Oggi è morto il dr. Jack Kevorkian. Forse per alcuni è un nome non completamente sconosciuto. Si tratta infatti del medico americano che tra il ’90 e il ’98 fu pioniere della cosiddetta “eutanasia”, ovvero il “procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica”. In questo lasso di tempo il dottor Kevorkian assistette 130 malati terminali, fornendo loro la possibilità di una dipartita dignitosa e clinicamente controllata. Egli dovette ricorrere ad uno stratagemma per non essere accusato di omicidio: inventò un metodo attraverso il quale il paziente, premendo un pulsante, metteva in funzione uno strumento che, attraverso metodi differenti a seconda del tipo di malattia, poneva fine alla sua vita biologica. In questo modo, Kevorkian non poteva essere accusato. Tuttavia, nel 1998, egli commise un errore, facendo lui stesso un’iniezione letale a Thomas Youk che non era in grado di poter premere il pulsante, essendo affetto da sclerosi multipla in stadio terminale. Mandò poi in onda un filmato dove mostrò cosa aveva fatto, e sfidò l’autorità giudiziaria a condannarlo o ad ammettere una volta per tutte che l’eutanasia era un diritto. Fu condannato per omicidio di secondo grado e trascorse 8 anni in prigione. Una volta fuori, non smise mai di combattere a favore di una legislazione dell’eutanasia.
La voglia di raccontare questa storia mi è venuta leggendo cosa il Corriere della Sera ha osato pubblicare a proposito di questa notizia. Come potete notare, non si tratta di un articolo, ma di un trafiletto non firmato. Ora, che il Corriere sia da sempre contro l’eutanasia è una cosa nota, ma che ricorra a questi mezzucci da stampa di regime per difendere la propria causa è inaudito.
Proporre una notizia con questi termini significa infatti assegnarle un tacito ma evidente giudizio di valore. Affermare che Kevorkian si è “guadagnato” il “triste” soprannome di “Dottor Morte” significa infatti essere d’accordo con questa nomenclatura. Cosa non di poco conto, perchè questo soprannome è già stato assegnato ad un famoso medico: Josef Mengele (detto anche “Angelo della Morte”). Medico nazista ed ufficiale delle SS, il dott.Mengele ha torturato ed ucciso un numero indefinito di pazienti ad Auschwitz. In particolare, si diede molto da fare a sterminare tutti coloro i quali risultavano inadatti al lavoro, onde creare in futuro una sorta di “umanità perfetta”, scevra da ogni tipo di difetto genetico. Questa pratica nazista viene chiamata in Germania “Euthanasie”, che letteralmente è un sinonimo della nostra “eutanasia” ma non viene più usato, proprio per la connotazione che ha storicamente assunto. Si parla infatti di “Sterbehilfe”, che si può tradurre con “morte assistita”.
I detrattori che hanno chiamato Kevorkian “Dottor Morte” lo hanno fatto evidentemente per paragonarlo al medico nazista che uccideva i “non adatti”, ma il Corriere si guarda bene dal dirlo, affermando addirittura che se lo sarebbe guadagnato. Inoltre affermare che Kevorkian è stato condannato per “la attività a favore dell’eutanasia” non solo è spudoratamente falso, ma trasmette l’idea che chiunque sia a favore dell’eutanasia sia una specie di criminale.A mio parere, ognuno di noi ha il diritto inalienabile di disporre della propria vita e di decidere quando è il momento di porle fine: garantire un’assistenza medica a chi non vuole più vivere dovrebbe essere un punto fondamentale di ogni democrazia. Ma da noi non se ne parla in questi toni, si preferisce parlare di chi è “per” e di chi è “contro la vita”, e quando muore uno dei pionieri di questa battaglia tutta la sua storia viene liquidata in un paragrafetto pieno di errori dove l’unica cosa chiara è che è stato condannato ed era conosciuto come “Dottor Morte”
Se questo è il livello della nostra stampa, dalla democrazia siamo lontani anni luce.