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Confesso che ho stonato. L’autobiografia di Stefano D’Orazio.

Creato il 30 dicembre 2012 da Ilbicchierediverso

Confesso che ho stonato. L’autobiografia di Stefano D’Orazio.

 

Che c’entrano i Pooh sulle nostre pagine? Soprattutto perché diciamo “I Pooh” quando intitoliamo l’articolo con il nome di D’Orazio e la sua autobiografia? Ci siamo rincitrulliti? Abbiamo smesso i panni di quelli che ascoltano musica elaborata, tecnica, alternativa etc per darci al pop spinto? Talmente spinto da risultare quasi Porno in questo caso?
Insomma!!! La redazione deve delle spiegazioni dopo essersi quasi auto-accusata.
Andiamo per ordine. Cosa c’entrano i Pooh. Sarebbe lunga da spiegare e ve la dividiamo in due parti: la prima è che gli riconosciamo due piccoli capolavori assoluti che conserviamo nella nostra discoteca personale, ovvero Parsifal e La Gabbia. La seconda è che abbiamo avuto il piacere di conoscerli e in particolar modo Stefano con cui abbiamo condiviso qualche cena e qualche chiacchierata, scoprendo un mondo davvero sconosciuto e a suo modo affascinante.
Perché parlare “dei” Pooh quando ce n’è uno solo? Perché quando sei un Pooh, tutto è diviso per 4. Manca l’unità individuale e si forma quella collettiva. Altro che moschettieri! La cosa ingloba anche i figli e i parenti: “è il/la figlio/a dei Pooh” dice la gente, neanche i Pooh fossero una comune parigina di figli dei fiori o i Jefferson Airplane; “è la moglie/fidanzata/compagna dei Pooh” dice la gente, come se si trattasse di un ordine religioso di poligami dediti allo scambismo.
Insomma, la vita da Pooh è un continuo gioco ai quattro cantoni appunto.
Che ci fa l’autobiografia di D’Orazio su queste pagine???
Il paroliere (insieme a Negrini) del quartetto con “fantasma” più longevo della nostra storia musicale, non è soltanto capace di scrivere testi strappacuore o “caciaroni” ma si è rivelato nell’ intimità e con vari scritti un’abile penna satirica e (auto)ironica.
Quando abbiamo saputo dell’uscita del suo libro per Kowalski, non abbiamo resistito a leggere, sapendo che alcune cose sarebbero state “riascoltate” attraverso le pagine e molte altre scoperte attraverso la voce stessa del romano ex-Pooh. “Ex” perché come tutti saprete (e se non lo sai Sallo ora) da qualche tempo dietro le pelli non rullano più i ricci del monteverdino che oggi si sta facendo conoscere per altri progetti legati al mondo del musical.

Perché leggerlo? In fondo non è l’autobiografia di Ozzy Osbourne. Non troverete uno scavezzacollo alla Keith Richards. Non si parla neanche male dei Pooh (i Kiss nostrani se ci pensate bene)! E allora? Perché?
Perché oltre a essere un vero e proprio viaggio nella cultura italiana, nelle sue strade, nella storia della discografia, della musica rock-pop, nei fermenti che coinvolgevano il nostro paese e che permettevano di incontrarsi con Carmelo Bene o avere come amico Dario Bellezza, questo libro fa ridere di gusto. Fa ridere di buono con il suo tono quasi burlone. O meglio, favolistico.
Di fatto questo troverete, la favola di Stefano che un giorno ha incontrato i Beatles, poi una batteria che ha richiesto tre viaggi per essere trasportata e due settimane di studio matto e disperato e poi la vita in musica. Di musica. Una vita che lo ha portato a essere membro di una formazione che ha fatto la storia di molti italiani e della musica leggera.
Una favola mai nostalgica, ricca di aneddoti, di amori sempre vissuti alla “Stefano”, di generosità, di colpi di testa e animo irrequieto. Il romano, l’italiano che si lancia con entusiasmo e dedizione in ogni progetto che lo vede protagonista o regista, che impara per conoscere, perché ne vuole sempre sapere qualcosa in più di quello che fa e che lo circonda.
CONFESSO CHE HO STONATO è un bel libro per fare un salto indietro nel tempo delle nottate delle band e dei ragazzi di allora e per scoprire un ritratto inedito di chi è sempre stato uno e quadrupede con il resto della banda. Uno che quando andava nei bagni pubblici gli chiedevano dove fossero gli altri tre…
Insomma ve lo consigliamo davvero, fuori da simpatie personali o campanilismi che non ci appartengono, perché siamo convinti che il volto offerto tra queste pagine saprà far breccia tra le maglie più strette di qualsiasi critico.
E quando vi sembrerà che ci siano passaggi davvero, esageratamente, parossisticamente, cazzari, guardate la copertina del libro e chi lo ha scritto… e domandatevi se uno così non può aver vissuto quello che ha scritto.

Certo avremmo voluto sentir parlare di un grande assente… del Cavallo di Pantelleria … ma questa è un’altra storia …

Buona scelta
IBD
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