Le sonde della NASA Van Allen Van Allen orbitano attraverso due fasce giganti di radiazioni che circondano la Terra. Crediti: John Hopkins University Applied Physics Laboratory/NASA
Sappiamo ormai da quasi sessanta anni – grazie a Explorer 1, il primo satellite artificiale lanciato dagli Stati Uniti – che la Terra è circondata da due enormi, invisibili ciambelle di particelle cariche che prendono il nome di Fasce di Van Allen. Con il passare degli anni e il lancio di nuovi veicoli spaziali capaci di sondare le proprietà dello spazio attorno al nostro pianeta, abbiamo raggiunto una visione alquanto dettagliata della struttura, estensione e composizione di queste Fasce. Quello che però non è ancora bene chiaro è quali siano i meccanismi che accelerano le particelle, in special modo quelle che popolano la fascia più esterna, fino alle energie rilevate, dell’ordine dei megaelettronvolt (milioni di elettronvolt). Una grossa mano agli scienziati la sta dando già da un paio di anni la missione Van Allen Radiation Belt Storm Probes della NASA, composta da due sonde gemelle.
E’ proprio grazie ai dati già raccolti dalla missione che gli scienziati hanno iniziato a farsi un’idea più chiara di quello che avviene: dietro la produzione di particelle così veloci ed energetiche ci sarebbe un processo a due fasi: un primo meccanismo innalza l’energia delle particelle fino a un certo livello (qualche migliaio di elettronvolt), dopodiché è l’interazione con le onde elettromagnetiche di plasma denominate Whistler a completare il lavoro, accelerandole fino ai valori massimi registrati.
Ad indagare la prima fase di questo processo di accelerazione, per certi aspetti ancora enigmatico, è un nuovo lavoro che Forrest Mozer, dell’Università della California a Berkeley e i colleghi del suo team hanno pubblicato sul sito web della rivista Physical Review Letters. Secondo i ricercatori, il meccanismo iniziale che trasferisce energia alle particelle presenti nelle Fasce di Van Allen è alimentato da brevi impulsi del campo elettrico locale che si propagano parallelamente alle linee di campo magnetico presenti nelle Fasce. E’ la geometria del campo magnetico stesso a determinare la traiettoria di elettroni e ioni, che si muovono spiraleggiando attorno alle sue linee di forza. In questa fase, gli impulsi elettrici accelerano le particelle nella direzione parallela ai campi magnetici anche se, come dimostrano i risultati del lavoro, un contributo all’aumento di energia delle particelle può essere legato già a questo livello (qualche migliaio di elettronvolt) all’interazione con le onde Whistler che diventano le protagoniste, come detto, del secondo atto del processo complessivo di accelerazione.
“Le sonde Van Allen sono riuscite a seguire questo processo di accelerazione meglio di qualunque altro veicolo spaziale poiché sono state progettate e collocate in un’orbita ideale per raggiungere i loro obiettivi scientifici” dice Mozer. “La missione ci ha dato la prima solida conferma di cosa sta succedendo in quelle zone e così, sempre per la prima volta, possiamo spiegare con precisione come avviene l’accelerazione degli elettroni nelle fasce di Van Allen fino a velocità prossime a quella della luce”.
Per saperne di più:
- l’articolo Direct Observation of Radiation-Belt Electron Acceleration from Electron-Volt Energies to Megavolts by Nonlinear Whistlers di F.S. Mozer et al. pubblicato on line sul sito web della rivista Physical Review Letters
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani