A cento anni dalla formulazione dell’equazione della teoria della relatività generale, un’equipe di ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Laboratorio Europeo di Spettroscopia non Lineare (Lens) dell’Università di Firenze sta effettuando, con una tecnica innovativa basata su un interferometro atomico, esperimenti per verificare la teoria gravitazionale di Einstein.
L’ultimo importante risultato, pubblicato dalla rivista Physical Review Letters (Focus: First direct measurement of Gravity’s curvature), è la prima misura diretta della curvatura del campo gravitazionale ed è stato ottenuto grazie a un nuovo sensore quantistico basato sull’uso di tre interferometri atomici posizionati in modo da misurare simultaneamente l’effetto di una massa sulla curvatura del campo gravitazionale.
Nel 2014, sempre sfruttando l’interferometro atomico i ricercatori dell’esperimento Magia hanno misurato con inedita precisione la costante gravitazionale, (risultato pubblicato da Nature nel giugno 2014 vedi http://www.media.inaf.it/2014/06/18/una-misura-per-la-costante-gravitazionale/) e hanno testato il principio di equivalenza di Einstein. «Gli interferometri atomici sono legati alla natura duale, corpuscolare e ondulatoria, delle particelle descritte dalla meccanica quantistica – commenta Guglielmo Tino, ricercatore INFN e ordinario di Fisica della materia presso l’Ateneo fiorentino – così come in un interferometro ottico un’onda luminosa viene separata e ricombinata, anche gli atomi in certe condizioni possono essere trattati come onde ed essere divisi in più parti che si propagano separatamente e vengono riflesse e ricombinate».
«Per fare ciò – conclude il ricercatore – però è necessario, come avviene nell’esperimento MAGIA, rallentare gli atomi da una velocità di alcuni km/s, tipica di un gas a temperatura ambiente, fino a velocità di pochi mm/s, corrispondente a temperature bassissime, di qualche miliardesimo di grado Kelvin. E’ tramite la luce laser che gli atomi possono essere raffreddati e “intrappolati”, mantenendoli a velocità così ridotte».
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Cossi