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Coniugando lavoro e salute, c’è la volontà di bonificare il territorio?

Creato il 04 settembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

La questione è complessa e semplice al tempo stesso: complessa perché il diritto al lavoro, oggi sempre più in crisi, impone che politica e parti sociali facciano il possibile per garantirlo a tutti i cittadini (innovando e ideando nuove forme di produzione, difendendo i posti di lavoro esistenti); semplice perché di fronte alla salute dei cittadini non ci dovrebbero essere dubbi: se un’industria inquina l’ambiente e minaccia la salute degli abitanti di un territorio… va chiusa e basta!
L’unica possibilità per un territorio da ‘bonificare’ preservando il lavoro è quella che l’industria riconverta professionalità ed energie in nuovi prodotti a impatto ridotto sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori, investendo capitali finanziari e umani (formazione/riconversione professionale, magari impiegando gli operai nelle opere di bonifica…).

L’argomentazione di chi sostiene in nome del lavoro che tutto è lecito – purché si lavori – è illogica e poco intelligente (vedasi Ilva di Taranto): i danni che questa logica (affermatasi anche con l’avallo del sindacato) ha prodotto in Italia sono d’altronde osservabili.
Poi, neanche tanto subdolamente, è inevitabile che nel dibattito si insinuino l’ideologia e i giochi di potere della bassa politica, quando al centro dovrebbero rimanere lavoro e salute dei lavoratori e cittadini.
Le rivendicazioni sul passato lasciano il tempo che trovano: i cittadini maturano, prendono coscienza proprio a cominciare dalle esperienze vissute altrove. Cosa c’è che non va nel sentirsi Braveheart del proprio territorio? E’ forse preferibile continuare a far finta di niente ed osservare impotenti l’impoverimento dell’ambiente in cui si vive, le malattie e le morti di amici e famigliari, il rischio ambientale con cui si convive, la volgarità da basso impero di certe prese di posizione ricattatorie degli imprenditori brandite come clave in nome del lavoro (“se continuate a criticare chiudo e delocalizzo”…)?

Per quanto mi riguarda, meglio un “Ezio Corradi” che da anni si oppone e ci mette la faccia che un “Michele” qualunque che si nasconde dietro l’anonimato sostenendo idee astiose, inconcludenti, superate dalla realtà dei fatti…
Nessuno, se in buona fede, può compiacersi della chiusura di una fabbrica e della conseguente mobilità dei lavoratori. Le intelligenze imprenditoriali di un territorio, sempre che sussistano, dovrebbero coniugare produzione e salute di chi lavora e abita l’ambiente: non credo esistano alternative.

Luca Ferrari

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