Aristotele definiva “abiti del male” quelle inclinazioni, che tendono verso il basso e che turbano l’animo umano, come affezioni dello spirito.
Nel Medioevo le suddette inclinazioni si presentano sotto nuove spoglie, ma con la stessa valenza.
Esse vengono adottate dalla dottrina cattolica, in qualità di antagoniste della somma giustizia, fungono da ostacolo per il raggiungimento della grazia divina, prendono parte attiva alla tenzone fra bene e male, dissidio connaturato nello spirito umano.
Quando si parla dell’uomo, viene spontaneo sottolineare la sua predisposizione all’imperfezione, si dice che errare è umano, perché è umana la sua limitatezza, umano è il difetto, umano è tutto ciò che cozza contro l’impeccabilità, umano è ciò che rende l’uomo un dio mutilato, monco di quelle caratteristiche, che lo elevano ad un’eccepibile statura.
….E umani, quindi, sono i vizi, troppo umani per non sentirci presi in causa nella loro trattazione.
Superbia
Superbo è colui che millanta la sua superiorità, ritenendo che essa non sia frutto di una sua convinzione, bensì verità profonda, radicata in tutto il creato.
Il superbo è ambizioso e mira oltre l’infinito, perché il finito lo annoia e non si confà alla sua natura ribelle, in cerca di quel qualcosa in più.
Quale personaggio migliore potrebbe incarnare tale descrizione se non l’Ulisse dantesco, che osò oltrepassare le Colonne d’Ercole, limite allo scibile umano?
Il superbo è un illuso! Il vero limite sta nel non accettare la propria imperfezione.
Il superbo è un insicuro! È solito nascondersi sotto la sua presunta predominanza.
Invidia
L’invidioso non riesce a godersi la propria vita e si rammarica per i successi altrui, come se dolersi per la felicità degli altri gli desse un qualche compenso.
Il personaggio in questione è un frustrato! Riserva un sogghigno di beffa per tutti coloro che giacciono nella sventura, il broncio, quando quella sventura, si tramuta in gioia.
Ira
L’iracondo è una persona incline alla collera, facilmente irritabile, anche quando il motivo dell’ira è una bazzecola. …L’iracondo ha i nervi labili!
Avarizia
L’avaro è uno povero dentro, che ha bisogno di accumulare ricchezza, nonostante non ne abbia bisogno, per il semplice gusto di collezionare i suoi beni, trofei della sua miseria intellettuale e spirituale.
Lussuria
Il lussurioso è un turbine, avvolge nella morsa del sesso tutta la sua dedizione, non avendo nessun altra occupazione ed interesse se non il piacere sessuale.
Accidia
L’accidioso è vittima di una negligenza esasperata, è colui che rimanda a domani non per mancanza di tempo, ma perché pecca nell’intenzione.
È affranto da un ibrido che abbraccia la noia e l’indifferenza e che lo paralizza nella sua stasi.
Gola
Il goloso è un ingordo, mangia cibo in quantità smisurate, come se fosse l’ultimo pasto della sua vita.
La sazietà per lui è follia.
E la follia è una caratteristica che calza a pennello, quando ci si imbatte nella descrizione di Charles Bukowski, scrittore di origine tedesca, noto soprattutto tra il pubblico giovanile, per la sua tendenza allo scandaloso.
Gli adolescenti , ma anche i più attempati , lo hanno preso come mito, vedendo in lui l’annullamento di ogni tabù.
In Bukowski si concentrano la maggior parte dei vizi di cui abbiamo parlato e si fondono, creando un personaggio a dir poco singolare, che ha fatto parlare molto di sé, per la sua spregiudicatezza.
In lui vivono demoni come la depravazione a sfondo sessuale, nei suoi libri, infatti, sono raccontati numerosi episodi, che vedono protagoniste donne, per così dire, di facili costumi, o come direbbe lui stesso “le mie puttane”, o come lo spasmodico uso dell’alcool, che lo porterà ad avere una vera e propria dipendenza.
Un critico lo ha definito “ lo scapolo disinibito, solitario, antisociale, e totalmente libero”, definizione che fa proprio al suo caso, dipingendo così la sua natura così ambigua.
“Ospedali, galere e puttane: sono queste le università della vita. Io ho preso parecchie lauree. Chiamatemi dottore. “
Fa di questa vita l’oggetto dei suoi racconti, vissuta ai margini della decenza, fuori l’orlo del lecito, perché è risaputo che il lecito, per la sua essenza moraleggiante, si scontra spesso con la dissolutezza, arma a doppio taglio di Bukowski, capace di renderlo celebre ma di distruggerlo allo stesso tempo.
Per sua stessa ammissione, sappiamo che nei suoi scritti, la sua esistenza maledetta veniva enfatizzata, unendo alla cruda realtà elementi fantasiosi.
Ha costruito sulla sua fragilità un mito, preso quasi a modello dalla nuova generazione.
Per quanto possa risultare un mito negativo per alcuni versi, rimane pur sempre attraente, per la sua professione di fede al piacere.
Così viene avvalorata la tesi, sopra citata, secondo cui l’uomo non può far altro che accostarsi all’umano.
In questo caso si tratta di un umano troppo proteso al basso, Bukowski, infatti, ha fatto della sua debolezza un attrattiva.
I più giovani ,così, riescono ad identificarsi più in autori come Bukowski, piuttosto che in personaggi irreprensibili e degni di lode.
Perché? Perché nella condivisione delle loro mancanze, trovano la cessazione di quel senso di inquietudine che perviene dal paragone con il Perfetto o il giusto o l’eticamente corretto, e d’altronde, si sa, che l’assecondare la perversione è più facile che mantenersi probi, e ahimè, la via più semplice fa sempre gola.
Ma il sollievo apparente non è altro che uno dei volti in cui la tentazione cerca di inabissare l’uomo in una via senza scampo..e come direbbe il nostro scrittore “sulla via per l’inferno c’è sempre un sacco di gente, ma è comunque una via che si percorre in solitudine”.