Fonte: Fnovi.it | leggi l’articolo originale (>>)
L’omeopatia veterinaria appare improvvisamente nei regolamenti di salute pubblica a partire dalla emanazione della Dir CE 822001 con l’inedito medicinale omeopatico veterinario. Nonostante l’iniziale entusiasmo a seguito del D.leg.193/2006 per la legittimazione e regolamentazione dell’omeopatia a partire dal suo strumento terapeutico fondamentale ci si è resi conto che lo scenario non sarebbe stato così proficuo. Se prima del 2006 l’omeopatia veterinaria ha dovuto fare i conti per lo più con lo scientismo, i problemi legati alla legittimazione dell’atto medico e i vari tentativi di decretarne l’estinzione definitiva, con il recepimento della Direttiva la situazione si è ulteriormente complicata con una burocrazia e una legislazione che hanno prodotto disagi interpretativi e applicativi soprattutto per quanto riguarda l’uso e la prescrizione del medicinale omeopatico in veterinaria.
La Dir. CE 822001, nel tentativo di promuovere il mercato del medicinale omeopatico veterinario, ha di fatto creato un vincolo all’uso del medicinale omeopatico utilizzabile in medicina veterinaria. I medicinali omeopatici veterinari immessi sul mercato a tutt’oggi non sono sufficienti, per qualità e quantità, a soddisfare le esigenze cliniche dell’omeopatia secondo la metodologia del proprio paradigma. L’industria farmaceutica omeopatica è già gravata dagli oneri aggiuntivi richiesti dopo il decreto Balduzzi che non può certo sostenere ulteriori costi per duplicare la registrazione ad uso veterinario degli stessi ceppi omeopatici ad uso umano nelle loro varie potenze e scale di diluizione.
Di fatto il medicinale omeopatico veterinario è prodotto da ceppi di partenza che non hanno alcuna specificità veterinaria così come la loro preparazione, secondo la farmacopea europea e nazionale, non prevede alcun che di specifico in proposito. Nella pratica clinica l’omeopatia veterinaria è fondamentalmente caratterizzata da una sistematica prescrizione e uso in deroga dei medicinali omeopatici ad uso umano, siano essi rimedi unitari dell’omeopatia classica Hahnemanniana che complessi contenenti più ceppi omeopatici.
La scorta dell’impianto di allevamento e quella zooiatrica sono penalizzati dall’impossibilità di detenere farmaci umani e quindi anche dei medicinali omeopatici che non abbiano un AIC ad uso veterinario. Nonostante gli obiettivi del legislatore nel formulare il riordino della normativa sul farmaco veterinario siano indirizzati a liberalizzare il mercato, a promuovere il mutuo riconoscimento, a diminuire la pressione burocratica, a garantire più farmaci nella consapevolezza che la carenza di farmaci sul mercato è essenzialmente generata dalla mancata convenienza dell’industria a produrli, la bozza del Regolamento delude nel persistere nella incomprensione della specificità del farmaco omeopatico.
autore: Ufficio stampa Fnovi