“Poeta del sole, della luce e del mare” così fu definito da uno dei suoi primi critici Giorgio Caproni. Una poesia, sempre secondo i critici, apparentemente semplice e di facile comprensione, ma che nasconde una metrica raffinata e calcolata personalmente.
In questa poesia, come in numerose altre, Caproni canta il tema ricorrente del viaggio, sempre con una chiarezza stilistica propria di un autore concentrato su un messaggio da comunicare al lettore, ma che non esclude uno studio metrico organizzato. Dei versi quindi che rispecchiano direttamente l’animo del poeta, protagonista della sua lirica; un viaggiatore in treno decide di scendere alla prossima stazione, si prepara a prendere il bagaglio e a salutare i suoi compagni di viaggio. Il senso di transitorietà rievocato in tutta la poesia, anche se studiato e trattato da numerosi poeti precedenti o contemporanei di Caproni, è reso veritiero da un’atmosfera di spossatezza quasi assimilabile alla vecchiaia. Un viaggiatore visto quindi come simbolo di ogni uomo che giunge alla sua ultima stazione salutando una vita ricca di storie. Queste storie sono i suoi compagni di viaggio, personificazione dell’amore, della scienza, della gioventù e della religione, carissimi amici di un uomo che ama ciò che è stato e per questo motivo decide di occupare questi versi per un saluto “cerimonioso” ai suoi compagni più intimi.