Magazine Diario personale

Come un'altra macchia nera sulla tua coscienza

Da Tofina
Ciao. Forse ti ricordi di qualche mese fa, di quelle quattro lettere che volevo scrivere ma non lo farò. L'ultima, lo sai bene, era la tua. Lo faccio adesso, se ti va di leggere. In realtà non so neanche se sai dell'esistenza di questo blog, ma in fondo credo di si. Credo che tu mi legga da sempre e dopo, da bravo, cancelli la cronologia del computer per non lasciare tracce. Sbaglio? Nel caso sbagliassi, allora, chiedo a qualche amico in comune (il buon Facebook dice che ne abbiamo ben 29) di mandarti il link via inbox, via mail, segnali di fumo, piccione viaggiatore o qualsiasi altro mezzo che non comprometta la tua maschera da bravo ragazzo. Ma fatelo davvero, per favore. (Grazie amici, che tanto voi sapete di chi sto parlando). Ti scrivo adesso perché sono a un punto di sconcerto e delusione tollerabili: non l'ira funesta del subito, ma neanche l'arrendevolezza del dopo. Sabato sera mi hai fatto assistere all'ennesima patetica dimostrazione della tua debolezza. Che poi sono sincera, non sono neanche più sicura che si tratti di debolezza. Forse sei solo stronzo. O molto stupido. E il motivo della mia rabbia è tutto qui: quello che eri e non sei più, quello che sei. Mi chiedo: è normale non salutarsi? È normale a trent'anni incrociarsi in mezzo ad una via larga si e no 8 metri e FARE RECIPROCAMENTE FINTA DI NON ESISTERE? Davvero? Sai cosa, forse te lo sei dimenticato ma vorrei dirlo, scriverlo, urlarlo, perché non è un crimine contro l'umanità e non vedo come questo possa ferire le persone ci stanno accanto ora: tu mille anni fa eri innamorato di me. E poi io di te. E siamo stati amici, i migliori amici che potevamo essere l'uno per l'altra. (Dovrei scriverci un libro, magari prima o poi lo farò. Tranquillo, ti darò un altro nome. Ti darò anche un po' più di palle, che mi sembra tu ne abbia discretamente bisogno). Per cinque anni abbiamo condiviso tutto. E adesso dobbiamo fare finta di non esserci mai conosciuti? Ho rispettato e accettato già molto tempo fa la tua richiesta di non far parte in nessun modo della tua vita, come se l'educazione di un saluto possa davvero essere interpretato come un attomalizioso e di invadenza imperdonabile. Rispettato e accettato, ma mai condiviso lo sai bene. Non riuscirò mai a capire come io possa ancora essere, dopo tanto tempo, una minaccia per il tuo rapporto di coppia. Avrei anche un marito, per dire. Mi sono divertita tantissimo a interpretare la parte del capro espiatorio, un giubileo davvero. Adesso basta. Le vostre insicurezze non mi riguardano più, se mai davvero sono state affare mio e non il contrario. Ti scrivo questa lettera solo per chiederti un favore: vuoi giocare a questo gioco? Allora rispetta le regole e ignoraci sempre, non solo quando la situazione te lo impone. Cortesemente, se dovesse capitare di nuovo di incrociarci al pub quando tu sei solo e quindi di nuovo abile al saluto, evita di sbracciarti e allungare le mani per attirare la nostra attenzione. Te lo giuro, ho terminato la mia pazienza e potrei non rispondere di me. Ti ho dato mille possibilità per non dover arrivare a questo punto, tu lo sai. Tu, tutto quel bene, lo sai. E credimi, la rabbia non è che una piuma rispetto al peso della tristezza che mi fa essere arrivati a questo punto. Un mattone. Costruiamoci un bel muro e non scavalchiamolo mai più. Per quel che vale, ne è davvero valsa la pena? ♪♬ Piccole cose (che sai ignorare) - La Fame di Camilla ♪♬

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