Si può scrivere un romanzo umoristico o comunque ideare qualcosa d mentre si sta vivendo un periodo particolarmente stressante? Al primo impatto viene da dire: “Eccerto, io ho le palle girate e devo pensare a far ridere altra gente…”. Apparentemente la questione è chiusa. Ma pensiamo un attimo a questo: ci ha fatti imbestialire una persona? Perché non partire all’attacco creando un personaggio simile al nostro bersaglio, da fare a pezzi con una satira caustica e tagliente? Possiamo tranquillamente attaccare da più fronti: aspetto fisico, comportamento, modo di vestire. Stiamo scrivendo, non ci sono sensi di colpa o convenzioni sociali a trattenerci. Possiamo allegramente insultarlo, o creare un secondo
rabbia
personaggio che lo sbeffeggi nelle maniere più impensabili. O che passi alle mani con un pestaggio alla Bud Spencer. L’idea si può tranquillamente estendere ad un gruppo di persone, un’azienda, ad una categoria sociale o anche ad una nazione intera. Uno sfogo con i controfiocchi, ne converrete
Paradossalmente, tornare a casa da lavoro con gli zebedei fumanti, solitamente mi apre le porte a serate particolarmente creative, in cui saltano fuori situazioni e personaggi che a mente fredda magari scarterei, o cambierei in chiave buonista.
L’idea che mi si è fatta strada scrivendo, e di cui sono sempre più convinto, è che il buonismo sia un ostacolo serio per un contenuto comico degno di questo nome. La comicità e l’umorismo buonisti risultano annacquati, poco efficaci: molto spesso si vengono a creare situazioni magistrali che per paura di fare un passo oltre, vengono annacquate e riportate alla normalità.
D’altro canto, quello che viene scritto in fase di furia barbarica, va certamente passato al vaglio a mente fredda più tardi, onde evitare eccessi di turpiloquio e fasi troppo sopra le righe: scremare con attenzione, facendo attenzione a non portare via niente del “buono” scaturito dal vorticare gonadico cui abbiamo dato vita.
E il fegato? Eh, il fegato è un’altra faccenda…