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Concerto di una sera d’estate senza poeta

Creato il 24 novembre 2015 da Libereditor

Un mormorio. Brandelli di sogno. Secchi colpi d’ali. Chi è che parla? Grigi uccelli migratori girano intorno a una torre scura, stridono rochi richiami, canti in lingue incomprensibili. Le loro traiettorie tracciano disegni irregolari, organici, sopra la palude e la landa e lo specchio del fiume e dei canali. Oppure quel sussurrio scaturisce dalla marea dell’aurora che sale inarrestabile, si insinua fin dentro la stanza, incerta se sia già venuto il suo tempo?
Vogeler si alza dal letto, indossa la vestaglia blu notte, per metà kimono giapponese e per metà nobile veste medievale. Ne ha ideato lui stesso il ricamo, una coppia di usignoli che accostano i becchi nel folto dei rovi, così come ha ideata ogni altra cosa che Iì lo circonda, dal grande letto di betulla lucidata alle lampade, i candelabri e le tappezzerie, fino alla commode dipinta in bianco opaco. In tutta la casa, dal colmo del tetto fino alle cantine per i vini, non c’è stanza né quasi oggetto che non abbia elaborato o modellato lui, e a cui non abbia dato forma di persona e sistemato e arrangiato in maniera tale da corrispondere alle sue convinzioni e idee, fantasie e desideri.

cdisTra fine Ottocento e primi anni del Ventesimo secolo. Rainer Maria Rilke gira l’Europa e va a Parigi, a Mosca, a Berlino, a Firenze. Proprio nella città gigliata conosce il pittore Heinrich Vogeler, tra i più importanti rappresentanti dello Jugendstil. Heinrich convincerà Rilke a raggiungerlo a Worpswede, accogliente e particolare località nel nord della Germania dove molti artisti hanno scelto di vivere vicino alla Natura.
Vogeler ospiterà Rilke nella casa delle betulle e il poeta avrà modo di incontrare e conoscere Clara Westhoff che diverrà, poi, sua moglie. Rilke, però, si dedica anima e corpo al suo talento e disprezza in modo particolare l’ozio, “lo rifugge, perché fondamentalmente è lui stesso un ozioso che anche mentre non fa nulla è coartato a fingere di essere gravemente assorto nel lavoro”. Continuerà quindi “a inscenarsi poeta anche quando gli sarà scappata ogni ispirazione, reciterà a beneficio del mondo un copione che ormai è diventato parte inestricabile da sé.”
Modick ricostruisce qui, in modo attento, con dei lenti flashback, la storia di questi incontri tra artisti partendo da un celebrato quadro dello stesso Vogeler in cui siamo proiettati in un continuo “dentrofuori”. Un quadro nato dall’atmosfera della prima estate trascorsa a Worpswede.

Klaus Modick, Concerto di una sera d’estate senza poeta, traduzione di Riccardo Cravero, I narratori delle tavole, Neri Pozza 2015.


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