C'è anche un altro motivo che - credo - dovrebbe spingerci ad auspicare l'ingresso della Turchia nell'Unione, un motivo tutto rivolto al futuro. La Turchia è un paese di prevalente religione islamica e l'Europa deve imparare a riconoscere quella religione tra i propri elementi fondanti, perché molti cittadini europei sono musulmani.
L'ingresso della Turchia in Europa pone naturalmente anche dei problemi, ma rimane un'opportunità, soprattutto per quel popolo, ma anche per noi. Devono cambiare molte cose in Turchia prima che quel paese possa entrare, a pieno titolo, nelle istituzioni europee, deve crescere una cultura dei diritti, che adesso non è sempre evidente.
In questa "considerazione" voglio citare ampi brani di un testo curato da Osservatorio Iraq, un sito di informazione collegato all'associazione Un ponte per... dedicato al problema dei detenuti-bambini in Turchia. Vi chiedo la pazienza di leggerlo, si commenta da solo.
La decisione da parte del governo di Ankara di estendere anche ai minorenni le misure destinate a fronteggiare il terrorismo arriva nel 2006, all’indomani dei duri scontri tra manifestanti e forze di sicurezza scoppiati a Diyarbakir, durante i funerali di 14 membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), uccisi dall’esercito mediante l’utilizzo di armi chimiche.
È in quel momento che il governo apporta una serie di emendamenti alla Legge anti-terrorismo (Tmy) emanata l’anno precedente, che hanno consentito di arrestare, mettere sotto processo e condannare centinaia di minorenni.
Un emendamento all’articolo 9 della legge consente che ragazzini tra i 15 e i 18 anni vengano processati alla stregua degli adulti, non davanti ad appositi Tribunali minorili, ma affidandoli invece ai Tribunali penali speciali, previsti dall’articolo 250 del Codice di procedura penale turco, che regola i crimini legati al terrorismo e alla criminalità organizzata.
Un altro emendamento all’articolo 13 ha escluso per i minorenni la possibilità di posporre le sentenze o di commutare le condanne detentive in altre forme di pena.
Nello stesso anno risale poi una decisiva sentenza della Corte di cassazione che, violando gli standard internazionali, ha ritenuto che la partecipazione a manifestazioni di protesta possa essere ritenuta una prova legale per stabilire la "adesione a un’organizzazione".
La conseguenza è stata che centinaia di minorenni sono stati processati come membri del Pkk solo per aver preso parte a manifestazioni di protesta contro il governo o lo stato turco.
A essere vittima della legge sono stati per la maggior parte minorenni arrestati nel corso di manifestazioni non autorizzate, accusati di avere intonato slogan a favore del Pkk, di avere esposto bandiere della stessa organizzazione o di avere lanciato pietre contro le forze dell’ordine, e processati e condannati alla stregua di membri armati del Pkk. Nell’ambito di questi arresti una parte consistente è costituita da minorenni, per lo più di età compresa tra i 15 e i 17 anni, ma talvolta di non più di 12 anni. Le condanne vanno dai 4/5 anni di media, fino a estremi di 7 anni e mezzo comminati nel 2010, poco prima che la legge venisse emendata.
A finire nel mirino della legge sono soprattutto ragazzi kurdi. Secondo le stime dell’ong turca Justiceforchildreninitiative, dei circa tremila minorenni che si trovano abitualmente nelle carceri turche "quasi tutti sono kurdi".
I dati ufficiali (presenti solo fino al 2008) mettono in evidenza un incremento costante dei fermi e delle condanne comminate in applicazione della Tmy. Nel 2006, grazie agli emendamenti apportati alla legge anti-terrorismo, sono stati avviati procedimenti legali contro 299 minorenni; nel 2007 si è arrivati a 438 procedimenti, che sono diventati 571 nel 2008.
Di questi ultimi, 306 sono stati accusati di "adesione a un’organizzazione terroristica", punita sia dall’articolo 314/2 del Codice penale turco che dalla Legge anti-terrorismo del 2006, mentre i restanti 265 sono stati presumibilmente processati per "propaganda a favore di un’organizzazione terroristica", previsto dall’articolo 7/2 della Tmy.
In totale - stando ai dati del ministero di Giustizia di Ankara, aggiornati alla fine del 2007 - nelle carceri turche si trovavano 2.622 minori; almeno 1.440 di loro non erano sistemati in strutture apposite, ma nelle prigioni ordinarie, ricevendo lo stesso trattamento degli adulti. Dal 2008 in poi non sono disponibili dati ufficiali sul numero di minorenni processati e condannati in base alla legge antiterrorismo. Tuttavia, nel 2008 l’Unicef parlava di circa 2.500 bambini tenuti in stato di detenzione in Turchia e in attesa di processo. Esistono poi le stime compiute da diverse organizzazioni non governative per i diritti umani e le libertà civili.
Nel luglio 2009, alcuni esperti legali affermavano che più di mille ragazzini erano stati posti sotto custodia negli ultimi due anni con accuse legate al terrorismo. Solo poche settimane dopo, e stando ai dati della Justiceforchildren iniziative, circa trecento ragazzi tra i 12 e i 18 anni erano detenuti nelle prigioni turche.
In sintesi, e considerando solo gli ultimi due anni, Humanrights watch parla di "molte centinaia di casi" di minorenni detenuti in virtù della Tmy, perché condannati o in quanto in attesa di processo. La stessa ong con sede a New York cita poi le testimonianze di avvocati turchi impegnati nella questione secondo cui il numero è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi due anni, fino agli emendamenti compiuti dal governo di Ankara nel luglio di questo anno.
Gli unici dati ufficiali per il periodo 2008-2010 possono essere estrapolati da una dichiarazione rilasciata nell’aprile 2010 dal direttore generale delle prigioni turche, che parlava di 276 bambini incarcerati per accuse legate al "terrorismo", pari al 10% del totale dei minorenni detenuti nelle carceri turche, ossia 25.597. Un dato questo confermato nella sostanza dal ministro di Giustizia Sadullah Ergin, che nel giugno 2010 - poche settimane prima che la legge fosse emendata - parlava di 206 minorenni incarcerati grazie alla Tmy e di un numero totale di 2.506 detenuti-bambini.
Ad attirare l’attenzione delle organizzazioni per i diritti umani sono state anche le procedure processuali adottate per condannare i minorenni accusati di attività legate al "terrorismo". Prima del 2006, i bambini accusati secondo la legge anti-terrorismo venivano giudicati comunque dai Tribunale minorili, dove c'erano procuratori preparati e dotati di capacità e conoscenze appropriate per giudicare dei bambini. In seguito, sono stati giudicati come "terroristi ordinari" davanti alle Corti penali speciali. Secondo Callersofjusticefor children, i minorenni sono processati con le stesse procedure previste per gli adulti e condannati al termine di processi farsa tenuti davanti ai Corti penali speciali.
Le prove addotte in sede di processo sono spesso del tutto insufficienti. Come rileva un rapporto del 2009 dell'Associazione per i diritti umani, per condannare un minorenne a diversi anni di carcere è sufficiente che questo abbia semplicemente partecipato a manifestazioni di protesta, magari con il volto coperto, che abbia intonato slogan in lingua kurda o lanciato pietre contro le forze di sicurezza. Nel rapporto 2010 sulla Turchia, Amnesty International cita anche i frequenti casi di "confessioni" estorte sotto tortura, o rilasciate comunque in assenza di avvocati o assistenti sociali. Il tutto in totale contraddizione con le leggi internazionali riconosciute dalla Turchia, come l’articolo 14.4 della Convenzione internazionale per i diritti civili e politici, che stabilisce che "la procedure applicabili ai minorenni devono tenere conto della loro età e, auspicabilmente, promuovere la loro riabilitazione".
Il sistema giudiziario minorile della Turchia è finito anche nel rapporto 2009 dell’Unione europea sui progressi dei paesi candidati all’adesione. Nel documento Bruxelles si dice "preoccupata per l'assenza di tribunali riservati ai minori e per gli abusi commessi in virtù della legislazione anti-terrorismo”.
Tutte le ong che si sono interessate dei minorenni detenuti nelle carceri turche parlano di condizioni di vita estreme, dettate anche dal fatto che in Turchia non ci sono strutture carcerarie fatte apposta per i bambini, e che i minori stanno con gli adulti nelle stesse prigioni degli adulti.
Una ricerca condotta dall'Associazione dei medici turchi sui minorenni detenuti in base alla Tmy nella famigerata prigione E-Type di Diyarbakır parlava di celle con soli tre metri quadrati di spazio per persona, di violenze, malnutrizione e assenza di assistenza medica.
Nel maggio 2009, una delegazione di medici e operatori per i diritti umani ha avuto modo di visitare lo stesso carcere, rilevando casi di violenze fisiche e psicologiche, maltrattamenti e discriminazioni (i bambini detenuti "politici" ricevevano meno acqua calda degli altri o venivano esclusi dalle lezioni di computer cui potevano accedere i detenuti ordinari).
Un rapporto sullo stesso carcere, redatto poche settimane dopo dall’Associazione degli avvocati di Diyarbakir, rilevava tra l’altro che nel cibo dato ai ragazzi erano stati trovati chiodi, aghi e insetti; che venivano garantiti solo dieci minuti di acqua calda al giorno e che i ragazzi dovevano lavarsi i vestiti a mano, e le loro celle erano piene di insetti e topi. Ad Adana sono state riscontrate anche prove di torture usate contro i bambini.
Frequenti sono state in questi anni le denunce per i traumi subiti dai bambini in carcere. Secondo la citata ricerca dell'Associazione dei medici turchi, il 65-75 % dei bambini detenuti sconta gravi problemi psicologici.
L’incremento costante di processi e condanne di minorenni che ha fatto seguito all’emendamento della Tmy ha suscitato una forte mobilitazione della società civile turca, oltre che di quella internazionale.
In particolar modo va segnalata la campagna di raccolta firme dell'associazione ÇocukiçinAdaletÇağırıcıları, lanciata nel 2009 e volta proprio a ottenere una revisione della contestata legge.
Sempre nel 2009, la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per gli emendamenti del 2006, che "consentono di processare bambini di meno di 15 anni come adulti nei Tribunali penali speciali" e anche per la sua applicazione che di fatto punisce "la presenza o la partecipazione a dimostrazioni e incontri pubblici".
Sotto l’enorme pressione interna e internazionale, nel settembre del 2009 il governo dell’Akp annunciò un progetto di legge che fu però accantonato a fine anno e ripreso solo nella primavera successiva.
La riforma della Tmy - proposta dal governo dell’Akp e sostenuta dai kurdi del Partito della pace e della democrazia (Bdp) e dai kemalisti del Partito repubblicano del popolo (Chp) - è stata approvata dalla Grande assemblea turca il 22 luglio del 2010. Le più importanti novità introdotte dalla nuova legge sono le seguenti: tutti i minorenni dovranno essere processati davanti ai Tribunali minorili, o davanti ai tribunali ordinari nelle funzioni di Tribunali minorili; i minorenni autori di resistenza a pubblici ufficiali nel corso di manifestazioni non potranno essere incriminati per "crimini a favore di un’organizzazione terroristica", né per "adesione a un’organizzazione terroristica"; la pena massima per i minorenni fermati durante una manifestazione e trovati in possesso di armi di qualunque tipo o di materiale propagandistico legato a un’organizzazione illegale viene ridotta da cinque a tre anni, e quella minima da due anni a sei mesi; i minorenni incriminati in base alla Tmy potranno beneficiare del diritto di posporre le sentenze e di altre agevolazioni dedicate ai minori di 18 anni. Infine, la nuova legge stabilisce che i minorenni processati e condannati prima del luglio 2010 dovranno essere rilasciati, in attesa di essere processati nuovamente sulla base delle nuove norme.
A votare contro fu il Partito di azione nazionale (Mhp). Il vice-capogruppo del partito di estrema destra Oktay Vural affermò che gli emendamenti proposti equivalevano di fatto a una "amnistia".
Pur esprimendo apprezzamento per le modifiche apportate dalla nuova legge, le diverse ong che seguono la questione dei minorenni detenuti nelle carceri turche continuano a esprimere preoccupazione. Secondo Humanrightwatch, le questioni critiche tuttora irrisolte sono principalmente due.
Innanzitutto, gli emendamenti introdotti nel luglio 2010 non pongono fine alla possibilità di arrestare dei minorenni nel corso delle manifestazioni e di porli in stato di detenzione in attesa del processo. A causa delle lentezze del sistema giudiziario, i periodi di custodia cautelare in Turchia possono estendersi per diversi mesi e arrivare fino a un anno. Secondo la stessa ong, nel corso del 2009 i periodi di detenzione pre-processuale a Diyarbakır e Adana sono durati in media 5 mesi, ma in diversi casi hanno superato l’anno di durata. A farne le spese sono stati anche bambini di 13 o 14 anni, che nel periodo considerato sono rimasti lontani dalle proprie famiglie e dagli amici e impossibilitati dal proseguire gli studi. Ma grave, secondo Hrw, è anche l’assenza di strumenti giudiziari in grado di porre fine alla violenze e ai maltrattamenti che avvengono abitualmente nelle carceri turche a carico dei minorenni. Sulla stessa linea si pone Amnesty International, che - in un rapporto pubblicato all’indomani dell’approvazione degli emendamenti alla Tmy - invita le autorità di Ankara "a garantire il diritto alle proteste pacifiche" e ricorda che "la detenzione per i bambini dovrebbero essere utilizzata solo come ultima risorsa e all’interno di strutture appositamente dedicate loro".
Altri osservatori, come l’avvocato Filiz Kerestecioğlu, pongono l’attenzione sulla mancata riforma del Codice penale, che, di fatto, impedirebbe la liberazione di tanti detenuti-bambini. Sono numerosi infatti i casi di minorenni condannati non in virtù delle leggi anti-terrorismo, ma in base agli articoli 220/6 e 314 del Codice e dunque esclusi dai vantaggi della riforma del luglio 2010.
A due mesi dalla riforma della Tmy, i minorenni incriminati in base alle vecchie norme e rimessi in libertà ammontavano a circa un centinaio di unità. A limitare la scarcerazioni, oltre alle leggi del Codice rimaste in vigore, è anche la discrezionalità che abitualmente viene lasciata alla magistratura e la lentezza del sistema giudiziario turco. Secondo l’avvocato Sinan Zincir, "le corti tendono a non decidere, accampando una mancanza di giurisdizione in merito, e a delegare la questione ai Tribunali minorili". In mancanza di dati ufficiali si può fare riferimento alle stime della citata Associazione per i diritti umani, secondo cui a settembre erano 24 i bambini detenuti a Mardin, 12 a Bitlis, 2 ad Adıyaman, 12 a Malatya e 40 tra le prigioni di Maltepe e Bakırköy, a Istanbul.