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complicità con la dittatura militare, la lettera con cui i vescovi argentini chiesero perdono al loro popolo

Creato il 15 marzo 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Lo scorso marzo, nel trentesimo del colpo di stato di Videla, il presidente dei vescovi argentini Jorge Mario Bergoglio ha indotto i vescovi ha pubblicare una lettera che sta circolando per il Web. La si può trovare su Reset-Italia come su controlacrisi.org . La missiva reca agli argentini il senso di colpa e chiede perdono per l’evidente complicità che ci fu con il ferocissimo regime militare. Un passo è assai chiaro. Non so come non si possa definire un mea culpa. La lettera non è rivolta a noi: solo agli argentini. Dovrebbe però essere rivolta all’umanità intera, perché i crimini della dittatura argentina hanno offeso l’umanità, non solo i concittadini di Bergoglio. In quanto esseri umani non possiamo perdonare un dittatore e i suoi complici al punto da considerarli esempi di virtù! La storia, i popoli, non amano i dittatori dopo che sono usciti di scena. Si rivolge lo sguardo agli esempi di virtù civile, si cerca di imparare qualcosa da chi fece cose meravigliose. Tirare avanti accanto a un dittatore non è un gran bell’esempio.  Ecco un brano significativo della lettera.

“Questo, avvenuto in un contesto di grande fragilità istituzionale e reso possibile dai dirigenti di quel periodo storico, ebbe gravi conseguenze che segnarono negativamente la vita e la convivenza del nostro popolo. Questi fatti del passato che ci parlano di enormi errori contro la vita e del disprezzo per la legge e le istituzioni sono un’occasione propizia affinché come argentini ci pentiamo una volta di più dai nostri errori per assimilare l’insegnamento della nostra storia nella costruzione del presente”.

Si fa molta confusione su questo argomento. Noi stiamo parlando non del significato religioso dell’operato del nuovo papa, bensì del suo valore civile: sono due ambiti nettamente distinti.

Quando si impone una dittatura, le persone animate da passione per la democrazia possono ribellarsi anche a rischio della vita. Le vittime delle dittature, nella storia, sono state moltissime ed è ben noto.

Quel che questo blog sottolinea è che Bergoglio non può essere additato, dal punto di vista civile, come un eroe e un fenomeno se non si oppose manifestamente e senza dubbi a una dittatura. Ripeto: dal punto di vista civile.

E’ noto che alcuni sacerdoti si ribellarono: furono torturati o uccisi. A loro va la nostra ammirazione.

Borges accettò non solo una laurea honoris causa da Pinochet, ma anche una cena col dittatore.

Pirandello entrò nelle grazie del fascismo.

Federico Garcia Lorca, ribelle, fu ammazzato dal regime spagnolo.

Il deputato socialista Matteotti denunciò in Parlamento i crimini del fascismo: fu torturato e ammazzato.

Non si può obbligare nessuno a fare l’eroe. Se però nessuno mai si fosse ribellato alle tirannie in generale oggi la cultura democratica avrebbe qualche grave problema in più, fra i tanti che già deve affrontare!

La chiesa cattolico, aggiungo, è una societas juridice perfecta. Non ha bisogno di riconoscimento o legittimazione da parte di alcun’altra autorità. E’ estranea agli altri Stati e segue norme proprie e non predica la democrazia, bensì il vangelo. Lo fa poiché si autolegittima, trovando da sola fondamento della propria autorità proprio nelle sacre scritture che essa stessa afferma come sacre.

Dunque il cattolico come tale non risponde di fronte ai princìpi della cultura civile democratica. Tutela e diffonde altri princìpi, che ciascuno è libero di condividere o no.

Ma qui stiamo parlando di stato civile, di pensiero democratico, di princìpi di fondo della democrazia, oggi in Italia molto formale.

Parliamo comportamenti e scelte che sono estranei alla chiesa cattolica come tale. Quindi qui non si sta facendo alcun processo ad alcun papa. Stiamo dicendo che, in quanto cittadino, il futuro papa non risulta fra coloro che si opposero in modo chiaro ed esplicito al regime. E questo, da un punto di vista civile, è importante. Ma non condanniamo chi non sacrificò la propria vita. Ricordiamo che Gesù di Nazareth, in quanto cittadino dell’impero romano, di un regime imperiale addirittura, fu crocifisso come sovversivo dai Romani (non dagli ebrei!).


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