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Compro Oro: Prezzemolo in ogni minestra?

Creato il 18 novembre 2013 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

I “Compro Oro“: un altro fenomeno prodotto dalla nostra cara e necessaria CRISI

compro oro Compro Oro: Prezzemolo in ogni minestra?

Mentre passeggio noto alcuni negozi smantellati. Lì per lì non ci bado più di tanto. Passata una settimana, mi capita di passare di fronte a quei vecchi negozi dismessi. Ma che sorpresa! nuovi compro oro. Pubblicità a tappeto per la città con tanto di uomini sandwich, che per farsela passare ascoltano, giustamente, l’mp3. Ci sono negozi con le vetrine extra-large dove le parure e i gioielli sono messi in bella mostra, in ambienti luminosi e splendenti come vere e proprie gioiellerie. Ma ci sono anche compro oro claustrofobici, annidati tra un palazzo e l’altro, con le vetrine coperte dai loro poster pubblicitari forse per trasmettere un senso di riservatezza ed intimità al cliente. Ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le tipologie di clienti.

Questa realtà va un po’ a cozzare con la mia idea dei compro oro sempre più sovrapposta al grigio e austero Monte di Pietà. Ma questa è un’eresia! Sono due cose diverse, ma complementari. Il monte dei pegni ha una tradizione più antica: è nato verso la fine del XV secolo dall’iniziativa dei frati francescani, come prima forma di microcredito a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato. Ma nessuno dà niente per in niente, infatti, per godere del credito si doveva dare in cambio un pegno e pagare un interesse con il fine di riscattare i preziosi di famiglia, entro un certo periodo di tempo. Scaduto il periodo, l’oggetto era venduto all’asta. Ovviamente questa bontà retorica fa da sfondo ad un uso molto differente di questa istituzione finanziaria, ma non è questo il luogo in cui discutere dei suoi diversi usi più o meno etici.

I compro oro invece, più giovani e competitivi, ti offrono l’equivalente del “patto con il diavolo”. Pagano gli ori con percentuali più alte del monte di pietà, non ci sono interessi, hai i contanti subito e non ti indebiti due volte. Rinunci sì alla proprietà dei tuoi ori, ricordi di comunioni e battesimi, ma sei tu cliente che dovresti liberarti delle cose che non vuoi. Peccato che anche questa sia una falsa retorica, peccato che la loro nascita fungina sia un campanello d’allarme.

Bisogno di liquidità sì, ce lo conferma il Rapporto Italia 2013 dell’Eurispes. Il 28,1% degli italiani si è rivolto ad un “compro oro”. Rispetto all’anno scorso si è registrata un’impennata dell’8,5%.

Uno studio di Ranieri Razzanti (2013) sui compro oro delinea anche le caratteristiche dei clienti. La fascia pare abbastanza ampia. Oltre ai “poveri ufficiali” (R. Razzanti, Compro oro, finanza e legalità) ci sono le persone che vivono in una situazione di forte fragilità economica. Questa situazione li ha portati a modificare, più o meno sensibilmente, il proprio tenore di vita. Ciò significa che nella vita quotidiana hanno difficoltà a pagare la spesa, il muto o perfino le cambiali. Visto che in questi anni il potere d’acquisto dei nuclei familiari si è ridotto sensibilmente, si può affermare che si è verificato un cambiamento di priorità delle famiglie e dei singoli individui. Da una mentalità orientata al risparmio, si è passati ad una mentalità orientata alla sopravvivenza o al mantenimento del tenore di vita che si aveva in passato. Quindi, per sopperire al bisogno di liquidità si contengono le spese, si tagliano le vacanze e ci si rivolge sempre più frequentemente ai compro oro della propria città per avere a disposizione una somma di denaro in poco tempo, senza impelagarsi negli iter dei prestiti bancari. Basta semplicemente googlare “Compro oro Italia” e compaiono 3.904 risultati.

La cartina su google maps sembra affetta dalla scarlattina. Le zone più tempestate dai compro oro sono la Lombardia, il Lazio, quasi tutta la costa Adriatica, la Puglia, la Campania, la Sicilia e la  Sardegna. Invece, la Toscana, la Calabria e la Basilicata sono le regioni nelle quali si registra una bassa/bassissima presenza. Avendo origini calabresi, mi viene subito da dire che in Calabria non abbiamo bisogno dei compro oro, perché ci sono tanti altri modi per riciclare il denaro sporco senza avviare per forza un’attività in franchising. Per non parlare poi dell’elevato attaccamento ai beni familiari. Piuttosto faccio la fame, ma gli orecchini della comunione regalati da Zia maria col cavolo che li vendo. Per le altre due regioni non so cosa dire, come non so spiegarmi l’esistenza di questo gap legislativo sui compro oro relativo agli aspetti che riguardano la tutela dei clienti e i controlli di tipo finanziario. Anche se dei passi in questi senso si iniziano a fare.

Dico questo perché da recenti studi sul fenomeno e dalle indagini svolte dalla Polizia, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, è emerso che nel 60% dei casi alcuni negozi sono stati soggetti ad attività delinquenziali, tra le quali emergono casi di riciclaggio ed evasione fiscale (E. F. Torsello, “Compro oro” a rischio illegalità, in «Il Sole 24 Ore», 20 aprile 2011). Sarà causa della mia formazione da sociologa, ma questo 60% per essere significativo e di impatto immediato, doveva essere affiancato dal totale dei negozi indagati, con i dovuti riferimenti geografici. Anche se nel lavoro di Ranieri Razzanti si afferma che il dato è documentato dalle numerose attività di polizia giudiziaria. Inoltre, è stato confermato nella Relazione introduttiva alla proposta di legge ed. “Mattesini” e ribadito nella Commissione Attività Produttive alla Camera dalla relatrice proponente.

Per concludere, sembra sempre di più che i compro oro siano funzionali ai diversi bisogni, più o meno etici, del nostro sistema sociale non più in equilibrio. Infatti, proprio durante questi periodi di recessione l’uso della parola crisi è come se aiutasse a razionalizzare la sopportazione di diversi sacrifici economici derivati da alcune soluzioni governative, che tendono a gravare proprio sulle classi sociali medio/basse maggiormente coinvolte nel circolo vizioso della cosiddetta crisi.


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