un ammiraglio… amico di non so chi.

Invece era di suo padre, che se l’era guadagnata dagli alleati inglesi venuti in nostro aiuto a Caporetto,dove tanti ufficiali superiori… avevano tagliato la corda..e pur di fretta.

Ma non lui. Nonno Davide Ernesto che non ebbi neppure il piacere di conoscere se non in fotografia..

Rinomato dai figli per avere avuto due morose.. a sessanta e passa anni.

Vedete che a volte è meglio non diventare padri? Ti eviti delle critiche dai figli.

+Come tagliare la corda verso i tropici..ed avere guai..+

Mio nonno in borghese..le ragazze sono una figlia..e una nipote..al mare..primi novecento+

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Ve ne racconto altre.

Perché sei andato in Africa volontario nel ‘35 quando poi nel ’38 con le leggi razziali ti hanno dato una pedata nel sedere? Poveraccio..era il peso della riconoscenza nazionale.. e lui non poteva saperlo in anticipo ..ma i bambini son fatti così.

Mi son sentito un mare di imprecazioni… ed inviti a farmi i fatti miei,ma non del tutto inutili.

Allora, andare in guerra,  secondo le sue parole, era un passatempo per distogliersi dall’ufficio quando hai un capo rompi-balle.

E via così.. all’insegna del fumogeno.. per distrarre la mia attenzione  e rendersi  invisibile.

In realtà, pareva che, ad ogni piè sospinto, tenesse l’uniforme pronta per evadere la monotonia quotidiana. Ognuno ha il diritto di avere i suoi hobbies,.. una volta un richiamo..per un corso di specializzazione militare,un’altra volta.. le manovre.. e come un medico và a congressi..  lui si girò mezza Italia.. sull’attenti  e sul riposo,salvo in Africa, dove fu guerra vera e ci andò da volontario, contento come una pasqua.

Io pure, più tardi, capita l’antifona,feci uguale.. per come mi fu possibile.

Al posto della divisa.. mi approntai una valigia,e quando le arie giravan storte,o per motivi di gonne,o per altre molestie,facevo fagotto,salutavo tutti.. e m’imbarcavo sul primo volo per le Indie,dandomi per disperso.

Tornavo dopo tre mesi,annusavo l’aria,e se mi rompevano di nuovo,ripartivo.

Ma come mio padre in Africa, avevo anch’io le mie truppe ausiliarie di rinforzo.

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Soprattutto a Caracas e Bogotà,dove il tempo, per  arrivare al nocciolo, passava con una lentezza esasperante.

La truppa locale non prendeva il salario dalla ditta,ma solo denaro in una percentuale corrispondente al valore della merce venduta,doveva risiedere sul posto ed a volte, pure, la trovavi nemica.. travestita.

Chiamiamolo un console onorario pluribandiera,lavora per te e per il tuo concorrente, alla faccia di tutti.

Ma se è un mezzo lavativo son dolori,ti fa tribolare esasperando i tuoi aneliti di concludere buoni  affari.

A Caracas mi ero incontrato con un compaesano dell’Italia Centrale,più anziano, il cui interesse dominante erano le scommesse alle corse dei cavalli e tutto quanto si potesse giocare con i soldi.

Aveva lavorato per anni in una banca locale come impiegato.. prima di dedicarsi a tempo pieno al gioco ed alle scommesse ,soprattutto, quelle clandestine.

Il tempo non contava nulla per  gli altri impegni che teneva in qualche maniera ancora in piedi,tu arrivavi a visitarlo da lontano,per promuovere le vendite,la tua ditta spendeva fior di quattrini per mantenerti alle Indie,e lui se ne sbatteva.Non si scostava dalla scrivania e dal telefono, per giornate intere, tanto era preso  dalla febbre della vincita.

Vieni pure in ufficio verso le 11,tranquillo…poi andiamo da Pepe..Luigi…Ignacio…Abraham…e Totò…e via discorrendo.

Per vederli,in realtà, dovevo poi andarci da solo,in taxi.

Come ti presentavi all’alba delle 11,era già con la cornetta all’orecchio per avere le ultime soffiate buone… c’era posto per tutti…fantini,allibratori,allevatori,veterinari e gaudenti …che si passavano tutta la giornata all’ippodromo… attendendo i polli come lui.

Non c’erano ancora i cellulari,per cui non lo smuovevi neppure con la gru  prima che avesse piazzato le varie puntate sulle corse della sera.A parole ne veniva fuori quasi sempre vincitore, vantandosi di aver comprato sottobanco..e tizio…caio..e pur..sempronio e aver dopato anche le bestie,ma erano delle gran balle di cui ignominiosamente si faceva bello nella società che fequentava.

Comunque di soldi ne perdeva una stangata,e,quelli,purtroppo… per lui e per la sua famiglia, eran veri…

e..tosti…mentre l’ufficio, restava  abbandonato al suo destino.

A casa,a pranzo,l’aspettavano la mamma,il padre,la moglie ed il pupo.Tutti piangevano con lui quando parlava di scalogna.E poi sotto..con le fettuccine…

Guadagnava e perdeva in maniera facile,forse troppo,utilizzando anche il contrabbando per non pagare dazi, che, si infilava in tasca lui, e non da ultimo, utilizzando pure un socio che si presentava solo al pomeriggio, il quale, per stargli a pari faceva lo strozzino, prestando soldi ai poveri locali,e per finire, litigavano tra loro per quisquilie, tipo prendersi per il collo facendo una partita a scopa all’asso, a soldi.

Ad onor del vero, questo personaggio l’avevo ereditato da miei predecessori,ma dato che ci doveva un sacco di denari,lo tenevamo ancora buono per recuperare quello che mancava all’appello della nostra cassa.Era naturalmente un pagatore a modo suo.

Non ci pioveva , i suoi incassi prima di partire per l’Italia,facevano una sosta all’ ippodromo.

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A Bogotà, musica diversa.

Mi attendeva un distinto gentiluomo di origine britannica che non sapeva una parola di inglese,ma era pur sempre in abito e cravatta ,longilineo ed azzimato,gentile e sorridente.

A vederlo, avresti detto, una persona seria.

Risiedeva a Medellin e si viaggiava insieme il paese. I suoi avi erano venuti in Colombia per ragioni di lavoro e vi si erano fermati,ma non l’avevano educato al lavoro bensì alla bottiglia,quella sì.

Si era preso la giusta confidenza sapendo che avevo il cuore buono,piangeva una miseria vera ed era comprensibile viste le sue condizioni, e per aiutarlo,gli avevo permesso di installarsi in camera mia,a due letti,con prima colazione inclusa e pranzi e cena.

Ma come arrivava il tramonto,attaccava con l’aguardiente,una specie di grappa locale, e tra un bicchiere e l’altro,se ne scolava una bottiglia al giorno.

Come salivamo in camera e toccava il letto,iniziava la nenia dell’ubriaco triste.

Piangeva singhiozzando,si disperava,mi giurava tra le lacrime che voleva cambiar vita,poi se lo cazziavo faceva finta di rivestirsi dicendo, adesso me ne vado,torno a Medellin…e non si muoveva mai dalla stanza e seguiva a farsi mantenere.

Il mattino era sempre in forma splendida.

Ma non combinava nulla, come il socio di Caracas.

Mi toccava fare per entrambi anche il loro di lavoro.

Erano due perditempo che faticavano a fare una telefonata ad un cliente,e giusto utili per passare la giornata in compagnia…se così si possa dire.

Allora studiai un trucco.

Feci  venire in concomitanza alla mia visita il titolare di una ditta spagnola e ci viaggiavamo insieme Venezuela e Colombia.

I due papponi, con un fabbricante sconosciuto di maggior età del sottoscritto,avevano  vergogna a fare il solito gioco,in più eravamo in due, alleati, ed a volte tre, se lo spagnolo si portava pure il figlioletto, e quindi dovevano muovere le chiappe.

Gli spagnoli non eran concorrenti miei,ma come tutti  i padroni erano ansiosi di farsi un mercato nuovo nelle loro ex-Indie,e volevano saperne di più dei clienti,attraverso me.

In mia vece,che ero ancora ragazzo, lo spagnolo gli tritava lui le balle ai due fetenti,e poi la sera ci facevamo compagnia insieme.

Eventualmente,quando pensavo fosse sufficiente..dopo che mi era stato utile..gli chiedevo il compenso.. per una consulenza extra…avendolo introdotto sul mercato.

Come chiedi dei soldi ad un padrone.. sei sicuro che se la svigna come una lepre…e non lo rivedi più.

Così me lo toglievo d’intorno..pronto ad utilizzarne un altro.. se la lezione non fosse servita.

Questa era la grama vita del venditore,nelle Indie.

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