CONFUSIONE DELL’UOMO ORDINARIO: DALLA REALTA’ ALL’APPARENZA, DAL VERO SE’ AI DETTAMI (Tiranni) INTERIORI DEL SISTEMA D’ORGOGLIO
Da Mente Libera
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Il vero sé costituisce una forza centrale, che è comune a ogni essere umano, ma che presenta caratteristiche particolari per ogni individuo.
Karen Horney definisce disagi psicologici tutte quelle influenze che deviano le energie costruttive in direzione opposta, in senso distruttivo. Il soggetto in stato di confusione ” ontologica”, si pone alla ricerca di qualcosa che possa restituirgli il senso del proprio valore, dargli una sensazione di impotenza e importanza. Queste necessità vengono appagate dall’immaginazione. Al di fuori della sua consapevolezza l’individuo gradualmente crea nella sua mente un’immagine idealizzata di se stesso. Da fantasia gli attribuisce poteri illimitati e facoltà esagerate; egli si sente un poeta, un guerriero, un monaco, un santo, un inviato di Dio, eccetera.
Le caratteristiche autentiche, che alla luce di questa rappresentazione ideale appaiono come deficienze, vengono mascherate. L’individuo abbandona sempre di più il vero sé per accogliere definitivamente il sé idealizzato. Il nuovo se diventa la prospettiva secondo la quale egli guarda se stesso. L’idealizzazione di se stesso, nelle sue diverse manifestazioni, è una specie di espediente nevrotico col quale il soggetto tenta di risolvere le esigenze psichiche insoddisfacenti. Inoltre gli assicurano non solo la liberazione da sensazioni penose e insopportabili (il sentirsi smarriti, angosciati, inferiori e incerti), ma anche un misterioso compimento di sé e della propria esistenza. Le energie che tendono alla realizzazione di se stessi vengono allora deviate per la realizzazione del sé idealizzato. Questa deviazione provoca un mutamento dello sviluppo individuale e dell’intera esistenza.
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L’idealizzazione di sé finisce spesso per trasformarsi in una Brama di Gloria, che si manifesta attraverso alcune tendenze: l’esigenza di perfezione, l’ambizione, il trionfo vendicativo…
Lo scopo dell’esigenza di perfezione è quello di modellare l’intera personalità in base alle caratteristiche del sé idealizzato. L’ambizione è alla base della tendenza al successo materiale mentre il trionfo vendicativo ha lo scopo di sconfiggere e mortificare gli altri attraverso il proprio successo. La brama di gloria è un impulso potentissimo che la Horney paragona a un’ossessione demoniaca, simile a un mostro che divora l’individuo dal quale creato.
L’operato più nocivo dell’immaginazione consiste in quelle sottili e vaste distorsioni della realtà che l’individuo non si rende conto di elaborare. Il sé idealizzato non si esaurisce in un singolo atto creativo: una volta sorto esso necessita di costanti attenzioni e, per renderne possibile la perpetuazione, l’individuo è costretto a un’incessante lavorio, a un’incessante falsificazione della realtà. Deve trasformare le sue esigenze in virtù o in giustificate aspettative; deve far si che le sue intenzioni si tramutino effettivamente in fatti. Le sue capacità potenziali si trasformano (nella sua immaginazione) in realizzazioni concrete. La semplice conoscenza dei giusti valori morali basta a far di lui una persona virtuosa e spesso, addirittura, una specie di paladino della moralità. E, naturalmente, la sua immaginazione è costretta a uno straordinario lavoro per distruggere tutte le seccante prove che dimostrano il contrario. Di conseguenza, in misura più o meno grande, nel corso di tale processo l’individuo smarrisce il suo interesse alla verità e alla capacità di distinguere il vero dal falso, una perdita, che assieme alle altre, spiega le sue difficoltà nel distinguere fra sentimenti, convinzioni, aspirazioni genuine e loro equivalenti artificiosi (pretese inconsce) in lui stesso e negli altri. L’accento si sposta dalla realtà all’apparenza.
Il simbolo che più si addice al processo nevrotico della brama di gloria è l’impersonificazione delle forze malefiche, che tentano l’individuo assillato da dubbi spirituali o materiali con l’offerta di facoltà o poteri illimitati. La può agire su chiunque, sia egli ricco o povero di spirito, perché risponde a due potentissimi desideri: l’aspirazione all’infinito e la brama di poter risolvere con la massima facilità qualsiasi difficoltà materiale.
La facile via che conduce a un amore senza limiti conduce altresì, inevitabilmente, ha un inferno interiore di disprezzo di se stessi e di tormenti fisici. Avviandosi lungo questa strada, infatti, l’individuo perde la propria anima, il vero Sé.
Esistono una serie di meccanismi interiori che operano in tale direzione:
- dettami interiori;
- il sistema dell’orgoglio;
- l’auto alienazione.
Per essere aderente con il sé idealizzato il soggetto nevrotico deve sottostare a una serie di dettami interiori (dovrebbe essere il non plus ultra dell’onestà, della giustizia, della dignità, del coraggio, dell’altruismo; dovrebbe essere il marito, l’insegnante, il padre perfetto; dovrebbe capire e prevedere tutto; dovrebbe essere sempre comprensivo, compassionevole e misericordioso). I dettami interiori cercano di accrescere la gloria del nevrotico per renderlo simile a Dio. Hanno carattere coercitivo e assoluto. Determinano nel soggetto uno sforzo che spesso dà luogo a uno sfinimento cronico. La parte più vitale del sé, ovvero la spontaneità dei sentimenti e dei desideri, viene sminuita.
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Se l’individuo si rende conto di non poter soddisfare questi dettami interiori inizia a odiare e disprezzare se stesso. L’orgoglio e l’odio di sé costituiscono un’unica entità che possiamo chiamare ” sistema dell’orgoglio “. Da una parte si contrappongono le tendenze espansive; più profondamente, il sistema dell’orgoglio è coinvolto in una battaglia senza tregua contro il vero sé. Nel sistema dell’odio verso se stessi sono stati identificati alcuni modi di agire: incessanti pretese nei riguardi di sé (tirannia interiore); spietate autoaccuse; disprezzo; auto frustrazione; auto tortura; per finire con veri e propri impulsi e atti autodistruttivi, colmi di forza devastatrice.
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Infine l’auto alienazione dipende dalla lontananza dell’individuo dai propri sentimenti, desideri, convinzioni, risorse. L’individuo ha perduto la sensazione di possedere un’unità, un centro attivo che determina la sua esistenza. Tale centro e forza originaria è il vero sé; esso tende a determinare quello sviluppo individuale che si permette di conseguire una piena identificazione con ciò che siamo. È l’unico se che noi potremo realizzare, mentre se è idealizzato, nevrotico, è impossibile da attuare.
” La perdita del sé, afferma Kierkegaard, è una malattia che conduce alla morte (devitalizzazione), e alla disperazione, la disperazione di non essere consci di possedere un sé, ove la disperazione di non voler essere se stessi. Ma è una disperazione che non strepita e non si fa sentire.”
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L’organizzazione psichica fin qui descritta è piena di conflitti demolitori, tensioni intollerabili e terrori potenziali. Nessun organismo può vivere e funzionare in simili condizioni. L’individuo perciò, con una serie di strategie psichiche, è costretto a rimuovere i conflitti, mitigare le tensioni e prevenire il terrore. L’auto alienazione è, con ogni probabilità, la misura più diffusa. Una seconda misura consiste nell’annebbiare la verità. Un’altra consiste nell’oggettivazione e proiezione delle esperienze interiori (addossando agli altri tutta la colpa degli insuccessi). Un ulteriore modalità consiste nella scissione psichica: il soggetto non si sente come un tutto unitario, ma come un insieme di frammenti.
Il controllo automatico gli permette di tenere a freno i sentimenti e determina una rigidità psichica e muscolare che lo mette al riparo dai vortici interiori. L’ultima misura è la fede nella supremazia della mente o dello spirito. La mente, attraverso l’immaginazione e la ragione, isola e combatte i sentimenti. ” Ed ecco che, di fatto, si determina un altro dualismo; non è più questione di intelletto e sentimento, ma di intelletto contro sentimenti; non è più questione di intelletto e corpo, ma di intelletto contro corpo, non è più intelletto e sé ma intelletto contro il sé”.
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Come palliativo, il soggetto può ricorrere ad alcune pseudo soluzioni: soluzioni espansive, soluzioni remissive oppure la rinuncia.
Nelle soluzioni espansive l’individuo si identifica in modo prevalente con il suo sé glorificato; il tipo espansivo coltiva in se stesso tutto ciò che significa dominio, esaltazione della propria immagine, sentimento di superiorità, è l’elevatezza dei propri valori ideali…
Nelle soluzioni remissive riscontriamo atteggiamenti del tutto opposti; il soggetto si identifica con il suo sè soggiogato. Egli tende a subordinarsi agli altri, a dipendere da loro, accontentarli, placarli; è accomodante, ambivalente-dipendente ad una sottomissione morbosa.
La terza soluzione dei conflitti intra psichici consiste nel ritiro, ovvero nella fuga dal campo di battaglia interiore e nel fatto che il soggetto proclama di disinteressarsene. Egli si è sottratto alla propria lotta interiore ed è diventato un semplice attore passivo, spettatore di se stesso e della vita. È ipersensibile alle influenze, alle pressioni e alle coercizioni; tende ad evitare i rapporti sociali anche se si considera un ribelle sottomesso al sistema.
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Soltanto quando il sistema dell’orgoglio viene severamente scosso il soggetto comincia a provare una ” vera sofferenza “. È necessario che i bastioni dell’orgoglio comincino a sgretolarsi affinché l’individuo inizi a compatire il suo vero sé che soffre. Soltanto allora sarà in grado di aprirsi ai sentimenti e alle sofferenze altrui e di cominciare a fare qualcosa di costruttivo per se stesso.
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