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Concordato preventivo: gli effetti della crisi sulle imprese

Creato il 04 febbraio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Le riforme della legge fallimentare succedutesi in questi ultimi anni hanno ampliato gli strumenti utilizzabili per la gestione della crisi di impresa, la cui finalità è ora soprattutto il risanamento dell’impresa con continuazione dell’attività. Tale obiettivo è reso possibile attraverso:

(i) procedure concorsuali di carattere giudiziale: tra queste, il “nuovo” concordato preventivo di cui agli artt. 160 e ss. l. fall., che prevede un piano di “ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma” all’interno del quale è stata recentemente introdotta con l’art. 186 bis l.f. una particolare forma di concordato con continuità aziendale;

(ii) accordi con i creditori, nell’ambito di procedure extra-concorsuali, ma con intervento giudiziale (gli accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis l. fall.); ovvero

(iii) piani, di carattere stragiudiziale, di cui sia attestata la ragionevolezza (ma, a seguito delle ultime modifiche introdotte con il d.l. 83/2012, convertito dalla l. 134/2012, anche “la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano”) e l’idoneità a “consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria” (il c.d. “piano attestato” di cui all’art. 67 comma 3 lett d) l. fall.).

La scelta in merito all’utilizzo dell’uno o dell’altro fra gli strumenti sopra elencati, finalizzati alla conservazione dell’attività, dipenderà innanzitutto dalle esigenze e dalle priorità dell’impresa in crisi. Nell’ottica della continuazione dell’attività in vista del risanamento dell’impresa, assume particolare importanza assicurare accesso a fonti di finanziamento all’impresa in crisi, atteso che – come è stato osservato – “un processo di ristrutturazione delle passività richiama quasi obbligatoriamente l’acquisizione di nuove risorse finanziarie”.

Tuttavia, proprio in tale fase, l’erogazione di nuove risorse finanziarie si presenta particolarmente delicata, posto che, nel caso in cui il risanamento non riesca e consegua il fallimento dell’impresa finanziata, il finanziatore potrebbe correre, fra gli altri, il rischio di: (a) mancato (integrale) rimborso delle somme erogate, (b) revocatoria di eventuali garanzie e/o pagamenti ricevuti (c) responsabilità civili per concessione abusiva del credito e (d) responsabilità penale per (concorso in) reati fallimentari. Le riforme della legge fallimentare dal 2005 in poi e, da ultimo, la “miniriforma” del 2010 e il d.l. 22.6.2012 n. 83, convertito con l. 7.8.2012 n. 134 hanno introdotto alcune tutele che, al ricorrere di determinati presupposti, riducono (e in molti casi azzerano) i predetti rischi, consentendo così di ampliare le possibilità di accesso dell’impresa in crisi a nuove risorse finanziarie. Risorse che – a seconda delle necessità dell’impresa – potranno oggi essere erogate:

(i) in esecuzione del piano (ovvero degli accordi) di risanamento dell’impresa (la c.d. “nuova finanza” prevista dall’art. 182 quater c. 1 l.f.) ; e/o

(ii) in funzione della predisposizione del piano o della negoziazione degli accordi (la c.d. “finanza ponte” prevista dall’art. 182 quater c. 2 l.f.); e/o

(iii) in funzione del conseguimento degli obiettivi del piano (la c.d. “finanza strumentale all’esecuzione del piano, v. art. 182 quinquies l.f.).

La tripartizione sopra menzionata corrisponde alla disciplina contenuta in tre diverse norme (182 quater c. 1, 182 quater c. 2 e 182 quinquies) introdotte in epoche successive (il 182 quater c. 1 e c. 2 nel 2010 e il 182 quinquies nel 2012). In particolare, l’introduzione dell’art. 182 quinquies si è resa necessaria al fine di “risolvere una delle criticità del sistema vigente che maggiormente impedisce la tempestiva risoluzione della crisi di impresa. Si tratta della sostanziale inesistenza di un mercato della finanza interinale (o finanza ponte – ndr.) dovuta, soprattutto, alla circostanza che i finanziatori non possono sapere se il loro credito godrà o meno del beneficio della prededuzione sino ad un momento molto avanzato del procedimento di ristrutturazione” . Nei primi commenti delle nuove norme questa tripartizione è stata correttamente mantenuta (anche perché corrisponde alla vigente disciplina normativa) . Va però detto che, verosimilmente, la disciplina dell’art. 182 quinquies troverà un’applicazione ben più ampia rispetto a quella contenuta nel c. 2 dell’art. 182 quater: il testo della norma consente la sua applicazione anche alla finanza ponte e la disciplina contenuta nell’art. 182 quinquies è molto più favorevole al finanziatore rispetto a quella del c. 2 del 182 quater. Probabilmente il legislatore del 2012 avrebbe potuto meglio coordinare gli artt. 182 quater e quinquies semplificando la disciplina attraverso l’introduzione di un’unica norma relativa ai finanziamenti all’impresa in crisi.

Tags:aziende,concordato preventivo,crisi,fallimento,legge Next post

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