È brutto da dire, ma se ancora ci fosse qualcuno che si chiede perché in val Susa i giornalisti sono malvisti, lo invito a dare un’occhiata a questo articolo, de La Repubblica peraltro. Si parla di un blog ‘di riferimento’ dei no tav, senza dire qual è e in base a cosa lo si considera di riferimento. Io non sono ancora riuscita a trovare il post originale: forse è stato tolto, ma chi dà la notizia dovrebbe almeno riferirne la fonte. Il titolo vuole suggerire quasi una condanna a morte: “chi lavora nel cantiere è condannato”, quando poi la frase estrapolata e presentata nell’articolo parla di una generica condanna a una “difficile convivenza con il territorio”. Cosa ci sia di strano o di illecito nel fatto che un abitante della valle provi risentimento anche nei confronti di chi sceglie di costruire un’opera che gli rovinerà la vita, io non lo so. Ma pare che lo stia esaminando addirittura la Digos. In uno dei titoli a sinistra si legge: “Alfano: in val di Susa potevano uccidere”. A parte che “potevano uccidere” si può dire di veramente tante situazioni, e il processo alle intenzioni va fatto con cautela, rimane il fatto che anche le forze dell’ordine, con lanci di lacrimogeni ad altezza d’uomo e violenze di vario tipo “possono uccidere”. Trovandosi davanti a una situazione rischiosa per l’incolumità delle persone, se questa incolumità sta tanto a cuore bisognerebbe cercare una soluzione politica anziché la strada della criminalizzazione, che non fa altro che produrre ulteriore risentimento e violenza.
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