Creare parità di condizioni con i nuovi entranti per permettere alle imprese dell'audiovisivo di continuare a fare investimenti. È la richiesta di un 'level playing field' con i nuovi competitor che si sono affacciati sul mercato dei contenuti quella che giunge da Confindustria Radiotv nel corso di un'audizione in commissione Trasporti alla Camera. Secondo i numeri dell'Osservatorio Crtv è pari a 9,5 miliardi di fatturato il valore dell'industria radiotelevisiva che dà lavoro a 30.000 addetti diretti, oltre a circa 90.000 nell'indotto.
Come indicato dal presidente Rodolfo De Laurentiis, nel corso dell'audizione, negli ultimi 4 anni ammontano ad oltre 2 miliardi gli investimenti della Tv nella produzione indipendente. Nelle Tv nazionali 1 dipendente su 10 è un giornalista mentre nelle Tv locali lo è 1 su 3. Sono 192 i canali/servizi nazionali pubblicati da Auditel relativamente a 33 editori, 500 le emittenti locali (commerciali e comunitarie), 3126 i programmi trasmessi dalle Tv commerciali locali, 929 le emittenti radiofoniche locali con 1.167 marchi trasmessi. Quello radiotelevisivo «è un settore oggi senz'altro caratterizzato da una certa difficoltà economica, come peraltro l'intero sistema economico nazionale, ma che continua sempre - ha detto il presidente di Confindustria Radiotv a guardare positivamente alle potenzialità di crescita ed al possibile contributo dell'industria televisiva al Sistema Paese, reclamando per questo una regolamentazione che incentivi a investire».
Se dunque «agli operatori sono richiesti investimenti in tecnologie, ristrutturazioni di sistema e societarie alla ricerca di efficienze e economie di scala, al legislatore è richiesto -ha affermato ancora De Laurentiis- di porre le condizioni per garantire un 'level playing field' con i nuovi competitor che si sono affacciati sul mercato dei contenuti, apprestando una normazione aggiornata, tempestiva e certa che possa garantire sviluppo (e non la mera sopravvivenza) agli operatori televisivi esistenti». Il riferimento è anche a nuovi competitor non tradizionali, come gli Over the top (Ott), i grandi motori di ricerca da da Google, a Yahoo!, Youtube, ai grandi social network. «Pur generando fatturati globali stratosferici i ritorni economici generati a livello locale degli Ott sono molto limitati e dirottati scientemente nei Paesi a regime fiscale più convenienti. Pratiche non necessariamente illegali, ma che senz'altro drenano risorse dai mercati locali restituendo poco in termine di risorse economiche, occupazione, tassazione, e, in tal senso, distorcendo la competizione a livello locale», ha evidenziato De Laurentiis. Che precisa:«il tema della tassazione dell'economia digitale non è direttamente ambito di nostro interesse», tuttavia «il tema rileva per l'impatto che l'economia digitale ha sul settore e soprattutto la mancanza di una legislazione efficace (anche fiscale) che dia certezza agli operatori esistenti e garantisca un pieno 'level playing field' con i nuovi operatori».