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Concorsi o indagini di mercato?

Creato il 27 maggio 2014 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

Solo “nuovi” modi di scoprire gli acquirenti

indagine di mercato

Stiamo assistendo al fenomeno della proliferazione di concorsi con “votazioni popolari”, organizzati e/o sostenuti, più o meno pubblicamente, anche da editori piuttosto noti. Ci siamo chiesti il perché, ovvero perché un editore, considerato fra i grandi, si fosse preso la briga di costruire un impianto così complesso e articolato, solo per convogliare potenziali lettori su uno spazio web. In fin dei conti non vi è nemmeno una pubblicazione vera e propria in palio, quanto meno non con il suddetto editore, dunque non porta prestigio all’autore e men che meno ne porta alla CE. Quindi perché?
Solo per i commenti prodotti dai vari pezzi inseriti nel concorso?
Solo per i mi piace e le condivisioni?
Tutte queste ipotesi non ci sono parse sufficienti per pagare diverse persone che si occupassero esclusivamente di gestire e organizzare un evento di tale portata. Quindi, diventa evidente che le opzioni sono altre e, ragionandoci su, nemmeno tanto intensamente, siamo giunti a un’ipotesi che ci pare piuttosto ragionevole: più che concorsi, sono  indagini di mercato.

Ovvero, essendo spesso votati da amici, parenti e conoscenti, gli autori pongono sul piatto della bilancia un bacino di potenziali acquirenti di cui, una percentuale, per quanto possa essere limitata, potrebbe decidere di acquistare un libro pubblicato da quel determinato autore, nel caso in cui la CE decidesse di porlo sotto contratto. E se questo non sufficiente, l’editore acquisisce i dati personali e le email di tutti coloro che si sono registrati per sostenere l’amico, il parente e il conoscente.
Per cui, facendo due rapidi conti, l’editore si trova con un’indagine di mercato pronta e, immaginiamo, ragionevolmente accurata, dal momento che è suddivisa per generi, preferenze e dati relativi ai lettori.

Di conseguenza, il prodotto che poi “arriva primo” in un determinato concorso, risulta vincitore non tanto per il merito dello scritto o per le capacità dello scrittore, ma per il bacino di utenza fornito da amicizie/contatti a cui tale “prodotto” (a questo punto potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa, non solo di un libro) potrebbe essere proposto e venduto.
Questo, avvalora ancora più quanto precedentemente espresso nell’articolo Il multilevel dell’editoria, ovvero che la qualità di uno scritto non è valutata per il suo effettivo merito, ma solo per le potenzialità che potrebbe avere sul mercato, proprio grazie alle conoscenze dell’autore stesso, il quale diventa imprenditore di sé stesso, sgravando, in questo modo, l’editore dal dover creargli una rete di vendita. Ancora una volta il lavoro viene lasciato nelle mani di colui che il prodotto lo fornisce, facendogli ballare sotto il naso l’illusione di un nome altisonante alle spalle.

Spesso, essere popolari espone anche al rischio di vedersi pubblicate opere di scarso valore che potrebbero segnare un autore, potenzialmente buono, ma che deve ancora affinarsi, affossandone definitivamente il nome per il futuro… meditate gente, meditate!


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