di Liliana Adamo
E’ il Sahara, forse, il deserto più bello al mondo, con le sue distanze infinite, le notti rischiarate dalle stelle, i gesti millenari delle guide tuareg, i silenzi. In un viaggio attraverso “il grande vuoto”, sarà utile acquisire alcuni gerghi in uso: le oasi sahariane si chiamano jennat, le grandi dune di sabbia, erg, la sorgente sotterranea o la pozza d’acqua piovana che si sedimenta tra le rocce, si chiama guelta, mentre, hammada è la piana rocciosa perpendicolare, caratterizzata da fenditure, tappezzata da una crosta secca e friabile e hofra è il nome dato alle depressioni, le più note si chiamano chott e sono bacini inariditi di acque saline.
Libia/Egitto
Il Sahara si apre agli occhi attraverso le montagne dell’Acacus e dei wadi Mathendush, ma valicando le dune sbucano i laghi Mandara, Gabra’Un, Umm El ma e le maestose dune rosse dell’erg di Marzuk. Probabilmente, le esperienze sahariane in Libia sono fatte per gli specialisti, tuttavia, viaggiatori poco esperti possono aggregarsi e lasciarsi guidare in un esercizio di volontà e disponibilità per intraprendere un percorso che diverrà, man mano, memorabile. La terra sahariana è policromatica e variegata nelle sue forme e strutture: ovunque si levano archi, torrioni, pinnacoli, come in una grande architettura naturale, vere cattedrali di roccia nel deserto. In Fezzan, regione sahariana della Libia, la natura si è divertita a creare un complesso d’attrattive paesaggistiche uniche e irripetibili. I laghi azzurri sono incastonati fra dune color zafferano, le oasi, come quella di Giarabub, conservano conchiglie fossili intarsiate in rocce bianche come alabastro, i crateri, come la spettacolare bocca del Wan En Namus, nei pressi della grande oasi di Cufra, hanno perfetti coni vulcanici circondati da sabbie corvine, laghi e palmeti, luoghi assolutamente magici che sembrano partoriti da un asteroide alieno.
In tutto questo, non mancano antiche città romane ben conservate, come Leptis Magna, pitture rupestri nascoste qua e là, tra le rocce e a sud, verso la città di Bengasi, ecco aprirsi la nervatura costiera del Mediterraneo, non prima d’aver attraversato la dolce distesa del Gran Mare di Sabbia, al confine con l’Egitto. Qui, tra il Sahara e il mare, sorgono antiche vestigia, dalla Cirenaica greco-romana, come le archeologie di Tolemaide, Cirene e Apollonia, alla Tripolitania dell’imperatore romano Settimio Severo, come la splendida città di Sabrata.
Al primo impatto col Deserto Occidentale, al confine tra Libia ed Egitto, c’è la certezza che l’altopiano del Gilf Kebir, a sud della frontiera, rappresenta la meta sahariana più isolata e dunque, più ardua da raggiungere. Più che un viaggio di piacere, l’attraversamento diventa una vera e propria spedizione. A questo punto, solo piccoli gruppi condotti da una guida di grande esperienza, con auto ed equipaggiamenti ineccepibili, possono garantire, con la necessaria sicurezza, il buon esito di una “missione” che durerà all’incirca dieci giorni e oltre millesettecento chilometri di percorso.
Tale sforzo sarà ben ripagato, perché qui il Sahara offre il meglio di sé; anche se fu abitata dagli antichi Egizi, tutta l’area è ferma all’era preistorica con creazioni rocciose che sembrano tinteggiate di un bianco accecante: le valli inesplorate del Gilf Kebir, l’indecifrabile Silica Glass, detta “Pietra Verde del Deserto”, le Valli Fossili del Gran Mare di Sabbia. E’ un territorio dove non esistono strade o piste e fu in questo Deserto dai Mille Misteri o Deserto Bianco, che svanì un’intera armata, quella del re persiano, Cambise. Dall’oasi di Siwa, a quella di Farafra, tra dune, laghi, i templi di Siwa e le necropoli di El Baharein, i paesaggi divengono grandiosi e incontaminati, selvaggi e ascetici. Oltre Farafra c’è il Nilo e sulle sue sponde, Luxor, poi Port Safaga e Hurghada e si apre un nuovo scenario legato al così eletto Acquario di Allah, o meglio, al Mar Rosso ma questa è un’altra storia che vale la pena raccontare per intero.