Un’apertura discussa quella della Galleria L’Opera a Roma. Il 25 settembre, molta stampa e moltissimo pubblico si sono affollati all’inaugurazione della mostra Trialogo, frutto del lavoro di tre pittori cui è stato chiesto di interpretare – con tre opere ciascuno – i temi suore, matrimoni e interni. Se l’intento era quello di creare un dialogo fra le opere di Mauro Maugliani, Gonzalo Orquín e Luis Serrano nel nuovo spazio espositivo di Andrea Iezzi e, al contempo, di presentare lavori inediti nati dal confronto di questi con tecniche diverse, ciò che ne è emerso è stato ancor più sorprendente. Questa la storia: un quotidiano italiano pubblica sul suo sito un’anteprima di “Sí, quiero” di Orquín, serie di scatti che ritrae persone dello stesso sesso nell’atto di baciarsi all’interno di chiese di Roma; migliaia fra condivisioni e commenti sui social network, chi esprime pareri a favore chi contro. Il Vicariato di Roma reagisce intimando una diffida formale alla Galleria che aveva annunciato di esporre l’opera e Orquín, nelle ore precedenti l’apertura al pubblico, la oscura. Ora, prescindendo dal giudizio sull’azione del potere cattolico all’interno di una città, quel che è interessante è la situazione in cui tale potere ha posto l’arte stessa. In un certo senso il Trialogo cui mirava il curatore si è trasformato in un dibattito fra tre autori e un critico. Opere concepite come variazioni su un tema che spingendo in avanti la ricerca personale di ognuno esplorano il confine fra pittura canonica e linguaggi della contemporaneità, sono improvvisamente poste sotto lo scacco del giudizio morale. Le tracce della vita e del passaggio umano sui divani di Serrano; lo sguardo del passante Orquín – forse nemmeno troppo curioso – sulla vita matrimoniale borghese come su quella popolare di chissà quali sconosciuti; il potere del ritratto, in cui Maugliani è un maestro, e degli oggetti di fronte alla rappresentazione della fede: imput che avrebbero dovuto offrire alla neonata Galleria la possibilità di presentarsi come un hub per gli artisti di passaggio nella capitale, hanno rischiato di trasformati – tristemente – in notizia di cronaca e argomento da bar.
Ciò che emerge, e consola, è che l’arte è ancora capace di spingere ragione e passione al di là di ogni recinto.
di Manuele Menconi