Nel giorno del tuo compleanno, dico che ho amato il tuo essere ribelle, dico che mi hai ispirato e che non amo l'aura divina intorno a te. Non ti adorerò.Queste parole possono costare la vita a un uomo. Francamente, da persona che non crede in nessuna religione e che cerca di rispettare chi crede, non mi sembrano irrispettose. Sono parole di una persona che vive la sua fede in maniera problematica, ma comunque sincera. Non me ne occuperei - e non ce ne dovremmo occupare - se a causa di queste parole Hamza Kashgari non stesse rischiando la vita nel suo paese, l'Arabia Saudita.
Nel giorno del tuo compleanno, ti vedo in ogni posto e dico che amo una parte di te, ne odio un'altra e ce n'è una che non capisco.
Nel giorno del tuo compleanno, non mi prostro davanti a te, non bacio la tua mano, ma la stringo, come si fa fra pari e ti sorrido, se mi sorridi. Ti parlo come a un amico, null'altro.
Hamza Kashgari è un giovane di 23 anni, è un blogger, un giovane intellettuale, e ha scritto queste parole su Twitter lo scorso 4 febbraio, in occasione del compleanno di Maometto, rivolgendosi direttamente al profeta. Questi tre "cinguettii" hanno scatenato la reazione di una parte influente del clero sunnita e di molti suoi connazionali; Hamza si è scusato e ha cancellato queste parole dalla rete. Questa storia avrebbe dovuto finire lì; certo avrebbe dovuto farci riflettere sull'intolleranza di una parte dei fedeli di quella religione e sulla necessità di un dibattito culturale su questi temi. Questa riflessione dovrebbe però partire dal fatto che nessuno può ritenersi superiore: per fortuna nel nostro paese, nella "nostra" religione - permettetemi quel "nostra" per indicare il cattolicesimo - questo fanatismo è ormai assolutamente minoritario, ma non sparito.
Di fronte alle minacce di morte che sono continuate anche dopo le sue scuse, Hamza ha deciso di lasciare per qualche tempo il suo paese e di trasferirisi in Nuova Zelanda. Il giovane però è stato arrestato in Malesia, dove l'aereo aveva fatto uno scalo tecnico. Nel frattempo infatti le autorità saudite hanno spiccato contro di lui un mandato di cattura per blasfemia. Hamza è stato immediatamente estradato; in realtà la Malesia non ha un vero e proprio accordo con l'Arabia Saudita per quanto riguarda i casi di estradizione, ma i due paesi islamici hanno buoni rapporti ed evidentemente non è mai positivo mettersi contro una potenza economica come il regime saudita. Un tribunale di Kuala Lumpur aveva sentenziato che Kashgari sarebbe dovuto rimanere in Malesia fino all'apertura del processo, ma il governo malese ha preferito optare per l'estradizione diretta, senza ascoltare le proteste di associazioni come Amnesty International, che si sono immeditamente attivate su questo caso.
A oggi non ci sono notizie su Hamza, non si sa dove sia detenuto né di cosa sia esattamente accusato. Negli ultimi anni in Arabia Saudita la blasfemia e l'apostasia sono state punite prevalentemente con il carcere e le pene corporali, ad esempio centinaia di frustate, ma Amnesty International dice che nel 2008 in quel paese sono state giustiziate 102 persone, accusate di sodomia, di blasfemia e di apostasia; in genere la pena di morte avviene per gli uomini attraverso la decapitazione, mentre per le donne si utilizza un plotone di esecuzione.
L'Arabia Saudita è un "nostro" fedele alleato e quindi il caso di Hamza Kashgari rischia di venir sottaciuto. Il regime saudita sostiene l'insurrezione siriana in nome dei diritti dell'uomo, ha aiutato le forze occidentali a rovesciare il regime di Gheddafi, è il primo produttore al mondo di petrolio e il primo partner commerciale degli Stati Uniti: i governi occidentali pensano che sia meglio tenerselo amico e non sollevare troppi problemi. Noi cittadini non abbiamo molte possibilità per cambiare questo stato di cose, possiamo evitare di essere complici, tacendo. E non possiamo che ripetere le parole che Hamza ha dedicato a Maometto.