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Come va col libro?

Creato il 07 aprile 2012 da Taccodieci @Taccodieci
Come va col libro?
- Ciao, ti ho fatto aspettare.
- In realtà sei in perfetto orario. Sono io che ho finito di fare la spesa e ho pensato di passare, visto che avresti aperto entro qualche minuto.
P. scende dalla bicicletta ed apre il cancello della biblioteca. Quanto piacerebbe anche a me andare al lavoro in bicicletta!
Dovete sapere che sono un'assidua frequentatrice della biblioteca del mio paese, perchè se pagassi tutti i libri che mi va di leggere sarei già a pulire i parabrezza ai semafori come secondo lavoro. E poi adoro la mia biblioteca. Ci vado anche quando non ho alcun libro da riconsegnare o da prendere, perchè è un posto dove mi sento bene.
Nonostante viva qui solo da tre anni (tre anni esatti tra una settimana) ho già letto molti dei volumi sugli scaffali. Quando vado lì e cammino tra quelle librerie, è come se fossi circondata da cose e pensieri che mi rilassano e mi fanno stare bene. In fin dei conti non ricordo un solo istante trascorso a leggere che non sia stato un istante felice.
E poi adoro le persone che lavorano nella biblioteca. In particolare, ho un rapporto speciale con  P., che legge questo blog (sì, sto parlando di te!) e con il quale ogni volta mi fermo a chiacchierare. Almeno quando sono in biblioteca e spengo il telefono, mi piace non avere fretta. Lo so che potrei anche fare a meno di spegnere il telefono, visto che il mondo è dei cafoni, ma da piccola mi hanno abituata così ed è una piacevole abitudine che ho intenzione di mantenere.
Metto sul tavolo di P. "delirio di una notte di mezza estate", di David Safier: "splendido libro, mi ha fatta proprio ridere di gusto".
Senza che io debba aggiungere altro, velocemente P. cerca nel database un altro libro di Safier e me lo ordina. Poi sorride e dice: "sarà qui mercoledì sera dopo le diciotto". Non so di che libro si tratti, ma sono certa che mi piacerà.
Poi mi fermo a chiacchierare con P.
- Ma tu porti davvero così spesso i tacchi?
- Certamente!
- Non sono pericolosi? Voglio, dire: a volte vedo delle ragazze che rischiano di farsi male, con quegli spilli... E non sono scomodi?
- No, è solo questione di scaricare bene il peso. Ti assicuro che ci sono dei tacchi cinque che sono importabili e dei tacchi dieci con cui posso stare tranquillamente per tutto il giorno.
- Certo che, vedere dall'alto tutto quanto, ti da un'altra prospettiva.
- Sì, esattamente.
- Per noi gente di pianura (si riferisce forse a chi non porta i tacchi? No, perchè questo pensiero, di chiamare "gente di pianura" chi non porta i tacchi, mi piace un sacco, ndr) non ci sono molte occasioni per poter guardare dall'alto, avere una visione d'insieme e riflettere.
- Già, aiuta moltissimo vedere le cose dall'alto.
- Mi avevano detto che qui a Padova, se si vogliono vedere le cose dall'alto, dovevo andare sulla Specola, ma è aperta solo qualche giorno a settimana. Qualcuno mi ha detto che il panorama è splendido dal tetto del palazzo dell'INPS, ma anche quella è stata una delusione. Mi manca un punto alto.
- So che come proposta non è un gran che, ma hai provato all'ottavo piano dell'ospedale?
- In effetti questo mi manca.
- Si vedono le cupole del Santo...
Parliamo di cose così, P. ed io. Fino a che non ci chiediamo come sta andando con il libro, dal momento che anche lui ne sta scrivendo uno che non vedo l'ora di leggere.
- Che farai questo fine settimana?
- Penso che starò a scrivere. Sono quasi alla fine e mi ha preso la frenesia di finirlo. E poi sto sempre lì a rileggere, a rivedere...
- Devi però arrivare ad un punto in cui la smetti di rileggere e rivedere. Devi mettere la parola fine.
- Lo so. E poi rileggerlo tra un po' di tempo.
- Io faccio lo stesso: non rileggo subito, perchè altrimenti cambierei qualcosa o anche tutto. Rileggo dopo un po' e di solito penso "cacchio, ma davvero ho scritto io questa roba?". Cioè, mi stupisco di quello che ho scritto.
- A me succede esattamente la stessa cosa.
Così capita spesso che ci facciamo prendere dall'entusiasmo di essere due persone che scrivono. Come se, in un mondo alla Farenheit 451, avessimo un segreto o stessimo svolgendo un'attività clandestina.
Così continuiamo a parlare di libri e di come scriviamo, delle nostre abitudini di scrittori, dei nostri vezzi, delle nostre particolarità e di tutti quei tratti che, se solo fossimo anche solo un tantino famosi farebbero uscire di senno un agente.
Ieri sera P. mi pone la domanda che sto cercando meticolosamente di evitare.
- Quando pensi che sarà concluso il nuovo libro?
- Non lo so...
- Di solito gli scrittori fanno uscire i nuovi libri in date particolari, per esempio in occasione dei compleanni. Quand'è il tuo compleanno?
- A marzo...
- No, non va bene. Potresti inventarti un compleanno!
- Sarebbe un'idea divertente!
- Oppure potresti inventarti una qualche ricorrenza importante nella tua carriera di scrittrice.
- Potrei ad esempio prevedere l'uscita del nuovo libro in agosto. In agosto mi sono ubriacata ed ho iniziato a scrivere.
- Splendida idea.
Mi rendo conto che non è gran che come ricorrenza, ma mentre lo dico mi sembra un'idea divertente.
Di colpo mi cade dalle spalle l'ansia da prestazione di cui ho parlato qualche tempo fa e scrivere torna ad essere qualcosa di divertente.
Diciamolo: da un po' sono impantanata in una trama che non sta andando da nessuna parte, con una protagonista lagnosa almeno quanto me e mi da fastidio che mi si chieda "come va il libro?" per il semplice motivo che non ho niente da dire.
Esco dalla biblioteca con il sorriso. Stare lì dentro e parlare con P. mi fa sempre bene. Sarà il weekend lungo che mi attende, saranno le parole di P., sarà l'acqua, sarà l'aria, ma di colpo mi sento rilassata nei confronti della scrittura e prima ancora di arrivare all'auto parcheggiata ho come una specie di illuminazione.
Oddio, ho davanti agli occhi la trama come sarebbe sempre dovuta essere! Circa a pagina 60 è successa una [@##@t@ che mi ha portata fuori strada, una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere e che mi ha impantanata come Atreiu nella palude della tristezza.
Ma non è tardi per rimediare: sono una scrittrice, sono io che decido e, almeno quando si tratta della storia che racconto io, sono libera di tornare a casa, cancellare venti pagine di cavolate e riscriverle completamente.
Così faccio. Torno a casa, lancio le scarpe nell'armadio, accendo il pc, trovo il capitolo con l'avvenimento sbagliato e lo cancello (non prima di aver storto il naso ed essermi chiesta come cavolo abbia fatto a non rendermi conto fino ad oggi di quanto fosse stupido quel singolo avvenimento).
E poi mi metto a scrivere come un treno.
Se volete, da oggi sentitevi nuovamente liberissimi di chiedermi come stia andando con il libro, perchè adesso avrei un sacco di cose da raccontarvi, in risposta.
La Redazione

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