Tanto tuonò che non piovve. L’abracadabra di questi due mesi di governo, la famosa crescita, si è rivelata come uno di quei prodotti che promettono di far spuntare chiome fluenti ai calvi, che vendono l’ improbabile «risveglio delle cellule staminali assopite». Il decreto sviluppo con fondi scarsi e spesso ancora d trovare, è una distribuzione di briciole agli affamati, un coacervo di mezze misure di tipo tremontiano strizzate d’occhio ai potentati economici. Di tutto questo ha parlato ampiamente Anna Lombroso qui ma sarebbe un errore pensare che dentro questo bazar “tutto a un euro”, ci sia solo un’accozzaglia di provvedimenti destinati a supportare le ambizioni politiche di Passera. Dentro ci si legge invece tutta la logica della svendita del Paese.
Non parlo solo della cessione di beni e aziende pubbliche che sarebbero invece un bene strategico in vista dei tempi di ferro a cui stiamo andando incontro, ma anche e sopratutto dei meccanismi destinati a rendere le banche e la finanza padrone assolute del Paese. Tra le poche novità del decreto figurano infatti i minibond: per le società di capitale finora escluse, in particolare le piccole aziende, sarà possibile l’emissione di titoli per la raccolta di risorse sul mercato dei capitali, monetario e finanziario, senza per questo doversi quotare in borsa. Ma ecco la gabola: per poter accedere a questo strumento la miriade di piccole aziende dovrà essere assistita da uno sponsor nella figura di una banca o di una finanziaria. Naturalmente dovranno non solo pagare il servizio, ma rassegnarsi a essere in balia totale di istituti di credito o di operatori della finanza. Non è difficile immaginare che in un’era di vacche magrissime o moribonde chi investirà in minibond saranno le banche stesse che così si risucchieranno buona parte delle nostre Mpi. E se non saranno loro si cadrà dalla padella nella brace: chi altri può disporre di denaro facile per investimenti così incerti? Domanda da dieci centesimi. Forse potrebbe rispondere Saviano che tuttavia vive e lotta con Monti per interposto ingegnere.
Inutile dire che l’obiettivo finale è quello di mangiarsi il tessuto vivo del Paese e ancora una volta umiliare il lavoro, di qualunque tipo, impacchettarlo in prodotti finanziari da vendere in giro. Se i piccoli imprenditori fossero lungimiranti dovrebbero essere a Roma con gli operai e accorgersi che l’aver entusiasticamente collaborato a depotenziare il sindacato e a spogliare i lavoratori di diritti, è stato qualcosa che alla fine rischia di rivolgersi contro di loro. Si con Passera si gode, ma solo a chiacchiere.