Io ho un grosso problema con la Le Guin: non mi piace come scrive. L'ho trovata noiosa in Il Mago di Earthsea che, infatti, ho abbandonato. E l'ho trovata noiosissima in questo romanzo, che viene quasi unanimamente acclamato come un capolavoro. Non l'ho trovato brutto, ma a causa della scrittura della Le Guin non l'ho apprezzato appieno. Durante la lettura mi sono dovuta fermare più volte, cercare l'ultima parola che ricordavo e ricominciare da lì, perché a un certo punto avevo smesso di prestare attenzione al testo. Ho saltato interi paragrafi, salvo poi costringermi a tornare indietro e leggere tutto.
Quando finalmente ho finito, è stata una liberazione.
Oltre allo stile, che m'ha fatto calare la palpebra, è stata anche la vicenda a non prendermi: l'unico che sia mai riuscito a farmi mandare giù intrighi politici, e persino a farmeli piacere, è stato Harry Turtledove, con il suo Ciclo di Videssos. La Le Guin, invece, mi ha tediata con la lentezza esasperante della sua storia: una linea piatta, in pratica, intervallata da side più o meno interessanti.
Eppure mi dispiace che con La mano sinistra delle tenebre non sia scoccata la scintilla, perché il rapporto tra i due protagonisti – l'umano Genly Ai e il getheniano Therem Harth rem ir Estraven – è notevole, così come notevole è la concezione dei getheniani stessi.
I getheniani sono potenziali e integrali: sono asessuati ed ermafroditi; quando trovano un partner, nel periodo di kemmer, possono virare verso la mascolinità o la femminilità, indifferentemente: l'evoluzione maschile/femminile dipende dall'interazione con i feromoni del partner.
Per la maggior parte del tempo, gli abitanti di Inverno non hanno alcuno stimolo sessuale: questo, unito al fatto che tutti possono restare incinti e che, quindi, non c'è alcuna distinzione tra Uomo e Donna, fa sì che non ci sia disuguaglianza, né prevaricazione, né violenza. Chiunque può dedicarsi a qualsiasi cosa. [...] Si è rispettati e giudicati solo come esseri umani. È un'esperienza spaventosa: questo, secondo il rapporto di un'inviata in incognito, prima dell'arrivo di Genly Ai.
Per lui l'esperienza è sicuramente incomprensibile. D'altra parte, egli stesso è incompreso: agli occhi dei getheniani è un pervertito, perennemente in kemmer.
Genly Ai è solo, su un pianeta in cui non può fidarsi di nessuno, perché è vero che non ci sono guerre, ma gli intrighi politici non mancano, specie tra le due principali potenze – Kharide e Orgoreyn: ognuna delle due interessata non al messaggio che porta, ma al modo di sfruttarlo a proprio vantaggio. E lui non è particolarmente sveglio, eh? Per essere un ambasciatore si fa fregare alla grande, con l'aggravante del fatto che si trova su Gethen da due anni.
Quando è partito, Ai si è lasciato alle spalle tutto: gli amici, la famiglia... Le navi su cui viaggia hanno una propulsione NAFAL (nearly as fast as light): poche ore trascorse su una di queste navi corrispondono a decenni sul suo pianeta, quindi è solo anche perché quelli che conosceva sono tutti morti e il primo volto amico si trova a diciassette anni luce di distanza.
D'altra parte anche Estraven, l'unico getheniano che crede nel suo messaggio, è solo. Solo, perché sa bene che, prendendo le parti di Genly, si metterà nei guai con i potenti di Kharide, la sua patria. Solo, perché ha perso la persona che amava. Solo, perché esiliato.
Il rapporto tra Genly ed Estraven si costruisce poco per volta, in modo tormentoso e doloroso, fino alla comprensione l'uno dell'altro, che avviene durante un difficile viaggio in mezzo al ghiaccio, alla neve e al freddo. Viene abbattuta la barriera di incomprensione fra due rappresentanti di popoli tanto diversi e viene abbattatuta anche la barriera del genere sessuale.
Dopotutto, lui non è più strano, più diverso, più anomalia sessuale di quanto non lo sia io: quassù, sul ghiaccio, ciascuno di noi è singolare, isolato, unico, io che sono tagliato fuori da quelli come me, dalla mia società e dalle sue regole, e lui che è tagliato fuori, allo stesso modo, da tutto ciò che ha conosciuto e gli appartiene. [...] Noi siamo eguali, infine, eguali, alieni, soli.
Therem Harth rem ir Estraven
E allora avevo capito di nuovo, e definitivamente, quello che avevo avuto sempre paura di capire, di vedere, e avevo finto di non vedere in lui: che lui era una donna, almeno quanto era un uomo. Ogni bisogno di spiegare le sorgenti di quella paura era scomparso con la paura; e io ero rimasto, finalmente, con un'accettazione di lui come era. [...] Avevo avuto paura. Non avevo voluto dare la mia fiducia, la mia amicizia a un uomo che era una donna, a una donna che era un uomo.Ne nasce un'amicizia che diventa amore. E questa è la sola parte che mi è piaciuta del romanzo – all'incirca dalla metà del capitolo quindici in poi. A poche decine di pagine dalla conclusione.
Genly Ai
Genly ed Estraven sono ottimamente caratterizzati: tutto ciò che ho apprezzato di La mano sinistra delle tenebre è "merito loro", ma solo a partire dal momento in cui sono insieme: la loro interazione è meravigliosa – alla faccia dello stile soporifero.
Nonostante il buco nell'acqua che è stato questo romanzo, della Le Guin leggerò anche gli altri che fanno parte del Ciclo dell'Ecumene. Ho trovato Il mondo di Rocannon a un prezzo accettabile, considerato che della Le Guin non mi fido più abbastanza da spendere quello che ho speso per La mano sinistra delle tenebre.