Questo per mostrare come la pochezza del ceto politico trasformi ogni strategia, opportunità e tragedia in gioco, trucco, presa in giro, magari a difesa a oltranza, bustarella per bustarella, dei lati più opachi di queste operazioni. Non c’è dubbio che con questi condottieri la sconfitta in pace e in guerra, è una certezza, tanto che non ci vuole un genio per ipotizzare come la stravagante e improvvida belligeranza di Pinotti e Gentiloni, avesse come scopo proprio quello di far passare l’acquisto degli aerei e poi dare a Renzi l’occasione di passare da saggio . Senza far caso alla circostanza che alimentare in proprio i venti di guerra è già una catastrofica sconfitta per l’Italia che si troverebbe a supportare le ambizioni francesi sul Fezzan e quelle egiziane sulla Cirenaica, venendo di fatto esautorata bene o male da un Paese letteralmente creato dall’Italia: fino al 1934 la Libia in quanto tale nemmeno esisteva, era solo un collage di regioni tribali variamente denominate. Fu Italo Balbo a creare il governatorato generale di Libia, sul modello dell’ Africa Proconsolare romana e ispirandosi alle suddivisioni create dall’ imperatore Settimio Severo, originario di Leptis Magna e con moglie siriana (tanto per fare qualche curioso parallelo) madre di Caracalla.
Ovviamente la Libia è nel caos da quando la sventurata coalizione dei volonterosi ha fatto fuori Gheddafi, senza alcuna prospettiva che non fossero la creazione di caos, obiettivo strategico degli Usa e le ambizioni neocoloniali francesi: fu allora che vennero armate le fazioni che oggi spadroneggiano. L’unica novità è che alcuni gruppi adesso dicono di essere con l’Isis e non per esempio con al Qaeda, una sorta di auto franchising nel liquido mondo delle ambizioni transnazionali arabe: una guerra contro di loro oltre a essere basata interamente su una narrazione occidentale non potrebbe che essere un regalo proprio al Califfato che dimostrerebbe di essere la speranza del mondo arabo unito contro i crociati occidentali. Alcuni dei quali, noi, con un passato coloniale del quale abbiamo persino chiesto scusa durante carnevalata a Roma con odalische e tende del deserto: di certo alle nostre truppe sarebbe riservato un trattamento “privilegiato”.
A guadagnarci da tutto questo è in particolare Washington che dopo aver fallito l’obiettivo Assad, ha trovato nell’Isis un perfetto strumento di divide et impera, una spada con cui tenere a bada cambiamenti nelle petromonarchie e per sostenere i regimi militari “amici” come quello egiziano, nonché uno spauracchio per le opinioni pubbliche occidentali. E infatti la campagna anti Isis va avanti blandamente, nella speranza di una frammentazione dell’Irak. Rimane da porsi la domanda: quanto una Libia divisa in decine di fazioni, trasformata in un maelstrom proprio dall’Occidente, danneggi gli interessi italiani e se essi al contrario non siano messi in pericolo proprio da un’eventuale guerra di pacificazione nella quale Usa e Francia farebbero la parte del leone. Non appena cominciamo a risponderci, capiamo che saremmo gli ultimi a dover spingere su un conflitto che oltre a enormi danni di bilancio e sacrificio di vite, ci vede perdenti in partenza. Farlo poi per scopi trasversali è davvero indegno. Del resto non sarebbe nemmeno difficile e oneroso ridurre il traffico di clandestini con una sorveglianza delle carrette del mare che vengono usate per il trasporto di merce umana, prima che esse siano caricate di profughi e clandestini. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di F 35, ma forse verrebbe meno un alibi .