È proprio vero che la gravidanza ed il parto segnano una netta linea di confine tra il prima ed il dopo, niente è più come allora perché tutte le cose che vivi, passano attraverso il filtro di un nuovo sguardo con il quale osservi, studi, leggi e vivi il mondo.
È lo “sguardo di mamma” a filtrare la realtà con nuove emozioni ed una tenerezza aggiunta. È come se si fosse aperto un rubinetto di emozioni canalizzate a dispensare attenzioni e cure a chiunque, a chi ci sta a cuore e a chi nemmeno conosciamo, se non attraverso i media (ormai mi viene da piangere anche solo a sentire il TG e per questo evito da tempo di guardarlo).
Uno stesso evento assume un significato completamente diverso. Di fronte a matrimoni, nascite, lutti, l’emozione provata era certamente forte eppure, paragonandola a ciò che sento ora di fronte alle stesse situazioni, mi sembrano quasi vuote.
La maternità, ad iniziare dal periodo della gravidanza, tira fuori qualcosa di atavico, un contatto genuino con emozioni talvolta dimenticate, con la nostra infanzia, con i genitori interiorizzati, con i bisogni insoddisfatti e i desideri disattesi, ma anche con tutta la pienezza che solo un ventre pieno di VITA sà portare. In più, il diventare madre ti espone in automatico a “sentirti materna” in tutto ciò che fai, come se non bastasse il tuo pregresso spirito da crocerossina missionaria.
Praticamente adesso, qualsiasi evento della vita sembra mi riguardi da vicino perché in ognuno di essi c’è sempre di mezzo, irrimediabilmente, un figlio e di riflesso una madre.
Qualche giorno fa è arrivato un nuovo cucciolo nella nostra famiglia e con sé ha portato emozioni vissute tempo addietro, ma con un carico tutto speciale. L’ansia dell’attesa, la paura del dolore, la gioia al suo arrivo sono state così intense da aver vissuto vicariamente un vero e proprio “parto”, se pur a partorire non sia stata io, ma una delle persone più importanti della mia vita.
Qualche giorno prima parlavamo io, mia sorella e mia madre, in una delle nostre riunioni al femminile. Nostra madre le dice, guardandola con tenerezza: “Se avessi potuto, mi sarei presa io il dolore che ti aspetta”, mentre mia sorella aggiunge, in pieno contatto emotivo “Io per mio figlio lo farei se mai fosse possibile” ed io cinicamente ho risposto: “Eh no, ad ognuno il suo!”, presa in realtà da un’immensa ondata di amore che al momento ho preferito gestire con distacco. Invece, avrei voluto alleggerirle parte del dolore, immaginandone in anticipo la sofferenza. A guardare il tutto con gli “occhi di mamma”, mi sono emozionata a vederla mentre la portavano in sala operatoria perché anche lei è un pezzo di me e il nuovo arrivato è un pezzo di Noi, della nostra Famiglia.
Che gioia vederlo appena nato, con la calma che già lo contraddistingue (si è fatto attendere parecchio), così uguale a suo fratellino. Sembrava mi scoppiasse il cuore, impegnata a nascondere parte di quell’emozione che a momenti sentivo esagerata, nella sua meravigliosità. Pensavo a qualche ora prima…si percepivano i suoi movimenti solo attraverso la pelle che lo custodiva, era un vedo-non vedo, una presenza raccontata da un corpo, un nome senza volto e delle etichette già confezionate prima ancora del prodotto finale. In fondo se l’è un po’ cercata, ci ha fatto aspettare oltre il termine previsto ed ora si becca la nomea di “pacioso”. Adesso eccolo qua, a dormire beato perché infondo stava tanto bene là dentro e fosse stato per lui sarebbe rimasto qualche altro giorno e la sua mamma ancora indolenzita, con il sorriso stampato in un arco della bocca che a momenti va all’ingiù per la stanchezza, per la preoccupazione per chi c’è già, per la paura del dopo, per la malinconia degli ormoni ancora impazziti. Anche di quello vorrei prendermi cura come una madre, pur sapendo che ognuno ha risorse per farcela, pur riconoscendo che tutte le persone possono trovare la forza per affrontare le difficoltà. Ma che ci vuoi fare? Al “cuor di mamma” non si comanda…