Magazine Diario personale

Con un giorno di ritardo (Genova, per noi)

Creato il 22 luglio 2012 da Povna @povna

Sono passati undici anni. La ‘povna la ricorda così, con le parole di qualcun altro (molto, ma molto più bravo di lei).

“Poi però mi accorgo che l’urlo è una specie di sirena, un richiamo, e che tutti quelli che stavano ancora passeggiando sotto i portici adesso accorrono verso di noi – ma volete capire cazzo, urlo a mia volta, che qui sta succedendo qualcosa di grosso! Possibile che non avete visto niente? Possibile che è così facile tapparvi la bocca? Ma mi pare proprio che nessuno mi stia a sentire, per cui, scusi signora, mi butto a terra e scatto via. Volo per i portici e sento che mi premono alle spalle come un fiume in piena, non mi sono mai sentito così tanto dentro a un videoclip, e penso che normalmente sono sempre stato molto veloce, normalmente, ma che in questo momento diciamo che sono un po’ debilitato, corri Paperoga corri, che per la prima volta nella tua vita sei sul punto di provare un briciolo di simpatia per l’uccello Bip-Bip. Ogni tanto mi volto per controllare a che distanza sono, e li vedo avanzare come un fronte compatto, alcuni messi quasi peggio di me, molli e spompati, per non parlare del fatto che mi pare di riconoscere Pietro, la parrucchiera di mia madre, un migliaio di conoscenze superficiali, che a dispetto di quel che si potrebbe pensare hanno facce terrorizzate, mica inferocite, ma neanche così riesco a essere curioso di cosa mi farebbero se mi acciuffassero, puf pant, e mi sembra addirittura di intravedere il profilo di Anna nelle vetrine, cerco di non badarle e lei grida (Anna che c’è?) esplode dissolve irraggia da tutte le vetrine e le finestre, e mi viene il sospetto che se la mettessi bene a fuoco mi accorgerei che mi fa le boccacce. Una traversa! Faccio una finta e scarto sulla sinistra, alcuni proseguono sospinti dalla marea che hanno dietro e che ancora non si è accorta della mia mossa, altri invece riescono a sganciarsi e mi seguono, ma ora qualche decina di metri li ho guadagnati, e mi precipito nel mercato orientale. Nella confusione che c’è qui mi è facile far perdere le mie tracce, così ne approfitto per nascondermi dietro un bancone e al momento buono uscire dall’altro lato, sono solo! sono solo! non mi beccheranno mai! il mondo è mio! ma corri Paperoga, corri, non ci pensare, e allora corro verso Eta Beta, questa volta dovrò infrangere il voto di vagabondaggio, e speriamo solo che sia in casa. Quando raggiungo via san Lorenzo mi accorgo che sono riusciti a riorganizzarsi, o forse sono solo altri che sono accorsi dal porto, ma ormai mi manca poco, mi manca così poco, ecco, all’ingresso dei vicoli senz’altro saranno rallentati, si imbottiglieranno, e io ne approfitto per l’ultimo scatto, e suono da Eta Beta. Nessuno mi risponde. Faccio l’ultimo tentativo, quel che si direbbe una mossa disperata, mi precipito alla Pagura per controllare che non sia lì. Dalla finestra vedo Gastone seduto a un tavolo con Paperetta e direi proprio che stanno pomiciando. Mi precipito dentro strillando ma vi sembra il momento? le cose sono già abbastanza incasinate senza che voi anticipiate l’ultima puntata! ma poi la guardo meglio e mi accorgo che non è Paperetta. Gastone mi guarda e, toh, neanche lui è Gastone. Ho incontrato le loro due contraffazioni. Scappo fuori e cavolo ho perso troppo tempo adesso mi sono addosso, ma non faccio a tempo a mulinare le gambe che di fronte a me vedo un altro gruppo avanzare come un opaco muro di pioggia, e allora sono proprio accerchiato, una cosa che a Bip-Bip non sarebbe mai successa. Mi stringono sempre più contro il muro, posso vedere ancora le stesse facce pallide e allarmate, e qualche bambino in braccio che non cessa di additarmi al genitore, e mentre mi dico che almeno sto per scoprire cosa mi faranno sento una porta che si apre alle mie spalle, e un braccio che mi afferra per il colletto e mi trascina dentro”.

(Quanto al racconto dei fatti, uno dei migliori, a suo avviso, resta qui).


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