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Confidential: la rivista che fece tremare Hollywood

Creato il 09 maggio 2010 da Sophielamour

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Fautori e garanti della prosperità hollywoodiana agli inizi degli anni Cinquanta furono gli studios e i loro proprietari, i Louis B. Mayer, gli Harry Cohn, i Darryl Zanuck. Costoro avevano tutto il potere sulle loro star pagate settimanalmente (e profumatamente!), per le quali i giornalisti scrivevano articoli che servivano da mediazione tra il "potere" e il pubblico.
I columnist più quotati avevano i nomi di Sheila Graham, Louella Parson e di Edda Hopper. Erano celebri in tutta l'America perché a loro spettava il raro privilegio d'avvicinare i divi del cinema.
I pettegolezzi che distillavano erano amabili, decentemente inquisitori e saggi rispetto alla bomba giornalistica che di lì a poco tempo sarebbe esplosa.
Nelle loro storielle inoffensive sui divi tutto è bello, tutti sono puliti e gentili.
Come si poteva immaginare che all'ombra di questo mondo idilliaco un nemico stesse per scatenare una guerra senza quartiere, approfittando dei piccoli scandali di una società all'apparenza troppo saggia e virtuosa?

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Questo nemico fu Confidential, una rivista come oggi non se ne fanno più, basata sui pettegolezzi, su segreti inconfessabili e debolezze umane. Come una iena avventata su una carogna, aveva un'insaziabile appetito di scandali e un esercito d'informatori pronti a vendere in esclusiva qualsiasi notizia degna d'interesse. La grossa chance di Confidential fu quella di potersi muovere con rara intelligenza giornalistica in un terreno fertile sino ad allora inesplorato.

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La forza degli studios era quella d'avere il diritto assoluto sulla vita pubblica e privata dei loro attori. Tutti, in effetti, al momento di firmate il loro contratto s'impegnavano a rispettare la clausola "di moralità" che li esponeva al licenziamento immediato in caso d'infrazione al regolamento.
Nelle sue memorie Ava Gardner ne riportò le righe salienti: "Io, m'impegno solennemente per rispetto delle convenzioni e della pubblica morale, a non commettere atti o proferire parola che potrebbe nuocere alla mia reputazione. M'impegno solennemente a non espormi al disprezzo, al rimprovero e al ridicolo, a non scioccare, insultare o offendere la comunità e a non oltraggiare in niente la morale e la buona creanza. Ugualmente, mi asterrò dagli atti che potrebbero pregiudicare la reputazione del mio produttore, del mio studio e dell'industria cinematografica in generale".

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Il pubblico apprendeva dalle riviste cinematografiche le informazioni sui suoi beniamini e dietro una facciata idilliaca tutti gli attori potevano condurre la loro vita privata in piena discrezione.
Bisogna tener conto, infatti, del fatto che gli studios investivano somme immense per la "creazione" di un divo e che il minimo scandalo avrebbe nuociuto al loro "valore di mercato".
Ma Confidential si preparava a far tremare la virtuosa cittadella del cinema con la pubblicazione d'articoli sempre più indiscreti: "Ava Gardner e Lana Turner condividono lo stesso amante: Frank Sinatra", "Dan Dailey fa il travestito", "Dean Martin ama Jerry Lewis", "Marlene Dietrich ci dà dentro con le lesbiche a Parigi", "Caro Victor Mature, ricordi quella brunetta che frequentavi a Londra? Ebbene non era lei. Era un lui".

Una particolarità mal sopportata all'epoca era proprio l'omosessualità.
Quando uno scandalo minacciava un divo, il proprietario della casa cinematografica provvedeva affinché lo si vedesse con una starlette tra le braccia per tre o quattro mesi. Oppure lo si obbligava a convolare a giuste nozze con attrici segreta

... continua


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