Ormai è certo. Il Comandante per fare “l’inchino” ha causato la tragedia. Lo dichiara il Pm. Le vittime purtroppo salgono a 6 con 16 dispersi
Forse un prassi,” l’inchino”, più in uso nei periodi estivi, più frequentati dai turisti, forse la causa di questa grande tragedia. Un’usanza molto diffusa quella del “saluto”: la nave, pare anche quelle da crociera lo facciano, si avvicina alla costa e “ fa l’inchino” così si dice. L’inchino sarebbe 3 suoni di sirena con la nave che passa ben in vista di fronte alla costa. Il Commodoro Mario Terenzio Palombo è un’icona dei marinai di mezz’Italia, una sorte di “punto di riferimento” della Costa, un faro per quanti solcano i mari con navi da crociera, non dichiara molto.
Purtroppo però il gesto, forse un atto di “spavalderia” del comandante del Concordia Francesco Schettino, ha causato una vera tragedia il cui bilancio, purtroppo non ancora concluso, ha causato fino ad ora 6 vittime e 16 dispersi.
Per altri ragguagli vedere il precedente articolo:
http://www.mondoinformazione.com/concordia-una-grande-tragedia-per-%E2%80%9Cl%E2%80%99inchino%E2%80%9D-il-saluto-al-commodoro-al-giglio-video-intervista/
(Via/ANSA) ci comunicano che:
Al centro degli accertamenti c’e’ sempre il comandante Francesco Schettino, ora smentito anche dai dati della scatola nera. Ma non solo: l’uomo avrebbe dato l’allarme un’ora dopo l’impatto e quando gli uomini della Guardia Costiera, nelle concitate fasi del soccorso, gli avrebbero detto di risalire sulla nave, lui si sarebbe rifiutato. L’indagine dovra’ poi chiarire se e’ vero, come sostengono tutti al Giglio, che quella di fare l’ ‘inchino’ all’isola suonando le sirene e’ un’usanza che tutti i comandanti, e dunque anche Schettino, rispettano. Tanto che il sindaco ad agosto, scrisse una mail di ringraziamento ad un vecchio comandante della Costa, che era passato vicino all’isola. Mail imbarazzante e quantomeno fuoriluogo, pensando alle vittime della Concordia, ormai piegata su un fianco.
Sulla responsabilità del comandante Francesco Schettino il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio ha detto che “l’idea che ci siamo fatti nell’immediatezza del fatto sta trovando conferme dalle prime indagini delle forze dell’ordine e delle autorità marittime”.
“Finora sono stati sentiti centinaia di testimoni tra membri dell’equipaggio, turisti a bordo e soccorritori” nell’inchiesta sul naufragio della nave Costa Concordia davanti all’isola del Giglio la sera del 13 gennaio. Lo ha riferito il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio.
I vigili del fuoco, che hanno lavorato tutta la notte alla ricerca dei dispersi della Concordia, hanno ritrovato, a bordo della nave, il cadavere di un uomo. Si tratta della sesta vittima accertata del naufragio. Il corpo era nel secondo ponte, in una parte non invasa dall’acqua. Aveva il giubbotto salvagente ed era un passeggero.
Altri tre morti, e fanno sei. A 48 ore dal naufragio, dalla pancia della Costa Concordia piegata a 90 gradi davanti all’isola del Giglio, riemergono i primi tre cadaveri, che si vanno ad aggiungere ai tre recuperati in acqua la sera di venerdi’. Un bilancio destinato probabilmente a salire ancora, visto che i numeri ufficiali parlano di 16 dispersi. E riemerge anche la scatola nera, da cui stanno arrivando le prime conferme a quello che tutti, al Giglio, hanno visto: la Concordia era a soli 150 metri dalla costa, un punto dove non avrebbe mai dovuto essere; l’allarme e’ stato dato un’ora dopo l’impatto con lo scoglio. Perche’? Da parte sua Costa Crociere si e’ difesa sottolineando che il comandante aveva superato tutte le verifiche di idoneita’ e che l’equipaggio era addestrato alla gestione delle emergenze. Il ritrovamento dei due corpi e’ avvenuto nel pomeriggio di una giornata che era iniziata in tutt’altra maniera: i Saf dei vigili del fuoco avevano infatti ritrovato vivi nella notte una coppia di coreani in viaggio di nozze, Hye Jim Jeong e Kideok Han: erano rimasti chiusi nella loro cabina, non avendo sentito l’allarme.
”Avevamo paura di morire di fame e di freddo, temevamo che nessuno ci sentisse” hanno raccontato. In salvo anche Marrico Giampetroni, il commissario capo della nave, quello che molti gia’ chiamano eroe: la sera del disastro ha aiutato moltissima gente a raggiungere le scialuppe per mettersi in salvo. Poi e’ tornato nel salone ristorante per vedere se c’era qualcun altro ed e’ scivolato, rompendosi la gamba. ”Ho sempre sperato nella salvezza” ha detto ai pompieri quando l’hanno raggiunto e portato via dall’incubo. Con il passare delle ore, pero’, i vivi hanno lasciato spazio ai morti. E la perlustrazione delle zone della nave completamente sommerse, iniziata oggi, ha dato le risposte che si temevano: non tutti ce l’hanno fatta a mettersi in salvo e qualcuno – quanti ancora non si sa – e’ rimasto intrappolato a venti metri di profondita’. Due sfortunati li hanno trovati i sub della Guardia Costiera. Stavano perlustrando la zona di poppa della murata di dritta: in quello che era il terzo ponte, nei pressi del punto di raccolta indicato con la lettera ‘A’, c’erano i cadaveri di due uomini anziani. Entrambi avevano il giubbotto salvagente, segno inequivocabile che non hanno fatto in tempo a raggiungere le zone piu’ sicure della nave, per mettersi in salvo. Identificarli e’ stato quasi facile: lo spagnolo Guillermo Gual, 69 anni, aveva i documenti in tasca; Giovanni Masia, 86 anni, invece, aveva al collo una piastrina con le sue generalita’. Giovanni era in crociera con la moglie Giuseppina. Il figlio Claudio, cassintegrato della Ilva, aveva deciso di accompagnarli nel loro ‘primo’ viaggio fuori dalla Sardegna dopo il viaggio di nozze. A casa son tornati lui, sua moglie e i suoi figli, una nipotina, Giuseppina. Giovanni no. Ed e’ molto probabile che non sia l’unico. Mancano all’appello ancora 16 persone. Se siano sfuggiti ai conteggi, come i due giapponesi rintracciati ieri a Roma, e’ quello che tutti sperano, ma piu’ passano le ore e piu’ sono quelli che temono che siano intrappolati la’ sotto. Tra loro dovrebbe esserci William Arlotti e sua figlia di 5 anni, partiti da Rimini, due coppie di francesi, due americani, una peruviana.
E due donne siciliane, Maria Grazia Trecanico e Luisa Virzi’: risulterebbero conteggiate tra quelli salvati dopo il naufragio, ma di loro non c’e’ traccia. Ritrovarli, vivi o morti, e’ sempre piu’ una corsa contro il tempo: mercoledi’ le condizioni del tempo peggioreranno e questo potrebbe creare problemi seri. Non solo, infatti, sara’ piu’ difficile muoversi attorno e dentro la nave, ma il mare mosso potrebbe spostare la Concordia e farla scivolare verso un punto di non ritorno. A 30 metri dalla poppa c’e’ infatti uno scalino di roccia al termine del quale il fondale raggiunge i 70 metri. La nave potrebbe dunque finire interamente sommersa. Non e’ una corsa, invece, quella della procura di Grosseto, che vuole avere ben chiaro cosa e’ accaduto.