Raccontano che Nero abbia ucciso più uomini che l'inverno, e si sia fatto strada per conquistare il trono del Nord su un cumulo di teschi. Raccontano che il Re dell'Alleanza non se ne sia rimasto a guardare sorridendo mentre l'altro avanzava con furia crescente. Gli ordini sono stati dati e gli eserciti dei due opposti schieramenti sono alle prese con le terre fangose del Nord. È verso una collina dimenticata da tutti, conosciuta come Gli Eroi, che stanno convergendo migliaia di soldati. Con loro hanno un sacco di metallo affilato...
Tre sanguinosi giorni di battaglia decideranno il destino del Nord. Intrighi, debolezze, ostilità e meschine gelosie piagheranno gli eserciti nemici - da una parte l'irreggimentata Alleanza, e dall'altra gli astuti guerrieri del Nord - sfiancandoli ogni giorno di più, ed è improbabile che, alla fine, saranno i cuori più nobili e le armi più potenti a prevalere.
In The Heroes la brutale e realistica cronistoria di un'imponente battaglia lunga tre giorni incontra l'epic-fantasy. A fronteggiarsi due armate, una molteplicità di personaggi, ognuno con il proprio punto di vista, e persino due donne, Portento e Finree. I loro animi pusillanimi sono agitati da bieche ambizioni e vizi, le loro menti tessono astuti piani, ma a guidarli e a decidere del loro destino è un'unica, ferrea e ineluttabile logica: quella della guerra. Nessun'altra morale è loro consentita. Al combattere non ci si può sottrarre perché "combattere è vivere"; questa è la loro missione e forse, nella fede con cui la assolvono, risiede l'unico eroismo permesso. Che la guerra non abbia nulla di glorioso lo sanno bene i guerrieri di Abercrombie, e lo sanno al punto di apparire cinici, eppure al contempo, profondamente umani nella loro debolezza e imperfezione. "La cosa giusta non è mai quella più sicura da fare", riflette a un certo punto un personaggio, e un altro commenta: "Quasi ti chiedi perché uno sceglie di fare quello che facciamo [...] forse siamo troppo codardi per fare qualunque altra cosa".
Con umorismo tagliente e una scrittura dal ritmo incalzante, quasi cinematografica per la velocità con cui sa tratteggiare, cambiare e spostare immagini, volti e scenari, Abercrombie descrive uno scontro campale che, seppur inventato, restituisce in pieno il senso della guerra. E proprio quest'ultima diventa la metafora per raccontare il mondo, per riflettere su sentimenti e concetti universali quali l'onore, la fedeltà, la gloria e l'umanità. È per questo che dello sporco mestiere delle armi - ma si potrebbe dire dello sporco mestiere del vivere - l'autore non tralascia né disdegna nulla; catapultando il lettore nella vita quotidiana dei combattenti, gli mostra la noia e l'angosciante monotonia dei tempi morti negli accampamenti, il terrore sul fronte, la caotica casualità della battaglia, la desolazione, facendogli persino sentire il fetore delle ferite.
Quello di Joe Abrecrombie non è il classico romanzo fantasy, fatto di incantesimi e strane creature, ma un'opera insolita e potente. Per lo studio in dettaglio di armi e armature, spostamenti di truppe e battaglioni, la si potrebbe considerare quasi un esempio di letteratura bellica medievale. Leggendo The Heroes, insomma, ci si sente molto più vicini alle atmosfere del Martin di Le cronache del ghiaccio e del fuoco (da cui sono stati tratti il videogioco di ruolo "Game of Thrones" e la famosa serie tv "Il trono di spade"), che ai mondi fantastici di Tolkien. Ed è nel solco del nuovo realismo epic-fantasy, riportato al successo proprio da Martin, che Abercrombie si inserisce in modo brillante e autorevole.
A (2007) seguono e La trilogia Joe Abercrombie nasce a Lancaster nel 1974. È il 2002 quando, allora studente di Psicologia all'Università di Manchester, pensa di scrivere una trilogia fantasy e inizia la stesura del primo episodio. Trasferitosi a Londra, lavora come montatore freelance e produttore di format televisivi di vario tipo e termina di scrivere quello che diventerà The Blade Itself They Are Hanged Last Argument of Kings The Blade Itself. Dopo aver incassato lo scetticismo di alcuni degli agenti letterari più influenti del Regno Unito, Gollancz (storica etichetta britannica famosa per essere, tra gli altri, l'editore di George Orwell) ne acquista i diritti, vincolando Abercrombie a pubblicare l'intera serie per un giro d'affari a 7 zeri. (2008). The First Law si rivela un enorme successo tra i lettori anglosassoni. The Blade Itself, in particolare, è un vero e proprio boomerang editoriale: Abercrombie viene riconosciuto come miglior nuovo scrittore fantasy ed è finalista al prestigioso John Campbell Award, moltissimi Paesi inoltre acquistano i diritti del volume.
Sempre Gollancz pubblica i romanzi - singoli e ambientati nello stesso mondo di TheFirst Law - Best Served Cold (2009) e The Heroes (2011).
"Sono partito dalla prospettiva che, in realtà, sono pochi coloro che si sentono eroi tutti i giorni e in ogni situazione, ma che chiunque, approssimativamente, è capace di azioni ritenute valorose, o giuste, o nobili, o di sacrificio nelle dovute circostanze". L'autore, Joe Abercrombie
"Joe Abercrombie è probabilmente la stella più brillante della nuova generazione di scrittori fantasy inglesi. [...] Non ha mai sottovalutato le atrocità che le persone possono infliggere l'uno all'altro, né le indelebili, e spesso inaspettate, conseguenze. Scrive romanzi brillanti, ben ritmati, che non perdono mai la presa. Le scene di azione sembrano cinematografiche nel senso migliore del termine. I multisfaccettati personaggi fanno il resto". The Times
"Sanguinario e cruento, ma mai gratuito, intriso di un umorismo tagliente. Stile brillante e di riflessioni pungenti sulla debolezza dell'umanità. Splendido. Deliziosamente tortuoso e diabolico". The Guardian
"Immaginate Il Signore degli anelli diretto da Kurosawa". Wall Street Journal
"Nei romanzi di Abercrombie [...] è possibile immaginare la traiettoria delle lame, il loro fragore metallico, il sudore, il sangue, l'ironia degli uomini in battaglia. Di George R.R. Martin Abercrombie possiede la determinazione e la brutalità nell'uccidere e mutilare i suoi personaggi. [...] Uno spettacolare, avventuroso e divertente resoconto di una battaglia di tre giorni - corredata dalla leggiadra violenza di Kurosawa - che non lascia eroi, solo sopravvissuti". Time Magazine
George R. R. Martin ha detto di Joe Abercrombie:"[...] un Dumas che dialoga con Michael John Moorcock. [...] Battaglie formidabili e viscerali, azione brutale, ritmo impetuoso, Abercrombie accumula tradimenti e ribaltamenti prospettici, e la narrazione si dipana in maniera vertiginosa, spingendo il lettore a chiedersi come andrà a finire".