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L'autostop, per me, è uno dei modi più affascinanti di viaggiare. La meta perde importanza e il viaggio acquista una sua dimensione immaginifica.
Tra i miei desiderei maggiori c'è sempre stato quello di viaggiare in moto; è il mezzo che più di altri è sinonimo di libertà. Sarà stata l'influenza di Easy Rider? Ma una moto mia, che fosse degna di tale definizione, non l'ho mai posseduta e quindi mi sono avventurato per piccoli tratti in sella al mio cinquantino truccato Piaggio Bravo. Avevo un suo fascino.
Perciò,quando mi capita di incontare o leggere di gente che si muove e viaggia in moto ne rimango ammaliato e ciò solletica i miei desideri sopiti.
C'è in giro per l'Italia un certo Marco Giovannelli, giornalista, ...viterbese di origine, varesino di adozione, cittadino del mondo...che a bordo della sua Vespa sta attraversando la penisola italica.
Nel suo giro d'Italia, la tappa in Basilicata è Maratea. Colpito dalla sua dimensione, incantato dal borgo, descrive così la cittadina lucana:
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«Si tutti ierunu ngoppa, tu a chistora ancora erisi indì giruni». Mauro è addetto al parcheggio da dove si può salire al Cristo redentore. Dopo un po’ che discute con un tizio che non intende pagare, perde la pazienza.
«Perché non potrei salire con la macchina? E dove sta scritto che è vietato? Se non mettete i cartelli io vado dove mi pare». Il tipo scende minaccioso dalla sua auto. Dentro sono rimasti due ragazzini che strillano e la madre che prova a farli star zitti.
Mauro gli indica il divieto di accesso e gli spiega che “se tutti salissero su, a quest’ora lui sarebbe in coda sui tornanti”, perciò conviene anche a lui parcheggiare lì e proseguire con il bus navetta.
Il tipo non me vuole sapere di tirar fuori quattro euro, gira e se ne va.
«Nei mesi di luglio e agosto, – mi racconta Mauro – quando l’accesso alle macchine è chiuso, noi gestiamo il parcheggio e i trasferimenti fino alla chiesa. Ci sono giorni che salgono anche quattromila persone».
Il Cristo redentore è uno dei punti forti dell’attrattiva turistica di Maratea. La statua è imponente. Alta ventidue metri, con una apertura delle braccia di diciannove, spicca in alto sulla montagna del rione San Biagio, e la si vede anche dal mare. Di notte è illuminata e si può salire fino a mezzanotte.
Il Cristo redentore per grandezza è secondo solo a quello di Rio de Janeiro in Brasile e per arrivare in cima hanno costruito delle rampe di accesso sospese nel vuoto. Una volta lassù, la vista non ha uguali, e capisci perché Maratea sia terra di mare e di montagna.
Arrivo nella piazzetta della chiesa e alcuni fedeli, grazie a degli altoparlanti all’esterno, stanno ascoltando la Messa. Intanto in un residence vicino ci sono le prove per una serata danzante, e così all’omelia del parroco si sovrappone una improbabile disco dance.
La Basilicata, una volta percorsa tutta la costa calabra, è l’unica regione che incontrerò di nuovo. Ha una striscia di mare sul Tirreno e un’altra sullo Ionio. Dopo l’uscita del film di Rocco Papaleo, Basilicata coast to coast, ( #FriendFeed) nei vari luoghi in cui è ambientata la storia arriva tanta gente che vorrebbe rivivere l’odissea di quella band che aveva deciso di attraversare a piedi la regione impiegandoci dieci giorni, invece delle due ore necessarie con la superstrada. Si scopre così una terra ricca di scorci, di storia, di vita.
«Il film ci ha fatto tanta pubblicità, – mi racconta sempre Mauro, quello “dell’ngoppa” del redentore – ed è partito proprio da qui, con le riprese del Cristo. Potevano però far vedere altre cose del nostro paese. Hanno lasciato fuori il mare che è il più bello della Lucania. Ormai però ci siamo abituati, perché quelli dell’altra costa hanno sempre maggiori attenzioni. Sono cinque anni che si è spaccato un braccio del porto e non trovano i soldi per sistemarlo. Appena succede qualcosa nel Metapontino invece intervengono subito».
Sulla bellezza del suo paese Mauro ha ragione. La strada che porta a Maratea da Sapri non te l’aspetti. Dopo chilometri di costiera sorrentina e amalfitana pensavo di aver visto tutta la bellezza possibile del mar Tirreno. Sbagliavo. La discesa verso Maratea incanta per un’acqua blu, verde, limpida, di cui si vede il fondale da decine di metri di altezza. È un mare inaccessibile tranne alcune piccole calette, dove per scendere occorre però scarpinare per bene.
Nel mio giro in vespa Maratea è l’unica tappa in Basilicata. Resto incantato anche dal centro storico, chiamato “il paese delle 44 chiese”. In questi anni c’è stato molto fermento e il borgo si è rivitalizzato. La via centrale, la piazza, i vicoletti sono una bomboniera( #flickr). C’è stata un’integrazione tra i negozi, le attività storiche e le nuove. In piazza, orgoglioso del suo lavoro, c’è un vecchio barbiere con la sua bottega ancora di un tempo. Sono le ventitre e lavora ancora, quasi fosse un’artista che rappresenta il proprio paese. C’è molta cura e si stanno recuperando sempre più pezzi del centro storico. Tutto chiuso al traffico, è un piacere vedere i bambini poter correre e giocare sereni.
Restiamo in attesa del suo passaggio nel Metapontino.
Fonte: VareseNews
www.tracieloemandarini.blogspot.com
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