I Monologhi di Sana – Rubrica
“(…)- Si, ma per cosa combatti? -
- Per un mondo più libero…dove chiunque può leggere quello che gli va, e sapere e pensare e imparare quello che vuole, (…) dove la qualità della tua vita non dipende da quanti soldi possiedi; dove una persona diversa dalla norma non è per forza in pericolo o in costante lotta con il resto del mondo(…)…dove le persone che mi stanno a cuore possano essere al sicuro –(…)”
(Lyly – dal progetto “Epistole Politiche”)
“(…)è tutto ciò che ho sempre chiesto e sognato, un angolo di mondo tutto nostro, dove poter essere noi stessi senza se e senza ma, senza dover stare a spiegare, a combattere; solamente un angolo, dove poter chiudere fuori il mondo e il suo schifo(…)”
(Lyly – dal progetto “Epistole Politiche”)
Sempre più spesso mi confronto con la difficoltà,
l’imbarazzo di un’esistenza discontinua e mutevole
in una società che cerca di incastrarci, di cristallizzarci in scomparti prefatti dell’essere.
E certe mattine sono dure, terribilmente dure,
ti svegli in preda all’ansia, allo sconforto.
E vedi la distanza, per quanto ti illudi che sia questa la realtà,
mentre cammini in una folla di persone che non si guardano;
è come essere l’unica figura a colori in un mondo in bianco e nero.
Ti senti fuori posto, diversa, inadatta a questo mondo.
E sai che dovrai alzarti lo stesso, uscire dal letto, e vestirti con quegli abiti che non senti tuoi.
Voci distorte di combattenti avariati ti parlano nella testa.
È sempre tutto sbagliato.
È sempre tutto troppo illusorio.
Suadenti ti invitano a passare il confine,
e per quanto resisti ti chiedi, alla fine, se non abbiano ragione.
Se la tua non sia solo una cecità disarmante.
Mentre cammini nella nebbia ti chiedi,
come si fa ad arginare tutto da soli?
Come si tiene in piedi una diga che fa acqua da tutte le parti?
Perchè mi ritrovo sola, mille miglia lontana da casa, a cercare di dare un senso disperato a questa esistenza…quando chi è stato così meschino e orribile siede al caldo, riparato e protetto?
Infinita mancanza di quelle piccole sicurezze.
Poi è un attimo, mentre scorri nella testa i volti familiari.
Ti torna in mente quel giorno di settembre, che hai passato il portone più impaurita che mai; che nonostante il sole, il freddo che sentivi era devastante.
E qualcuno ingrana la quinta nella tua testa,
una cascata di immagini, di voci e sorrisi, di te che urli e piangi.
Di quei giorni di agosto finiti per sempre, crivellati dal terrore.
Dei primi sorrisi.
Della prima volta che ti sei sentita al sicuro.
Della prima volta che qualcuno ti ha chiesto aiuto, e poi ti ha ringraziato
per quello che gli avevi insegnato
Dell’impotenza che ti senti tra le mani, ogni volta che vedi
la tristezza negli occhi che ami.
Della paura che ti assale quando non sai.
E la rabbia esplode.
Restate, allora, spettri maledetti nelle vostre infestazioni urbane.
Correte a comprarvi un’anima
per confessarvi ai vostri padroni.
(Ma non scordate le menzogne che vi raccontate nel letto)
Continuando a impallidire, a macerare,
recitate la vostra preghiera,
la nostra condanna persistente.
Alienazioni disumanizzanti.
Mi cerco nel sangue le differenze,
non ce ne sono.
Ti tendo una mano mentre
stringo i sogni e la rabbia e
avvolgo quanti amo col pensiero.
Avverto tattile il filo,
intagliabile, che lega le nostre esistenze.
Abbiamo legami, non abbiamo catene.
E so che ogni volta che passerò
la volta di ruggine
la mia maschera si incrinerà e crollerà a terra,
miseramente frantumata in un milione di pezzi da un’ardente verità.
Esiste un luogo, almeno uno, in cui possiamo essere autentici.
Esiste, un luogo, dove la vita scorre nel verso giusto.