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COME UNA FAVOLA DI NATALE
- Cristo! - anche se l'indomani sarebbe stato Natale e bisognava essere tutti più buoni, imprecò con convinzione. Eppure era abile a introdursi nelle case, da finestre anche più piccole, ma sembrava che questa lo volesse tenere fuori.- Non vincerai, maledetta. Tanto entro lo stesso! - la minaccia soffocata non sembrò spaventare la finestra. Che continuò a opporre resistenza. Alla fine, con sua estrema soddisfazione, riuscì a entrare nel bagno. Scese dal davanzale e accese la torcia elettrica illuminando l'ambiente.“Deve abitarci una donna. Troppo ordinato” Per precauzione accostò l'orecchio alla porta nel caso ci fosse stato ancora qualcuno, ma era sicuro che chiunque abitasse lì fosse già uscito.Si introdusse nell'appartamento deserto e trovò un ambiente non molto grande, un salotto con angolo cottura. Due sole porte si affacciavano su di esso: il portone d'ingresso e, presumibilmente, quella della camera.Ispezionò l'ambiente con efficienza e rapidità, in fondo era un bel po' di tempo che rubava nelle case e l'esperienza se l'era fatta! Non cercava oggetti ingombranti, ma denaro e gioielli, di sicuro non li avrebbe trovati lì ma nella camera da letto, però un'occhiata veloce nei cassetti era obbligatoria.Finì presto e passò a perquisire la camera. Anche lì tutto era in ordine, solo un abito ripiegato sulla poltroncina ai piedi del letto matrimoniale. Lo prese e si avvide che era un tailleur pantalone di colore marrone, beh... forse color bronzo, ma che cacchio ne sapeva lui della moda e delle tinte dei vestiti? Frugò dentro le tasche, per scrupolo, ma, come supponeva, non trovò nulla. Ripose il completo sulla sedia, si girò verso la cassettiera e aprì il primo cassetto. Tombola! Un piccolo scrigno, tutto intarsiato, faceva mostra di sé sulla sinistra. Troppo facile! Così non c'era nessun gusto, la proprietaria era troppo ingenua. I gioielli andavano nascosti in posti difficili da trovare, per far perdere più tempo possibile a un eventuale ladro. Il tempo era tutto; meno minuti restavi in un appartamento e più probabilità avevi di cavartela. Lui lo sapeva bene.Aprì lo scrigno, ma restò deluso, pochi gioielli e neppure tanto preziosi: un bracciale d'oro a serpentina, tre paia di orecchini, e una collana con un ciondolo istoriato. Bello però! Se il malloppo non avesse reso abbastanza, avrebbe potuto regalarlo a Valeria. Si permise di pensare a lei e sospirò. Beh, veramente stava pensando soprattutto alle sue tette. Una quinta... l'eccitazione lo prese. Cavolo, con quel regalo non avrebbe potuto più dirgli di no, erano mesi, che voleva uscire con lei. Veramente voleva portarsela a letto, ma era costosa e si degnava di concedere le sue grazie - oh quelle tette... - solo a chi le regalava gioielli. Le girava intorno come un cucciolo bisognoso d'affetto, ma lei lo guardava con alterigia, come fosse un poveraccio; in effetti non era ricco, ma, insomma! In fondo non era male, alto, fisico allenato - sì, gli piaceva correre e fare sollevamento pesi - e, a detta di tutte le ragazze con cui era stato, i suoi tratti mediterranei erano attraenti. L'espressione malandrina che sfoderava quando voleva rimorchiare faceva sempre centro. Tranne che con Valeria. Cazzo, sarebbe riuscito a metterle le mani addosso - e la faccia nella quinta - prima di Natale! La voleva sfinire a forza di sesso e dopo lo avrebbe guardato con occhi sognanti senza fare più storie.Avrebbe dovuto incrementare i furti. Sospirò... l'eccitazione delle prime volte era svanita, ormai era diventata una routine. Pericolosa sì, ma sempre una routine. Aveva iniziato a rubare perché voleva i soldi facili e l'eccitazione. Suo zio lo stava assillando con la richiesta di diventare socio nell'officina, ma si era stufato di avere sempre le unghie sporche di grasso e di non guadagnare abbastanza. Lo zio era una brava persona, lo aveva cresciuto, insieme alla moglie, e li considerava i suoi genitori. Ma aveva altre ambizioni: diventare ricco e permettersi tutte le donne che voleva, specialmente Valeria. Che sogno!Si diede una scrollata, le fantasie sulle tette di Valeria gli avevano fatto perdere tempo, c'erano i comodini da controllare e l'armadio. Forse avrebbe trovato altra refurtiva preziosa.Aprì il cassettino del comodino di destra, ma oltre alle cianfrusaglie che le donne vi tenevano, non trovò nulla. Passò all'altro, anche lì niente. Cazzo, tutta quella fatica per passare dalla piccola finestra del bagno per poi uscire a bocca asciutta? Si ricordò che aveva promesso alla zia di moderarsi nelle parolacce, visto che era Natale, ma non ci riusciva... Cristo - scusa Gesù bambino - la quinta di Valeria gli stava sfuggendo, letteralmente, dalle mani.Si stava innervosendo e non era bene, doveva rimanere lucido. Riprese a guardarsi intorno, notò un quaderno sul ripiano del comodino, era aperto, gli dette un'occhiata, sembrava un diario.Sì adesso ci mancava che si mettesse a leggere! Si avvicinò all'armadio e frugò all'interno, non trovando altro che abiti, maglioni, cappotti. Si girò di nuovo e gli occhi si diressero ancora al quaderno. Ma perché lo attraeva così tanto? Non era mai stato curioso dei segreti altrui, e, si sa, che nei diari ce n'erano scritti molti. E se ci fosse stato scritto il nascondiglio di altri gioielli? Caz... cacchio, che problema c'era se lo avesse letto? Lo prese e si sedette sul letto...20 dicembre 2012Stasera sono molto stanca, dopo mesi di doppio lavoro, incomincio a dare i numeri. Oggi ho dimenticato di stampare la comparsa per l'avvocato Gualtieri e mi ha trattato da schifo. E stasera al ristorante non riuscivo ad essere svelta. Ho male ai piedi, alla schiena e la testa confusa. Non so per quanto ancora riuscirò a sostenere questo ritmo, ma devo resistere, sono quasi al traguardo! Sono riuscita a mettere insieme tutta la somma! Con la paga di questa sera ho messo da parte 5.000 euro. Con quella del prossimo mese riuscirò finalmente a regalare la crociera a mamma. L'ha sempre desiderata. Mi sarebbe piaciuto farle una sorpresa questo Natale, ma non ce l'ho fatta.20 dicembre? Ma era ieri, forse la ragazza non era riuscita a depositarli in banca. Che li avesse nascosti da qualche parte? Aveva frugato dappertutto, dove poteva averli nascosti quella stronzetta?Caz... cacchio, doveva trovarli! Si rimise in piedi di scatto, alzò il materasso e ci guardò sotto. Niente. Guardò dietro i quadri, ma non trovò buste nascoste. Che fossero in cucina, in qualche barattolo? Decise di continuare a leggere, forse avrebbe scoperto qualcosa...Non so se riuscirò ad andare a trovarla al Sant'Eugenio a Natale, al ristorante c'è molto lavoro e mi hanno chiesto la disponibilità per tutto il giorno, non solo per la sera, non posso dire di no. Povera mamma, non sa che sto facendo due lavori, le ho detto che allo studio avevano bisogno di straordinari. Non sa di avere il cancro e che forse vivrà solo altri due o tre anni...La pagina si interrompeva lì … c'era una sbavatura, come se ci fosse caduta una lacrima e, forse, era proprio così.La vergogna gli cadde addosso come una palata di letame. Pensò alla ragazza, alla sua forza e integrità, si rammaricò di essere entrato proprio in quella casa. Ritornò, titubante, verso il cassettone, lo aprì … no diavolo! Non doveva farsi prendere da sciocchi ripensamenti, chissenefrega!“Le tette di Valeria! Pensa a quelle prosperose, morbide tette...” Alzò gli occhi e scorse una fotografia sul ripiano, la prese, vi erano ritratte due donne, una giovane e una più anziana, sorridevano, un sorriso luminoso, identico, si notava che erano madre e figlia. La ragazza era molto carina, bionda e riccia, adorabile. Il colore degli occhi non si riusciva a capire. Certo non portava una quinta... ma neanche era piatta. E che sorriso...In un istante decise: rimise i gioielli a posto, chiuse lo scrigno e il cassettone, si diresse verso il letto e lo rifece per bene, ripiegò il completo, cercando di sistemarlo come era prima, rimise il diario proprio dove lo aveva trovato. Andò in salotto, non aveva lasciato troppo casino e quindi ci mise un attimo a mettere tutto a posto. Si diresse al bagno e uscì, con le solite difficoltà, dalla maledetta finestrella.- Tesoro! Sei riuscita a venire! Che bello, sono felice.- Ho corso come una matta, mammina, per poter venire almeno oggi.Marco si alzò dalla sedia e si rivolse alla paziente sdraiata sul letto: - Alice, io vado visto che è arrivata tua figlia. Ti auguro un felice Santo Stefano.- Ma no Marco, non andare - l'anziana donna lo bloccò posandogli una mano sul polso - ti presento mia figlia Gioia. Tesoro, Marco mi viene a trovare da quando hanno dimesso sua zia, tre giorni fa. Deve aver avuto pietà di una vecchietta. Non ti spiace se resta vero?Marco guardò la ragazza. Finalmente aveva scoperto il suo nome, Alice non glielo aveva mai rivelato, gli aveva raccontato quasi tutta la sua vita, senza mai svelarlo. La foto non le faceva onore: era bella, non solo carina e gli occhi, ohhh gli occhi... erano azzurri, ma un azzurro speciale, non sapeva come si chiamasse quel particolare colore, che ne sapeva lui delle tonalità dei colori? Però si avvicinava al viola.Gioia lo guardò, con un espressione leggermente interrogativa, lo scrutò ben bene e poi - Gesù bambino ti ringrazio - annuì con un lieve sorriso e si sedette sul letto. Anche lui si riaccomodò sulla sedia e stette lì, ad ascoltare il chiacchericcio delle due donne, Alice si era illuminata tutta all'apparizione della figlia, il lieve rossore sulle gote la faceva sembrare meno malata.- Di cosa ti occupi Marco?La domanda di Gioia lo riscosse dai suoi pensieri – Lavoro con mio zio, sono meccanico. Mi ha chiesto di diventare suo socio e ci sto facendo un pensierino... - la fissò con il cuore negli occhi e lei gli restituì l'occhiata con un espressione perplessa, come se intuisse di essere la causa di quella decisione.- Marco! Cosa stai facendo qui?La guardò con la sua migliore espressione da malandrino e la vide sbattere lievemente le palpebre. Ehi! Forse il suo sguardo ammaliatore aveva fatto centro! Per tutta la settimana, all'ora di pranzo, si erano incontrati in ospedale, dalla madre, e avevano parlato delle loro vite, delle loro preferenze e dei loro sogni, sotto lo sguardo benevolo di Alice (gli aveva confidato che approvava l'intesa che scorgeva tra loro due). L'aveva invitata al bar offrendole un caffè e infine lei gli aveva raccontato tutto: dei due lavori, del regalo che voleva fare alla madre, di quanto soffrisse per la malattia e il poco futuro insieme, di quanto desiderasse fare felice la mamma. Era così dolce e indifesa, con le lacrime agli occhi... caz... cacchio, si era innamorato come un imbecille. Lui, il re della toccata e fuga! Addio alle tette di Valeria, neanche se le ricordava. Se per questo, non sapeva neppure che misura portasse Gioia, non gli importava. Beh... insomma, certo che ci pensava, ma non era un'idea fissa, ecco!- Sai non avevo voglia di andare in discoteca con gli amici. Ogni anno la stessa storia, una barba! E ho pensato a te, qui al lavoro, mi dispiaceva che tu passassi il Capodanno da sola. Lo so, non guardarmi come fossi matto, io cenerò qui e tu servirai, ma avrai un amico accanto. Siamo amici vero?Gioia annuì sorridendo, si vedeva che aveva apprezzato l'idea. Ehi, stava diventando un grande stratega, prima o poi sarebbe riuscito a baciarla. Se le sognava quelle labbra, sapeva che sarebbero state morbide, cedevoli, il loro sapore gli avrebbe fatto perdere la testa, ne era certo.Passò la serata guardandola servire ai tavoli, un Capodanno così non lo aveva mai passato! Quando si avvicinò la mezzanotte la chiamò e le chiese di fare il brindisi insieme.- Non posso Marco, devo versare lo spumante.- Chiedilo al principale, Gioia, dai... - la sollecitò con lo sguardo ammiccante. Lei rise per quella buffoneria e fece quanto aveva chiesto.La vide tornare, con espressione mogia, ma appena fu accanto a lui tirò fuori due bicchieri:- Ha detto di sì, non è incredibile? - il suo sorriso adesso era sfavillante. Cristo, quelle labbra... da mordere.Brindarono e si scambiarono due baci sulle guance. Beh... era solo l'inizio.- Aspetto che finisci e poi ti accompagno a casa.- Ma no, non c'è bisogno, farò tardissimo, e poi ho la mia macchina.- Non mi importa dell'ora, Gioia, ma non voglio che torni da sola, la città è piena di pazzi.- Eddai, sciocco, gli altri anni ero sola sai?- Ma quest'anno ci sono io … – lo guardò pensierosa, chissà se intuiva il suo proposito di un impegno? Accettò. Si girò e con passo più leggero tornò in cucina. Ne uscì dopo un quarto d'ora, il cappotto già infilato e, alla sua domanda inespressa, lo abbagliò con un altro sorriso.- Marco! Il principale mi ha detto di andarmene, visto che c'eri tu. Oh, lo sai che da quando ti ho conosciuto sono più fortunata?Beh, lui non pensava di essere propriamente un portafortuna e forse avrebbe fatto meglio a lasciarla stare, ma che ci poteva fare se era uno sporco egoista? Uscirono sottobraccio, appena fuori Gioia si fermò e tirò una gran boccata d'aria.- Sono così felice e mi è passata la stanchezza. Che ne dici se ce ne andiamo in discoteca? Prima però devo passare da casa a cambiarmi...- Va bene, dolcezza. Questa sera sono ai tuoi ordini. Se vuoi la discoteca, ti porto in discoteca. Forza, sali in macchina che ti seguo con la mia.Arrivarono a casa di Gioia con un po' di difficoltà, le vie erano piene di automobili strombazzanti, ma alla fine si ritrovò nello stesso appartamento che aveva pensato di svaligiare.- Mettiti comodo, cercherò di farcela in poco tempo, ma devo farmi una doccia, puzzo di cucina!- Sbrigati, altrimenti ti raggiungo lì... - le disse con la sua migliore espressione da seduttore. Ridendo dolcemente lei corse via.Dio, avrebbe voluto tanto fare una doccia con lei, se la immaginò sotto l'acqua, la pelle rosata dal calore, i capelli bagnati e tirati indietro. Le avrebbe passato la spugna su tutto il corpo, lentamente, poi con le mani insaponate le avrebbe massaggiato i seni, e poi...Fermò le proprie fantasie, altrimenti sarebbe finita... a “schifio”! Già una certa parte della sua anatomia si era risvegliata e reclamava attenzione. Che lui non poteva darle. Basta scemo! Pensa alla fame nel mondo, alle malattie, alle guerre. Per fortuna i pensieri tristi riuscirono a calmarlo, si avvicinò alla finestra e guardò fuori mentre attendeva.- Sono pronta andiamo?Si girò sorridente e i polmoni smisero di espandersi, il cuore di battere e il cervello di funzionare. Era da sballo! Vestita in un tubino rosso, troppo corto per mantenere le buone intenzioni, calze nere fasciavano due gambe da urlo. Si era truccata leggermente, ma era bella così, anzi stupenda. Gli si avvicinò ancheggiando sui tacchi alti... Cristo, non avrebbe respirato mai più!- Sei... sei bellissima – la bocca arida riuscì ad articolare quelle parole, gli occhi non si staccavano dal seno messo in evidenza da una scollatura abissale. Troppo per la verità. La gelosia lo colse alla sprovvista, non era mai stato geloso delle sue numerose ragazze. Però delle altre non gli era importato mai nulla, ma lei... lei gli era entrata nei pensieri, nel cuore e adesso nel corpo. La stessa parte anatomica di prima si era... elevata e sembrava che volesse uscire dai pantaloni per lanciarsi su Gioia.Lei si fermò a pochi passi, interdetta. Abbassò lo sguardo e vide la prova del suo desiderio. Lui non riusciva a parlare, temeva di dire qualcosa di sconveniente e che si sarebbe spaventata. La guardò con passione, allora Gioia si avvicinò ancora di più, fino a sfiorarlo...- Che ne dici se restiamo a casa? - sussurrò, circondandogli, contemporaneamente, il collo con le braccia. Quelle labbra succulente sfiorarono le sue. Risvegliandosi, finalmente, dall'incantesimo che lo aveva paralizzato, l'abbracciò con forza, aprendo la bocca e approfondendo il bacio, intrecciando la lingua con quella di lei, succhiandogliela, mordendogliela... si separarono dopo un secolo, per respirare.- In effetti... non ballo molto bene... - mormorò baciandole il collo. Lei lo prese per mano e lo condusse in camera, lo lasciò per togliersi il vestito. Caz... cacchio! Indossava delle giarrettiere rosse e un completino di pizzo nero che esaltava l'avorio della sua pelle. Marco si spogliò a tempo di record, la raggiunse e insieme caddero sul letto, le mise una mano tra i capelli e con l'altra artigliò un gluteo sodo. Deglutì la saliva che non aveva... “Prometto di essere buono, di non rubare mai più, di non desiderare avide donnacce interessate solo ai soldi. Lavorerò con lo zio e ingrandirò l'attività. Però, caro Gesù ti prego, non svegliarmi mai da questo sogno” Poi il cervello smise di pensare e il corpo iniziò a sentire. L'ultimo pensiero cosciente lo ebbe quando lo colpì una scossa, mentre la penetrava: “Cristo! Scusa Gesù bambino...”
Lullibi
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