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Concorso "Scrivi una lettera" - la lettera vincitrice

Creato il 13 gennaio 2012 da Ilibri
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Qui di seguito la lettera selezionata come vincitrice del concorso "Scrivi una lettera". Ancora complimenti a Giandomenico Racca, che riceverà gratuitamente l'ultimo libro di Kim Edwards, "Un giorno mi troverai", Garzanti.

Questa prima edizione del concorso aveva come tema... Cara mamma.

 

Lo so che è strano scriverti una lettera. Ci vediamo spesso. Ci telefoniamo quasi ogni giorno.
Però ci sono cose che non è facile dirsi; o almeno io non sono bravo a farlo. Cose che non si dovrebbero mai dare per scontate. Cose che invece rimangono non dette, nella frenesia superficiale di questi nostri giorni.

 

C'è poi quella sorta di barriera, che notoriamente separa genitori e figli. D'un tratto ci si trova a vivere in due mondi separati; universi di incomunicabilità, in cui le stesse parole sembrano assumere significati diversi. Si finisce con il non capirsi più; si finisce con il ritenere questa rottura generazionale inevitabile ed irreversibile.

Poi, crescendo, il quadro diventa un poco più chiaro. Sarà che diventando genitore a mia volta, molti dettagli, osservati da una prospettiva nuova, hanno assunto un significato che prima era sfuggente; ma io oggi sento l'esigenza di ricostruire questo nostro bel rapporto, in maniera ancora più sincera e profonda.

Per esempio voglio che tu sappia quanto ti voglio bene. Sono parole che forse non ci siamo mai detti; non siamo abituati a gesti affettuosi o frasi sdolcinate. C'è una sorta di imbarazzo nell'affrontare con le parole i nostri sentimenti. Ecco, io vorrei provare a rompere questa censura autoimposta, che da sempre, o almeno da quando io ho ricordo, incombe sui nostri discorsi.

Non che non si parli. Anzi. C'è sempre stato tra noi un bel dialogo; fin da quando ero bambino abbiamo avuto una complicità speciale; forse perché ero il tuo figlio più grande.
Ricordo alcune chiacchierate nel cuore della notte. Ricordo delle litigate; poche a dire la verità. Ma i nostri discorsi rimanevano sempre, e rimangono tutt'ora, sul pratico, sui fatti.

Chissà perché è così difficile dirsi ti voglio bene? Non che scriverlo sia più semplice. O meglio; non è semplice scriverlo dando il giusto peso a queste tre parole. Occorre motivarla concretamente questa frase, per non sembrare banali.
Partiamo dall'inizio allora: ricordo le sere nella nostra casa "senza riscaldamento", come la chiami sempre; ricordo le vacanze in montagna, in un piccolo alloggetto; ricordo che alla vigilia di Natale mi facevi giocare in anteprima con i giochi, mentre li impacchettavamo per poi metterli sotto l'albero; ricordo ancora l'orgoglio con cui recitavo una finta sorpresa, quando il mio fratellino restava a bocca aperta, aprendo i pacchetti la mattina. (Mi sentivo grande; complice di quel mondo adulto che mi pareva così complicato.)

Mi chiedo oggi, ma come hai fatto a crescerci da sola? A pagare tutte le spese? A non farci mancare nulla?
Eppure avevi solamente 29 anni; due figli ed un lavoro che ti stremava. Non è stato facile. Lo so.
Ricordo anche le volte che ti sorprendevamo in qualche stanza a piangere; non potevamo fare altro che abbracciarti, in silenzio; senza capire l'enormità della solitudine in cui ti sei trovata.

Eppure, la maggior parte dei ricordi della mia infanzia sono felici. Sei stata bravissima; madre, padre, amica e confidente. Questo lo devi sapere! E' importante dirti quanto oggi io cerchi di essere come te, con i miei figli. Vorrei soprattutto riuscire a trasmettere quell'entusiasmo che ci regalavi ogni giorno. Come quando, a bordo della nostra piccola fiat 500 rossa, partivamo per qualche gita. Ci hai portato a visitare i castelli, sparsi per queste nostre bellissime langhe. Facevamo ogni estate picnic in montagna. Siamo persino andati in aereo; un piccolo aereo che ci ha fatto fare un giro panoramico sulla nostra città.
Ma come facevi? Come riuscivi a trovare sempre l'energia per sorriderci e farci sorridere?
E dire che, di motivi per arrabbiarti, te ne abbiamo sempre dati. Vuoi perché questi tuoi due figli maschi non ti hanno mai aiutato nemmeno un pochino; vuoi perché ad un tratto siamo cresciuti, troppo in fretta, e siamo spariti. Tu sei stata bravissima a lasciarci liberi di sbagliare. Eppure, in quegli anni, tu ci sei sempre stata; ci controllavi di nascosto gli zaini e cercavi di vigilare sulle nostre amicizie, in modo discreto.

Non deve essere stato facile aspettarci fino a tarda notte o, peggio, sentirti esclusa da quelle nostre nuove vite.
Eppure sempre, ancora oggi, basta chiamarti e tu sei pronta a portarci in capo al mondo.
Ecco il senso immenso del mio volerti bene: un misto di gratitudine, ammirazione e dipendenza, anche oggi che sono ormai grande. Ma è difficile spiegarlo a parole...

 

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